Walter Siti, La Stampa 27/6/2010, pagina 39, 27 giugno 2010
DIACO FA TELEVISIONE VERGOGNANDOSI DI FARLA
Su una montagna di farina Pierluigi Diaco rompe un uovo, che scivola lungo il pendio e cade a terra; non contento ne rompe un altro che segue la stessa sorte, fin che qualcuno pietosamente gli spiega che per fare la pasta fresca bisogna praticare un buchetto nella farina; lui si giustifica dicendo di essere single. Un’onda di gioventù rinfresca quest’anno Uno mattina estate: all’ultracinquantenne Arnaldo Colasanti, che l’anno scorso innamorava le signore parlando di Shakespeare e di letteratura medievale, si è sostituito un trentenne che punta sull’aria da imbranato, sulla spontaneità e sul sorriso disarmante. Suscita l’istinto materno perfino nella sua partner Georgia Luzi, che pure gli è coetanea; insieme mettono allegria, lei ha vispissimi occhi azzurri e un’espressione da fatina («la principessa del mattino», la chiama lui).
Il problema è che Diaco si vergogna un po’ di quello che sta facendo e vuole dimostrare di essere un intellettuale a pieno titolo; così si abbandona a link acrobatici per passare da un argomento all’altro della scaletta. Se deve collegare un servizio sul giornalismo con lo spazio dedicato a un macellaio toscano esperto di fiorentine, si esibisce in un «siccome quel che caratterizza un giornalista è il taglio stilistico, ora ci dedicheremo al taglio dei quarti posteriori»; dice compiaciuto «mi sporco le mani con la carne» ma poi non si nega un «noi siamo carne però siamo anche anima». Non nasconde il proprio disinteresse per il gossip; legge quel che gli scrivono gli autori sul «Cenerentolo» che ha sposato una principessa svedese, si chiede se sia vero amore ma aggiunge «queste sono domande» e ridacchia. sempre alle soglie del «chi se ne frega» e si trattiene all’ultimo. Dato che è un uomo intelligente, ha fatto di questa sua irriverenza una caratteristica formale, tra cinismo e autoironia: «un po’ pupo e un po’ secchione», come l’ha definito l’altro giorno Marina Como.
Da qualche tempo si moltiplicano in tivù i personaggi che prendono le distanze (in onda) dalla trasmissione in cui compaiono (memorabile la giuria della Pupa e il secchione, appunto, con Sgarbi sempre attaccato al cellulare e Sabelli Fioretti che dava a tutti il sei politico); è una vittoria della leggerezza, la televisione che sa prendersi in giro eccetera. Però, coi tempi che corrono, si rischia un preoccupante effetto collaterale: quando persone non stupide ci strizzano l’occhio e allargano le braccia, come per dire «vedete voi dove sono finito» e «che cosa mi tocca di avallare», beh, il rischio è che la cosa venga interpretata come un «resistere non serve a niente». Non si può mettere sempre tutto tra virgolette.
A Diaco vien voglia di fargli coraggio: provi a incrinarla davvero quella bolla, spinga l’insofferenza fino a creare qualche incidente di percorso. Non sia sempre così accomodante, così tenero orsacchiotto; il gioco dello spettacolo può sopportare anche che l’infrazione arrivi ai limiti della frattura: magari pure di mattina.