Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 28 Lunedì calendario

IL MITO DIEZ E IL «GENERO» KUN. UNA SQUADRA (E UN NIPOTE) PER DUE

Sono suocero e genero (di fatto), ma non si chiamano a vicenda Sergio e Diego o papà ma «Kun», come un manga giapponese, e «Diez», come il numero Dieci. Si abbracciano e si baciano prima e dopo ogni partita, e insieme mandano altri baci al rispettivo figlio e nipote, l’ignaro Benjamin Leonel, 16 mesi, «El Nieto de oro». Se El Kun tocca la palla con la mano, come nell’azione del primo gol al Brasile alle Olimpiadi di Pechino, dice che è stato «il petto di Dio», parafrasando «la mano de Dios» con cui El Diez giustificò il primo gol all’Inghilterra al Mondiale ”86. Sono Aguero e Maradona, e parlando con rispetto sembrano due esaltati. In allenamento si sfidano a gare di punizioni, o fanno a chi colpisce più volte la traversa. Entrambi giurano amore eterno alla fidanzata e figlia, Giannina (all’anagrafe misteriosamente Gianinna). Due matti. Alla testa di un’Argentina lanciata verso l’annunciatissima sfida con il Brasile.
Tutto comincia quando la secondogenita di Maradona (la prima figlia si chiama Dalma come la nonna), con un evidente transfert che non occorre Freud per spiegare, a 18 anni si fidanza e resta subito incinta del giovane più promettente d’Argentina, Sergio Leonel Aguero. Nato a Quilmes, periferia Sud – la più povera – della Grande Buenos Aires. Esordio in serie A con l’Independiente a 15 anni, più giovane ancora di Maradona. A 18 trasferimento all’Atletico Madrid, per 26 milioni di euro. alto un metro e 72, un pochino più di Diego, di cui però non ha la potenza, né ovviamente il piede. E sulla sua strada ha trovato un quasi omonimo, Lionel Messi, che gioca quasi nel suo stesso ruolo ma è ancora più forte, e quindi gli ha rubato il posto. E il c.t. ha dimostrato che in squadra non ci sono raccomandati, relegando il «genero» in panchina.
Sulle prime, Maradona con Messi non legava. Lo trattava come un estraneo. Lo considerava egoista, spesso lo criticava. Da c.t. esitava a cedergli il «suo» numero 10. Poi, alla terza partita, al Monumental di Buenos Aires contro il Venezuela, ha affidato la fatidica maglia alla Pulce, che l’ha ripagato con una serpentina conclusa in gol. Da allora Maradona appare innamorato della sua giovane stella. Dice di lui frasi tipo «quando parte in dribbling, tutti gli spettatori dovrebbero uscire, pagare un’altra volta il biglietto, e rientrare». Qui in Sudafrica l’ha voluto capitano contro la Grecia. Ieri sera Messi l’ha ripagato con l’assist del primo gol (in fuorigioco), anche se proprio non riesce a segnare. Le reti le ha fatte Tevez. E Aguero, che finora si era sempre ritagliato un pezzo di partita, è rimasto a bordocampo, senza lamentarsi. Ormai sono un famiglia allargata.
I due ragazzi hanno parecchi punti in comune. Messi è dell’87, Aguero dell’88. Nati entrambi in giugno, insieme hanno vinto il mondiale Under 20 nel 2005 e l’oro olimpico a Pechino. Messi ha una clausola rescissoria da 150 milioni, Aguero da 60. Li divide il carattere. Lionel è schivo, riservato, sfuggente. «Anch’io sono colpito di quanto sia introverso fuori dal prato. Solo sul campo si sente libero» dice di lui Guardiola, il suo allenatore nel Barcellona. Sergio Leonel è vivace, ama il ballo e lamusica, ascolta con Maradona la «cumbia», il folk argentino.
Certo un «suocero» così qualche problema lo crea. Anche perché Aguero è un «genero» irrequieto. Ritarda la data del matrimonio. Non si nega le notti di Madrid. Quando i giornali spagnoli lo raccontano come distante dalla famiglia, Diego, che ha per le figlie un attaccamento smodato (come tutto in lui), si agita. In un’intervista a Don Balón, Agüero ha rivelato di patire questo groviglio tecnico-sentimentale: «Basta domande su Maradona, sono io che vado in campo e sono io che decido della mia vita» è sbottato quando gli hanno chiesto un commento sul desiderio del c.t. di vederlo in una squadra più forte dell’Atletico. In effetti per lui si sono fatti avanti, in tempi diversi, Chelsea e Inter. Aprendo una serie di possibilità anche sul destino del piccolo che ha in pugno il cuore di Maradona e quindi il Mondiale argentino: il nipote Benjamin Leonel.
«El Nieto de Oro», detto anche sobriamente «El Nino de Dios», è infatti dotato in teoria del corredo genetico più prezioso del pianeta, almeno per il calcio. Enrique Cerezo, il presidente dell’Atletico, ha dichiarato di aver pronto per il piccino un contratto in bianco: scherzava, ma non troppo. Al momento «El Nieto» è argentino. Tra meno di quattro anni potrebbe avere anche la cittadinanza spagnola. Se venisse in Italia al seguito del padre, dovrebbe attendere invece la maggiore età, come Balotelli; a meno che non sia la volta buona per cambiare la legge sulla cittadinanza. Nell’attesa, il numero 1 dell’Argentina, e del mondo, è più che mai Messi. Lo riconosce pure Maradona: «Lionel può diventare ancora meglio di me». E Aguero? «Mi ricorda me stesso da giovane».
Aldo Cazzullo