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 2010  giugno 28 Lunedì calendario

LA CRUSCA HA ALZATO BANDIERA BIANCA

Egregio Gran­zotto, leggo che l’Accademia del­l­a Crusca è anco­ra una volta in difficoltà econo­miche e se non arrivano i fondi forse dovrà chiu­dere. Non sia mai. Già una vol­t­a la sottoscrizio­ne del Giornale la salvò dalla catastro­fe, questa volta spetta ad altri (il mini­stro Bondi). Aggiungo, però, a una con­dizione: che la Crusca torni a essere il cane da guardia della lingua italiana, minacciata dai forestierismi e dall’in­calzare dello pseudo-italiano disador­no, grammaticalmente e sintatticamen­te periclitante. Voglio ricordare che il presidente della Crusca ebbe a dichiara­re che non è una tragedia l’abbandono del congiuntivo o l’uso di «gli» per «lo­ro » o «le». Tragedia no, ma dramma sì.
Maurizio Belgradi

 un pezzo, caro Belgradi, che la secolare Accademia della Crusca ha smesso di montar la guardia alla così detta purezza della lingua. La quale, a detta proprio del professor Francesco Sabatini, «non deve chiudersi in gabbie di norme rigide», ma stare al passo a un «uso sociale del lin­guaggio ». Le dirò subito che dove fa capo­lino l’aggettivo «sociale» io sento subito puzza di bruciato, però che la lingua deb­ba star al passo coi tempi è un fatto. In questo, la Crusca è di manica larga: non solo chiude un occhio sull’abbandono del congiuntivo, non solo tollera il «gli» per «le», ma accetta anche l’impiego dei pronomi «lui», «lei» e «loro» con funzione di soggetto o il «che» sostitutivo di «il qua­le » o «la quale» e il salto delle concordan­ze («un certo numero di loro dicono...»). Tutto bene, prendiamo atto, caro Belgra­di. Però se in una frase come: «Oggi ho incontrato Francesca e gli ho detto», quel «gli» al posto del corretto «le» tutto som­mato funziona, il ricorrere o meno al con­giuntivo cambia il senso della frase, essen­do quel congiuntivo il modo verbale che indica l’incertezza, il dubbio, la possibili­tà. Mentre l’indicativo che abitualmente lo sostituisce indica la certezza, la realtà. Non bisogna aver orecchio fino per nota­re la differenza fra un: «Credo che è gol» e un «Credo sia gol».
Resta nella memoria dei cultori dell’uso del congiuntivo, in pratica degli anti saba­tiniani, un episodio avvenuto l’8 ottobre del 1947 nientemeno che nell’aula della Costituente. Quel giorno, riferendosi al regolamento dei lavori l’onorevole Giu­seppe Dossetti avanzò una riserva in meri­to all’articolo che disciplinava la presen­tazione degli ordini del giorno. Essendo i verbi - spiegò Dossetti ai Padri Costituen­ti- «messi al congiuntivo, in forma ipoteti­ca, risulta evidente che la determinazio­ne della funzione dell’ordine del giorno è qui ipotetica». Il testo, proseguì Dossetti, «non ha il carattere imperativo che avreb­be nella forma enunciata all’indicativo». Intervenne il presidente dell’Assemblea, Umberto Terracini: «Onorevole Dossetti, sento la necessità di farle osservare che quel tale congiuntivo, dal quale ella crede di potere dedurre certe conseguenze, è congiuntivo per necessità del concetto che esso esprime» (Bum! ndr). Poiché Dossetti scuoteva il capo, chiese allora la parola Palmiro Togliatti. Il quale così ta­gliò corto: «Prego l’onorevole Dossetti di tener presente che nella corretta lingua italiana, in casi come questo, il ”che” pre­ceduto dal verbo potere, regge sempre il congiuntivo. Spero che il Gruppo demo­cristiano non pretenderà di farci cambia­re la grammatica italiana col peso dei suoi 207 voti». Dossetti avrebbe voluto giustamente replicare, ma Terracini scampanellò e la cosa finì lì. Ebbene, caro Belgradi: crede lei che oggi, in Parlamen­to, ci siano onorevoli deputati e senatori in condizione di duellare su una forma verbale? (Io penso di no, ed ecco perché la Crusca ha finito per alzare bandiera bianca).
Paolo Granzotto