GIULIA ZONCA, La Stampa 27/6/2010, pagina 47, 27 giugno 2010
LA GENERAZIONE CHE VUOLE ASCIUGARE LE LACRIME DI GASCOIGNE
La memoria di questa Inghilterra gira intorno a Paul Gascoigne. E a un Gazza preciso, sobrio, epico: il giocatore che ha spinto una generazione sul campo di calcio, il protagonista dei Mondiali di Italia ”90, quelli finiti in lacrime dopo i rigori sprecati nella semifinale contro la Germania.
la prima partita che l’Inghilterra di oggi ha visto in tv ed è quella che li ha segnati, rappresenta la loro coscienza calcistica: un’identità comune. Tra i 23 convocati da Capello, 16 sono nati tra il 1978 e il 1982, figli dell’era Thatcher, non hanno mai visto giocare George Best e sono cresciuti nel mito di Gascoigne. La squadra del 1990 era una finestra sul talento dopo anni rudi, una Nazionale coraggiosa che sgomitava e sapeva pure fare magie. Ridere, divertirsi e coinvolgere. C’era David Platt che ha segnato un gol all’ultimo minuto contro il Belgio, c’era Gary Lineker protagonista della gara con il Camerun e c’era Chris Waddle che ha sbagliato il rigore decisivo, a Torino contro la Germania il 4 luglio 1990. Venti anni fa. Non è un caso che così tanti giocatori dell’Inghilterra abbiano parlato dei tiri dagli 11 metri non appena la Germania è diventata l’avversario degli ottavi. una suggestione, è la prima immagine che viene loro in mente.
Steven Gerrard, il capitano, allora aveva 10 anni e nella sua biografia ricorda: «L’unico autografo che abbia mai voluto è quello di Gascoigne. lui che mi ha fatto pensare: voglio giocare a pallone». Gascoigne non aveva le responsabilità di Rooney ed era più vecchio di quattro anni. Nessuno lo aspettava, ma in Italia è diventato un esempio e lo sportivo inglese più famoso nei dieci anni successivi. Qualcuno dice che senza di lui la Premier League sarebbe arrivata più tardi e invece è nata tre stagioni dopo il ”90 perché il genio con il cervello nei piedi ha accelerato, o meglio, rivoluzionato il movimento. Esiste un documentario intitolato «Una notte a Torino» che racconta «la svolta del calcio inglese», i giornali di quell’estate parlavano di Gazza come del «totem nel suolo mediterraneo», hanno scritto poesie e libri su quel momento. Insomma quello è il D-day e, anche se le condizioni non sono le stesse, l’Inghilterra spera in un’altra svolta e in un altro risultato.
Michael Carrick, sette anni nel 1990, ancora conserva la maglia numero 19 di Gascoigne; Joe Cole (8 anni) sa citare tutte le azioni di Inghilterra-Germania a memoria; Peter Crouch (9 anni) ha detto: «Quando Paul ha cominciato a piangere io ho cominciato a piangere, solo che ho smesso molto dopo»; Stuart Pearce allora giocava sulla fascia sinistra e sbagliò l’altro rigore, oggi è nello staff di Capello e sa che i ragazzi sfideranno la Germania e il passato. Il momento più importante nella storia recente della loro Nazionale. «Strano come tutti ricordino meraviglie di quella squadra, da dentro vivevo la fatica per passare ogni partita, ogni turno e quando finalmente abbiamo costruito qualcosa e giocato davvero bene, davanti c’era la Germania. E abbiamo perso». Per questo Gazza ha pianto e con lui l’Inghilterra intera, per questo oggi una generazione cerca il riscatto.