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 2010  giugno 27 Domenica calendario

DELL’UTRI, LA SENTENZA VICINA: CERTO IL RICORSO IN CASSAZIONE


In primo grado la Camera di Consiglio del Tribunale si protrasse per quasi 5 giorni e si concluse con una condanna del senatore Marcello Dell’Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici di appello, della seconda sezione, presieduta da Claudio Dell’Acqua, sono entrati in camera di consiglio giovedì scorso alle ore 13 e per decidere devono valutare una mole di documenti certamente più estesa di quelli che erano contenuti nei fascicoli del primo dibattimento. Una mole sterminata di atti raccolti, quanto meno, a partire dal 1994. Indagini e processi sono dunque in corso da 16 anni. Dal ”conclave” come vuole la legge processuale non trapela indiscrezione di sorta sul tempo ancora necessario per mettere a punto il verdetto. Quando la decisione verrà raggiunta, come da prassi, i giudici avviseranno il Pubblico Ministero e gli avvocati della difesa e delle parti civili per la lettura pubblica della sentenza. Tuttavia da indiscrezioni si è appreso che uno dei giudici componenti il Collegio prima di entrare in Camera di Consiglio ha rinviato alcune udienze che aveva in agenda per domani, lunedì. I legali della difesa ritengono che la corte potrebbe prendersi qualche giorno in più dei 3 giorni che per voci di corridoio erano nelle previsioni. La sentenza d’appello, tuttavia, non chiuderà affatto la lunga querelle processuale attorno a Dell’Utri. La parte soccombente adirà di sicuro la Corte di Cassazione. Il sostituto procuratore generale Nino Gatto a conclusione della requisitoria aveva chiesto 11 anni di reclusione, riproponendo in questo modo la stessa domanda che era stata avanzata dal Pm in primo grado e che fu scontata di due anni dal verdetto del 2004.
Il Collegio di difesa del senatore, intanto, ha detto di ignorare se dell’Utri vorrà assistere o meno alla lettura del verdetto. Se ne era astenuto in primo grado quando aveva atteso l’esito del processo a Roma, procedendo subito dopo ad una conferenza stampa con Silvio Berlusconi per espingere il significato del dispositivo della condanna. Mentre i giudici di appello si riunivano, invece, Dell’Utri aveva osservato che una sua eventuale assoluzione equivarrebbe ad una condanna della Procura di Palermo. Dell’Utri si era poi detto tranquillo, uno stato d’animo che gli ha consentito- aveva aggiunto- di «restare vivo» dopo «quello che mi hanno fatto patire», ma se anche dovesse arrivare l’assoluzione «non avrò nulla di cui gioire, perché hanno già distrutto la mia vita». Di fronte ad una condanna, invece, il senatore aveva anticipato il ricorso in Cassazione, perché «ci sarà pure un giudice capace di riconoscere i reati penali dalle minchiate». Infatti ad avviso di Dell’Utri sono state utilizzate a suo carico «teorie inesistenti», così come le dichiarazioni del pentito Spatuzza, «spuntato all’improvviso, come il giovane Ciancimino».Peraltro le accuse di Spatuzza non trovarono conferma dai suoi boss, i fratelli Graviano, ascoltati in pubblica udienza ad un processo a Firenze. «Sono convinto che tutto andrà in Cassazione - aveva concluso il senatore - O cadrà da sé». E se l’esito dovesse essere una condanna in carcere: «beh, uno si adatta» commenta.
Intanto il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo ha espresso solidarietà ai magistrati Claudio Dall’Acqua, Salvatore Barresi e Sergio La Commare, che compongono la corte d’appello che è riunita per il verdetto, dopo alcuni ”attacchi” che li riguardavano sulla stampa nei giorni scorsi. Gli avvocati stigmatizzano «il sempre più diffuso abuso dei media volto ad ingenerare dubbi nell’opinione pubblica circa la serenità di indirizzo degli organi giudiziari» e si propone, come avvocatura, «uno stabile, equilibrato e vigile osservatorio per denunciare e intervenire a tutela dei valori costituzionalmente garantiti nell’esercizio della funzione giurisdizionale».