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 2010  giugno 26 Sabato calendario

Che il capitalismo sia tanto avido da fabbricare e vendere la corda con cui sarà impiccato pare che Lenin non l’abbia detto mai, assicurano i residui esperti delle sue opere

Che il capitalismo sia tanto avido da fabbricare e vendere la corda con cui sarà impiccato pare che Lenin non l’abbia detto mai, assicurano i residui esperti delle sue opere. E al giorno d’oggi il capitalismo di nemici non ne conta quasi più; casomai crea problemi l’eccesso di zelo con cui i comunisti cinesi lo praticano. Ciò nonostante, l’immagine della corda ritorna: nel senso che l’instabilità finanziaria rischia di essere lo strumento con cui il capitalismo si impicca da solo, senza avvedersene. Per questo sono importanti le nuove regole finanziarie di cui si discuterà al G-20 di Toronto. Non è ancora passato il momento difficile dell’Europa; si capisce solo che ai cattivi bilanci di alcuni Stati perlopiù meridionali si intreccia la fragilità di alcune banche perlopiù settentrionali. A Londra e a New York, in più, ci si interroga su nuovi elementi di instabilità che germinano all’interno dell’«innovazione finanziaria». Da entrambi i lati dell’Atlantico i governi riaffermano che la volontà di riformare e di imbrigliare rimane robusta. Però i linguaggi diventano sempre più differenti. A Toronto gli Usa arrivano con l’accordo al Congresso, una pelle di leopardo di importanti innovazioni e di compromessi, dove si lascia irrisolto il problema delle banche «troppo grandi per fallire», troppo influenti sulla politica americana. Tre governi europei, Francia, Germania e Gran Bretagna, intendono mostrare severità con la proposta comune di tassare le banche. I «regolatori», responsabili della vigilanza sulle banche, ossia soprattutto le banche centrali, parteciperanno al G-20 preoccupati di fronte alla confusione di lingue. La «regola Volcker» accolta in parte nella nuova legislazione americana - separare le attività ordinarie di una banca da quelle speculative - non li convince più di tanto, perché temono che le attività speculative si andranno a nascondere più lontano dai loro occhi. Ad alcuni banchieri centrali la tassa sulle banche, proposta in realtà con intenzioni diverse da Parigi, da Londra e da Berlino, viene sentita come un diversivo rispetto al problema chiave: imporre alle banche di tenere più soldi in cassa per ogni evenienza, invece di giocarli al casinò. Mario Draghi, nella sua veste di presidente del Financial Stability Board, dirà al G-20 che prima occorre decidere sui nuovi requisiti di capitale («Basilea 3») e solo dopo sulle tasse. In Europa, assai più che negli Stati Uniti, l’industria è fortemente dipendente dal credito bancario. Il lobbying delle banche contro Basilea 3, definita un ostacolo alla ripresa, trova uno consenso massiccio tra gli industriali. Forse per questo i tre governi europei hanno escogitato il diversivo della tassa subito. Mentre un tributo studiato con pazienza, con lo scopo di scoraggiare il rischio e l’eccessiva dimensione delle banche servirebbe anche a tappare le falle del compromesso parlamentare americano. Sarà difficile comporre il rompicapo. Non solo alla riforma della finanza si oppongono gruppi di potere robusti; ma la diversa struttura degli interessi costituiti nei vari Paesi frammenta le energie. L’esito più probabile è che i tempi si allunghino; senz’altro si rinvieranno scelte importanti al G-20 autunnale in Corea. Speriamo che il Ferragosto sia benigno.