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 2010  giugno 28 Lunedì calendario

IL GOVERNO E LE CIFRE DEL FEDERALISMO «RISPARMI DI ALMENO 10 MILIARDI»

Quattro miliardi di euro di risparmio sul Fondo sanitario nazionale che però valgono doppio, visto che ben otto Regioni hanno sforato gli obiettivi e sono costrette a recuperare con i piani di rientro. Più altri due miliardi e mezzo di euro di minor spesa per i Comuni e le Province, calcolando il costo delle funzioni a loro attribuite con il metodo degli studi di settore. La relazione del ministro dell’Economia sul federalismo fiscale arriverà dopodomani sul tavolo del Consiglio dei ministri e, il giorno stesso, sarà consegnata al Parlamento. Con la promessa di un risparmio molto consistente della spesa pubblica, pari ad almeno dieci miliardi di euro.
Il caos
«Altro che costi del federalismo», dicono i tecnici che lavorano alla messa a punto del documento. Un volume di oltre cento pagine, con l’aggiunta di parecchi allegati, diviso in due parti. La prima fotografa la situazione, anzi il «caos» attuale, dovuto in buona parte alla devolution lasciata in mezzo al guado dopo la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001. «L’Italia - dice spesso Giulio Tremonti - è l’unico Stato d’Europa in cui gli enti locali sono irresponsabili sulla spesa di loro competenza». Cifre tutt’altro che trascurabili. Governatori, sindaci e presidenti di Provincia, come ricorderà la relazione, hanno un portafoglio che vale 213 miliardi di euro l’anno. Se si tolgono le spese per gli interessi sui titoli del debito pubblico e quelle per pagare le pensioni, alle autonomie locali fa capo quasi la metà della spesa pubblica complessiva dello Stato, che la anticipa con i trasferimenti. Ti do quanto hai speso più l’inflazione, senza tener conto che sulla spesa storica, negli anni, si sono incrostati sprechi, inefficienze e spesso anche il malaffare.
Bypass e case abbandonate
 stato con il lavoro sui decreti di attuazione del federalismo per ridefinire i criteri di calcolo della spesa che sono saltati fuori i bypass coronarici che le Asl della Sardegna pagano il doppio rispetto alla Toscana, i pace-maker comprati all’ingrosso a basso prezzo e poi buttati nel cestino. Ed è sempre grazie al lavoro per completare la devolution che è venuto fuori l’elenco degli immobili e dei terreni che le varie amministrazioni dello Stato neanche sapevano di possedere. «Era solo la punta dell’iceberg. Ora abbiamo scoperchiato la pentola» disse un mese fa in Parlamento Luca Antonini, il presidente della Commissione tecnica sul federalismo.
I risparmi possibili
La Commissione ci ha messo un anno per ricostruire i bilanci delle Regioni, scritti in quindici modi diversi grazie ad altrettante leggi di contabilità regionali, e quelli dei Comuni, dove la spesa pubblica si perde tra i rivoli delle centinaia di società controllate. «Il federalismo fiscale è l’unico modo per mettere sotto controllo il bilancio pubblico» ripete da tempo Tremonti, sottolineando che l’attuazione dei decreti sarà la «più grande opera di razionalizzazione della spesa» mai fatta in Italia. La seconda parte della relazione che presenterà al Parlamento si occuperà dei possibili risparmi. Anche se non scenderà molto nei dettagli: per fare un calcolo preciso bisognerà prima mettere a punto il metodo per ricalcolare la spesa di Regioni ed enti locali da finanziare non più con i trasferimenti (23 miliardi di euro, che verranno cancellati), ma con l’autonomia impositiva. Sindaci e governatori riscuoteranno direttamente dai loro elettori le tasse, che a livello centrale saranno ridotte in proporzione, arrivando così alla piena responsabilità democratica.
I costi standard
La valutazione dei possibili benefici passa dalla definizione dei costi standard. I decreti legislativi di luglio non indicheranno dei valori precisi, ma solo un metodo, che sarà
quello degli studi di settore usati dal fisco per far pagare tasse «congrue» alle diverse categorie di contribuenti autonomi. Qualche stima dei possibili risparmi però c’è già, e la relazione ne darà conto. Per la sanità si va dai 2,5 miliardi indicati «prudenzialmente» dalla Corte dei Conti, agli 11 dell’Istituto di ricerca Cerm, passando per i 5,2 miliardi indicati dagli esperti del Pd. Il governo ritiene attendibile un risparmio a regime di 4 miliardi sul Fondo nazionale sanitario, che ne vale 110. I costi standard, però, riporteranno sotto controllo anche la spesa sanitaria che già oggi oltrepassa quel tetto, altri 4,5 miliardi di euro nelle otto Regioni sottoposte ai piani di rientro. Il sistema degli studi di settore applicato a Comuni e Province dovrebbe garantire una minor spesa di almeno 2,5 miliardi. Così, tenendosi bassi, si arriva a 10. Non è detto che l’Economia si spinga amettere la cifra nero su bianco, ed è probabile che i numeri precisi arrivino solo in un secondo momento. Di sicuro, dirà Tremonti, il federalismo fiscale non può essere ridotto ai quattro miliardi di tagli che oggi lamentano le Regioni.
Mario Sensini