Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 28/06/2010, 28 giugno 2010
IL PROBLEMA NON MCCHRYSTAL MALE SORTI DELLA GUERRA
Nel passaggio dall’esercito di leva a quello professionale un peso non secondario lo ebbe il rapporto tra quantità e qualità: non servono tanti soldati’ si disse’ ne bastano pochi ma ben addestrati. Eppure a spingere alle dimissioni il generale americano Stanley McChrystal, comandante Isaf, non ci sono solo le parole eccessivamente polemiche verso l’amministrazione, a cominciare da Barack Obama: vi sono anche ragioni sostanziali. Il generale McChrystal aveva chiesto 100.000 uomini di rinforzo e il presidente gliene ha dati 30.000. Insomma, il problema dell’«esercito di massa», specie in una situazione dove il controllo del territorio è essenziale, si pone sempre. una vicenda questa che dà molto da riflettere sul modello di difesa.
Michele Rossi, Roma
Caro Rossi, dal lungo articolo apparso in Rolling Stone non sembra che la dimensione del corpo di spedizione sia stata in questa vicenda il fattore di maggiore importanza. L’autore, Michael Hastings, ricorda che McChrystal, dopo il suo arrivo in Afghanistan, inviò a Robert Gates, segretario della Difesa, un rapporto sullo stato della guerra che chiedeva, in ultima analisi, l’invio di 40.000 uomini. Con grande disappunto della Casa Bianca il rapporto arrivò nelle redazioni dei giornali e fu reso pubblico, ma il presidente finì per acconsentire all’invio di 30.000 soldati. Lo stesso McChrystal si rese conto che il Paese, in quel momento, non avrebbe potuto fare di più.
Aggiungo un’altra precisazione. L’articolo di Hastings è tutto fuor che una intervista. L’autore ha viaggiato con il generale e il suo seguito dalla Francia, dove il comandante doveva fare una conferenza all’Ecole Militaire, all’Afghanistan, e gli stato accanto per parecchi giorni. Ma quasi tutte le affermazioni ironiche o insolenti sul presidente, sul vice-presidente e su altri esponenti dell’amministrazione, sono parole di McChrystal riferite da collaboratori che si esprimono con una certa casermesca spregiudicatezza e restano, nell’articolo, anonimi. Una delle poche battute del generale è quella con cui manifesta fastidio per una email di Richard Hollbrooke (l’inviato speciale per la regione) appena giunta sul suo cellulare.
Queste precisazioni non diminuiscono le responsabilità dell’ex comandante dell’Isaf. I suoi collaboratori formano una squadra molto affiatata e goliardica, una specie di corte che adora il capo e ha finito per rendergli in questo caso un pessimo servizio. Ma sono stati scelti da lui e rispecchiano probabilmente il suo stile. molto probabile quindi che nella faccenda terminata con la destituzione del comandante americano in Afghanistan, l’articolo di Rolling Stone sia stato soltanto la goccia che fa traboccare il vaso. Dietro lo scandalo s’intravede il crescente disagio di chi, come McChrystal, è alla prese con nemici che gli sfuggono continuamente di mano e territori «liberati» che vengono nuovamente occupati dai talebani. In queste circostanze il ricordo del Vietnam e la situazione irachena creano inevitabilmente attriti, bisticci e soprattutto palleggi di responsabilità a Kabul, dove McChrystal non va d’accordo con l’ambasciatore degli Stati Uniti, e a Washington dove il presidente Obama comincia a chiedersi, probabilmente, quale effetto tutto questo avrà sulla sua immagine e sulle sue possibilità di conquistare un secondo mandato. Il problema quindi non è l’insubordinazione di un generale sfrontato. Il problema è la guerra che l’America teme di non potere vincere.
Sergio Romano