Daniela Roveda, Il Sole-24 Ore 27/6/2010;, 27 giugno 2010
LA CRISI PREMIA I GRANDI COLLEGE USA
«Scusi, ha 10 euro da prestarmi? Mi servono per investire in un futuro migliore». Erika Nelson, primo anno di università alla Loyola University di Chicago, è uno degli ultimi arrivati a fare elemosina su internet a fianco dei braccianti del Bangladesh che chiedono prestiti per comprarsi un mulo o un aratro. Migliaia di ragazzi senza i soldi per pagare le esorbitanti rette universitarie, ormai superiori ai 50mila dollari l’anno per i migliori atenei privati, si sono ridotti a chiedere microprestiti a gente di buon cuore sul nuovo sito sponsormydegree. com, creato sulla falsariga di siti come Kiva.org, nati per mettere in contatto generosi microinvestitori occidentali con piccoli imprenditori del Terzo Mondo.
Questi sono i fatti: il prezzo medio di un anno all’università in America è raddoppiato nel giro di nove anni a 26.273 dollari per gli atenei privati e a 7.020 per quelli pubblici; l’indebitamento medio contratto dagli studenti tra i 22 e i 29 anni per pagarsi le spese universitarie (se le famiglie non possono permetterselo) l’anno scorso è salito di un altro 10% a 16.120 dollari; i neolaureati continuano a fare fatica a trovare lavoro in questo periodo di recessione e quest’anno solo uno su quattro aveva un impiego il giorno della laurea, il livello più basso dal 1983.
Eppure il numero di domande di ammissione alle top universities americane ha raggiunto nel 2010 un nuovo record e i tassi di ammissione sono piombati al di sotto del 10% per le più prestigiose. Subissata da un numero di applications mai visto prima - 30.475 per 2.110 posti - quest’anno Harvard ha ammesso la più bassa percentuale di matricole della storia, il 6,9%. Stessa solfa per le altre top universities: tassi di ammissione del 7,2% a Stanford, 7,5% a Yale, 8,15% a Princeton, 9,2% alla Columbia, 9,3% a Brown.
Un corso quadriennale di laurea a Harvard oggi costa 202.896 dollari incluso vitto e alloggio, ma quel pezzo di carta con lo stemma bordeaux e il motto Veritas può aprire tutte le porte a un giovane neolaureato. Lo stesso non è altrettanto vero ad esempio per una laurea a Trinity College, piccolo e ottimo college del Connecticut, dove retta più vitto e alloggio costano il 5,2% in più che a Harvard, 53.380 dollari contro 50.724 all’anno. Ormai rette al di sopra dei 50mila dollari non sono più prerogativa delle top universities, la cosiddetta Ivy League (Harvard, Yale, Princeton, Cornell, Dartmouth, Columbia, University of Pennsylvania e Brown) ma anche di decine di altre università private meno note, come Carnegie Mellon, Washington University, Georgetown, Haverford, Notre Dame. Solo le università statali sovvenzionate costano meno, ma non poco; la crisi fiscale della California per esempio ha costretto il governatore Schwarzenegger ad aumentare del 32% le rette delle dieci università dello stato (tra cui Ucla e Berkeley) al record assoluto di 28mila dollari all’anno.
C’è un altro ottimo motivo per voler entrare in un’università Ivy League, e sono le borse di studio. Le ammissioni in questi atenei sono "need blind", ovvero indipendenti dalla capacità di pagare. Il 50% circa degli studenti di queste otto università ricevono borse di studio, con una punta del 70% a Harvard, l’università con il patrimonio più consistente, 25,7 miliardi di dollari. Nelle università senza i mezzi per offrire borse, gli studenti che non possono permettersi di pagare per intero le rette devono indebitarsi.
naturale quindi che tutti vogliano andare a Harvard, a Yale, o alla Columbia. Ma per avere una chance, i ragazzi più intelligenti, più ambiziosi e con maggiore spirito di iniziativa iniziano a prepararsi già alle medie. Come Gabi Leslie. «Andare a Harvard - racconta Gabi, 18 anni - è sempre stato il mio sogno, ho iniziato a prepararmi in prima media. Ha appena fatto la maturità in uno dei 20 licei migliori d’America, ho una delle medie più alte della mia scuola, durante il liceo ho frequentato corsi a livello universitario in tutte le materie, ho uno dei punteggi più alti al test d’ammissione nazionale SAT, suono la tromba da quando avevo otto anni, compongo musica che la mia orchestra jazz ha suonato in diversi locali a Los Angeles, parlo spagnolo correntemente, ho vinto diversi concorsi nazionali di latino, ogni estate ho fatto volontariato in una colonia per bambini di famiglie disagiate. Ma non è bastato, Harvard non mi ha preso e ho dovuto ripiegare su Stanford».
Chi c’è riuscito invece? Gente come Josh Oreman, a 16 anni medaglia d’oro alle olimpiadi di fisica tenutesi ad Hanoi nel 2008; o Ian Cinnamon, che a 15 anni aveva già ideato e venduto due applicazioni per l’iPhone; o Remy Greeno, fondatrice a 15 anni dell’organizzazione Teenangel che ha devoluto 25mila dollari a un centro di correzione minorile e alla ricerca sul cancro. Insomma essere i primi della classe non basta più, avere una bella media è un prerequisito così basilare da non fare impressione a nessuno.
Sono centinia di migliaia i ragazzi che sognano un giorno di andare a Harvard, ma solo le menti più originali e creative sanno di avere una chance. Solo sette su cento ce la fanno. Il consiglio per i 28mila cuori infranti che il 31 marzo scorso hanno ricevuto la letterina di rincrescimento è di ritentare fra quattro anni per un master o un PhD. La laurea americana, a 200mila dollari a botta, è infatti una laurea generalista. Per diventare professionista occorrono almeno altri tre anni di studi, e altrettanti soldi. Daniela Roveda • IL TOP DEL TOP: LE «IVIES» Harvard, Yale, Princeton, Columbia, Cornell, Dartmouth, University of Pennsylvania e Brown: sono le otto università della Ivy League, sinonimo di eccellenza accademica, selettività ed elitismo sociale.
Tutte meno una (Cornell) sono state fondate prima del 1776, quando l’America era ancora una colonia della Gran Bretagna, e a lungo sono state tacitamente riservate agli studenti di sangue blu , prima dei cambiamenti sociali del XX secolo. La leggenda vuole che il nome Ivy League sia stato coniato negli anni 30 del Novecento da un cronista sportivo in riferimento alle scarse abilità agonistiche delle squadre di football di questi atenei, che facevano parte di una lega sportiva (la lega dell’edera).Tutte situate nel nord-est d’America (Cornell e Columbia nello stato di New York, Dartmouth in New Hampshire, University of Pennsylvania in Pennsylvania, Brown in Rhode Island, Princeton in New Jersey, Yale in Connecticut e Harvard in Massachusetts) le Ivies sfornano una grossa quota dei laureati che finiscono ai vertici politici, giuridici ed economici del paese. Solo due altre università Usa sono considerate alla pari delle Ivies, il Massachusetts Institute of Technology e la californiana Stanford University, fondate rispettivamente nel 1861 e nel 1891.