Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 28 Lunedì calendario

«FIORANI GLIELO CHIESE E LUI MI TOLSE DALLE LISTE»

Umberto Giovine è un signore di 68 anni che opera nelle telecomunicazioni e nelle energie rinnovabili tra Italia, Algeria e Marocco e che, per combinazione, ha incrociato i suoi passi con quelli di Aldo Brancher, neoministro dalle incerte deleghe. Nella sua vita precedente, da seguace del grande europeista Altiero Spinelli, aveva insegnato alla Johns Hopkins University di Washington. Intellettuale vicino a Bettino Craxi, ebbe la direzione di Critica sociale e dell’Ispi, l’Istituto di studi di politica internazionale di Milano. Nel 1994 fondò con Gianfranco Miglio il Movimento federalista, un partito che, durante il primo governo Berlusconi, cercò di sottrarre la Lega alla leadership di Umberto Bossi per riportarla all’alleanza con Forza Italia. Sopravvalutò, Giovine, l’influenza di Miglio e sottovalutò il carisma di Bossi. E però Silvio Berlusconi non dimenticò quella prova di buona volontà e associò alle sue liste il piccolo partito, che aveva promosso i federalisti azzurri: Miglio senatore a Como; Giovine deputato a Lodi. Ed è sulle rive dell’Adda che nel 2001 la carriera politica di Giovine misteriosamente finisce aprendo un interrogativo che va al di là del caso personale.
A cassare la ricandidatura di Giovine è Aldo Brancher, che dà corso a una precisa richiesta di Gianpiero Fiorani, allora direttore generale della Popolare di Lodi, avendone in cambio una somma di denaro. Un episodio che oggi induce a domandarsi come fosse possibile a un banchiere così discusso avere una tale influenza nel partito di Berlusconi. Ma in verità Giovine questa domanda se l’è posta fin dal 5 gennaio 2006 quando Fiorani rivela la dazione a Brancher e la sua contropartita al pm Francesco Greco che indaga sulla scalata della Lodi all’Antonveneta. In attesa dell’interrogatorio del neoministro, Giovine una sua personale teoria se l’è costruita. A partire dai fatti.
«Fiorani mi considerava una minaccia per il suo sistema di potere a Lodi. E non aveva torto», dice Giovine. E cita due episodi: le elezioni comunali del 2000 e la scalata occulta della Popolare di Lodi alla Popolare di Crema. «Venuta meno la candidatura vincente di un primario’ racconta ”, la dirigenza lodigiana di Forza Italia annaspa e allora, come deputato del collegio, propongo di sostenere la lista civica di Ambrogio Sfondrini. Vedo aMontecitorio il segretario regionale lombardo, Paolo Romani, e ne ottengo il consenso. Ma all’improvviso Forza Italia fa marcia indietro e indica come proprio candidato l’oscuro Ernesto Capra». Per capirci: Sfondrini è l’erede designato del vecchio direttore della Popolare, Angelo Mazza, al quale Fiorani aveva fatto le scarpe, Capra un dipendente di Fiorani. Il Comune va al centrosinistra. Ricorda Giovine: «Dopo la sconfitta, Berlusconi osserva: "Con quella faccia potevamo solo perdere". E il deputato si toglie la magra soddisfazione di sventolare davanti alle facce dei colleghi Brancher e Romani, padrini del perdente, il flash d’agenzia con le parole del capo».
Ma l’abbandono del candidato forte era stato avallato da Berlusconi in persona, non solo tenendo il comizio di chiusura della campagna elettorale di Capra. Giovine: «Ho ancora ben presente la telefonata notturna di Berlusconi’ l’ora era giustificata dalla cordialità dei nostri rapporti: Silvio me l’aveva presentato Craxi nel suo studio di piazza Duomo nel 1977’ con la quale mi spiegava che non si poteva andare contro la banca. Non c’era alcuna aggressività, anzi. Berlusconi cercava di convincermi a non fare storie più con la gentilezza del tratto che con gli argomenti. Ma siccome non sono un cortigiano e pensavo che la Popolare stesse covando problemi drammatici, continuai per la mia strada».
In particolare, Giovine muove acerbe critiche alla scalata alla Popolare di Crema, la prima della serie di Fiorani, che fece guadagnare cifre ingenti ai soci del giro ristretto, pronti a rastrellare i titoli della società preda nella certezza di poterli ben rivendere all’amico direttore. E Giovine riferisce: «In città si viene a sapere che sto cercando di capire come funziona la Banca Adamas di Lugano, la Bpl Suisse, usata per la scalata».
Quando il deputato arriva all’interrogazione parlamentare, scatta il finimondo. All’assemblea della Popolare, un festoso happening per l’intera città, il presidente Benevento guida l’attacco al frontale. «Non ero nemmeno presente», commenta Giovine. «Fu quello il segnale della scomunica in una terra legatissima alla banca e all’uomo che la governava con populistica scaltrezza». La richiesta di Fiorani di «farlo fuori» ne è la fatale conseguenza. Ma come spiegare la pronta esecuzione da parte di Brancher e l’avallo di Romani? «Fiorani conobbe Brancher nel 1991-92, i rapporti bancari erano in corso da anni; Romani, che aveva avuto problemi economici dal fallimento di Lombardia 7 Tv, ebbe anche lui i finanziamenti della Lodi». Ma siccome nessuno dei due poteva andare da Berlusconi e da Claudio Scajola, responsabile organizzativo, a dire che bisognava procedere contro Giovine perché loro avevano debiti con il banchiere, resta l’interrogativo: perché Fiorani aveva tanta influenza su Berlusconi? Giovine: «Mi sono dato due risposte: a) la Lodi faceva parte delle banche prossime al sistema Fininvest e dunque non si doveva darle noia; b) la Popolare di Fiorani completa l’acquisto della Banca Rasini, che ha un ruolo importante nei primi affari del premier». A taccuino chiuso, l’ex deputato ricorda che Michele Sindona indicò in una banca che aveva sede accanto alla Loggia dei Mercanti lo sportello della mafia a Milano: l’indirizzo della Rasini.
Massimo Mucchetti