Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 28 Lunedì calendario

QUARANT’ANNI DI RADIO AD ALTISSIMO GRADIMENTO (2

articoli) -
Toc, toc. Chi bussa allo studiolo di via Asiago 10? Lo zampognaro grida: «Ridatemi i miei pecuriii, so sparitii». «Ma lei che vuole? Il presepio l’hanno già smontato», rispondono all’unisono Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. «Alla Rai comunque di pecoroni ce ne sono parecchi», osservano riferendosi, anche ma non solo, agli ovini che in video per anni hanno segnato gli intervalli tra le trasmissioni. E ora chi si affaccia? il nostalgico ex federale Catenacci che del Duce rievoca le bravate a torso nudo nella sala del Mappamondo. Pronto a spaccare un paracarro e poi a mollare un cazzotto a Primo Carnera stendendolo mentre sta ancora con il braccio teso nel saluto romano… E poi ecco il prof Aristogitone che rivendica «quarant’anni di insegnamento in mezzo a questi delinquenti dei miei studenti».
E sono proprio 40 gli anni che compirà, il prossimo 7 luglio, la trasmissione «Alto gradimento», della premiata ditta Arbore & Boncompagni, dove, per circa un decennio, si sono affollati celebri personaggi come Scarpantibus, l’uccellaccio trovato in Nicaragua con gli scarponi senza lacci e le gambe pelose, Verzo, il ragazzetto sfigato e contestatore che dice «amo fatto un’assemblea», «amo deciso lo sciopero», la Sgarrambona, la ragazza di Boncompagni afflitta dalle sue scarse prestazioni.
Il programma ideato dai due grandi discoli-eretici e innovatori di tanta radio e tivù (e realizzato anche da Mario Marenco, dai fratelli Bracardi e tanti altri) non solo è stato uno dei maggiori successi della nostra radiofonia ma, in anni ancora afflitti dalle voci impostate e dalle notizie-veline paludate, mise in circolazione una frenesia, un’overdose di nonsense, follia, improvvisazione e «puttanate» («il primo titolo che proponemmo fu ”Musica e puttanate” e ci fu bocciato», commenta ridendo Arbore). Sull’onda di «Rock around the clock» prendeva così avvio una rutilante serie di gag che avrebbero fatto scuola, i tormentoni che saranno sbandierati persino nelle curve degli stadi e le varie trovate, come le voci registrate dei politici che rispondevano con toni solenni a domande stupidissime («com’è l’ultimo disco di Peppino di Capri?» E Nilde Iotti «drammaticamente inutile»).
Per «Alto gradimento» alle ore 13 di tutti i giorni feriali si incollavano all’apparecchio-radio studenti e prof, negozianti, impiegati e chirurghi «che operavano con il transistor all’orecchio, come mi è stato raccontato», ricorda divertito Arbore. Già, proprio così: era una trasmissione «di rottura» e i due terribili ragazzi che nel 1965 avevano esordito in coppia con «Bandiera gialla» se lo dicevano da soli mentre si avvertiva un rumor di cocci. Si menavano per la prima volta colpi a destra e a sinistra e si introducevano battute sul sesso e sulla politica.
«Volevamo liberarci del cosiddetto ”impegno”, della seriosità del ”68», afferma Arbore appena rientrato da un tour dove con la sua «Orchestra italiana» ha riempito le platee. «Andava per la maggiore il ”movimento” degli studenti di sinistra a cui era difficile strappare una risata. Io ero stufo di sentir gridare ”Nixon boia”. Ero modaiolo, filoamericano, amante del jazz, di Armstrong e di Kennedy».
Volevate compiere un «alto tradimento», mandare frecciate? «Non era nelle nostre intenzioni», rileva Boncompagni. «Anche se ero io quello che andava a Botteghe Oscure e che scriveva su ”Paese Sera”. Renzo lo prendevamo in giro perché era un po’ aristocratico e votava repubblicano. Non eravamo indignati, vivevamo di scherzi. Un po’ pazzi. Mi ricordo che Bracardi, con un gesto dada, ogni tanto si tirava giù i pantaloni ed esibiva fuori dalla finestra della sede Rai il suo posteriore tutto nudo. Se ne accorge una signora che sale ai piani alti per protestare. Nessuno le presta attenzione. Poi però un funzionario - si chiamava Florio ma noi lo citavamo in trasmissione con il nome di dottor Marsala - capisce tutto e ci convoca per una reprimenda. Marenco non si presenta, convinto che anche questa sia una burla».
«Abbiamo lanciato il ”climax”, così si chiama in linguaggio tecnico», osserva Arbore, «quello che più pedestremente è detto ”cazzeggio”». Gli eredi? Fabio Fazio, Serena Dandini, i Guzzanti, Luciana Littizzetto? «Forse più di tutti Lillo e Greg e soprattutto Fiorello. Noi non abbiamo mai voluto fare satira ad personam, contro qualcuno, ma solo di costume. Non ci siamo mai travestiti, né truccati», osserva Arbore. «Eravamo assolutamente demenziali. Recitavamo ”arriva fanfà, fanfà” e tutti si aspettavano Fanfani e noi ”fanfara!”. E poi rivedo la faccia stupefatta di Mina quando in studio trovò Bracardi che urlava: ”A Patrocloooooo!!!”. Interpretava la comparsa sul set di un kolossal storico, in cerca di un altro attore tra bighe, gladiatori e leoni».
Quando vi siete accorti che avevate conquistato il traguardo dell’altissimo gradimento? «A via Montenapoleone», nota Boncompagni. «Entriamo in un negozio e le commesse ci riconoscono. Si forma una piccola folla. Noi credevamo di avere ascolti solo al Centro-Sud e scopriamo invece che eravamo molto noti pure al settentrione». Insomma, «Nord e Sud uniti nella lotta» era lo slogan più gettonato di quei tempi, ma l’unità la stavano portando a compimento i microfoni di «Alto Gradimento».
MIRELLA SERRI

***


I magnifici quattro. Accanto a Boncompagni e Arbore, con le cuffie della radio in testa, c’erano Mario Marenco, Giorgio e Franco Bracardi, Marcello Casco, allora giovani scavezzacolli che inventavano personaggi e caratteri e macchiette. Soprattutto inventavano voci, versi, rumori. Voci che ancora si rincorrono, come piccole, sonore madeleine proustiane, nella memoria e nelle orecchie di quelli che già c’erano, ai tempi di «Alto gradimento».
Mario Marenco era il professor Aristogitone, attualissimo, in perenne lotta con i suoi studenti, «quei quaranda delinquendi»; era il colonnello Buttiglione, il generale Damigiani, la Sgarrambona, Pasquale Zambuto. Fu il più prolifico ideatore di personaggi per il programma: foggiano come Arbore, nato nel ”33, architetto e designer, portò alcune delle macchiette nate per la radio anche in tv: a «Indietro tutta» fu ancora successo. Ha partecipato al «Pap’occhio» di Arbore e ad alcuni altri film, due dei quali ispirati proprio a uno dei suoi demenziali personaggi: «Il Colonnello Buttiglione diventa generale» e «Von Buttiglione Sturmtruppenführer». Eravamo a metà degli Anni Settanta, la commedia all’italiana trascolorava nella farsa che prima o poi si andrà a recuperare. Ha scritto anche libri, il versatile Marenco, dai titoli eloquenti, «Lo scarafo nella brodazza», «Los Puttanados», «Stupefax». La sua aria stralunata, la sua cultura, il suo disincanto, gli impedirono di continuare a stare in tv.
Poi c’erano i fratelli Bracardi. Giorgio, del ”35, inventò il fondamentale Scarpantibus, un presunto uccello raro, mezzo preistorico e mezzo struzzo, più che un personaggio un tormentone; e Max Vinella, il federale Romolo Catenacci, il dottor Marsala, «dei dolori, ma dei dolori...». Beh, c’erano già i prodromi della società del futuro: quel giornalista petulante di Vinella, quelle manganellate evocate dall’esaltato Catenacci, proponevano un senso comune che non si era neppure evoluto, e si involveva già. Anche Bracardi frequentò televisione e cinema, il suo Lucio Smentisco, portavoce di Silvio Berlusconi, avvinse persino «Striscia la notizia», a metà dei Novanta.
Franco Bracardi, che è scomparso nel 2005, sarà ricordato soprattutto per aver suonato il pianoforte per anni al «Maurizio Costanzo Show». Ma vantava un passato. Pure lui aveva portato acqua al mulino di Arbore e Boncompagni: con Pallottino che prendeva in giro, ma in fondo sosteneva, le radio pirata, con Solforio, con Mortificazione la cartomante. E prima ancora suonava, aveva un complesso, «The Flippers», c’era pure Lucio Dalla. Fu autore Rai e sodale discreto del re del Parioli.
Infine Marcello Casco. Anche lui non c’è più, se n’è andato nel ”99. Personaggio eclettico, nato a Alessandria d’Egitto, poliglotta, per «Alto gradimento» inventò solo un personaggio, il figlio di Menuel, quello che diceva «parole di vérita», con l’accento sulla «e». Ma era un personaggio geniale, che infatti fu ripreso da Corrado Guzzanti con «Quelo», il santone tv. Si occupò soprattutto di teatro. E’ forse il più dimenticato del gruppo, perché fu il più marginale. In compenso chi lo ricorda, lo ricorda come «intelligente e buono». Parola di vérita.