Varie, 29 giugno 2010
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Peer Shahar
• Gerusalemme (Israele) 1 maggio 1987. Tennista. Nel 2009 le negarono il visto d’ingresso per il torneo di Dubai, nel 2010 subì una dura contestazione ad Auckland • «[...] ”Hai le mani sporche di sangue”. ”Vergognati”. ”Vattene, via dal torneo”: queste e altre amenità del genere si è sentita ripetere [...] è orgogliosa di Israele, il suo paese, come ha dichiarato: agli occhi dei suoi accusatori, attivisti della causa palestinese del gruppo Global Peace and Justice, è colpevole. Colpevole di non prendere le distanze dal suo governo, di non disconoscerlo platealmente abbandonando i campi da tennis. Di non boicottarlo per via sportiva. [...] Per Shahar lo sport e la politica non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altra e non devono incrociarsi. [...] Lo sport l’ha respirato in famiglia: il papà, nato in Sudafrica e trasferitosi da piccolo in Israele, era un campione di nuoto; la mamma, di Gerusalemme, è stata insegnante di educazione fisica. Compiuti i 18 anni, con davanti a sé la strada del tennis professionistico, Shahar ha dovuto fare il servizio militare, obbligatorio nel suo paese per uomini e donne. Un altro elemento che i suoi contestatori non le perdonano. [...]» (Eliana Di Caro, ”Il Sole-24 Ore” 21/1/2010).