Elisabetta Iovine, ItaliaOggi 25/6/2010, 25 giugno 2010
LA CINA TRUCCA LE CIFRE AL RIBASSO
La Cina continua a crescere a ritmi inarrestabili, ma nasconde le proprie performance per non mettere in allarme il resto del mondo. In un momento in cui gli esperti di economia si interrogano sulla fragilità della crescita globale nel 2010, stimata intorno al 3%, tutti concordano sul fatto che a spingere lo sviluppo è soprattutto la locomotiva cinese.
Secondo Philippe Chalmin, coordinatore della ventiquattresima edizione del rapporto Cyclope sulle materie prime del pianeta, si potrà tergiversare sul livello dell’euro e del dollaro, ma una cosa è certa: queste monete non porteranno la schiarita che molti si attendevano a livello economico. Dal canto suo, Pechino dovrebbe registrare ufficialmente un +10%, ma camuffa le vere cifre per non sconvolgere il resto del mondo. Per Alessandro Giraudo, che ha collaborato alla stesura del rapporto, con una crescita di quasi il 12% nel primo trimestre dell’anno, l’ex Celeste impero ha superato il Giappone. Ci sono anche gli scettici, che evidenziano come tale balzo all’insù susciti una serie di squilibri: fragilità dell’apparato bancario minato da crediti dubbi, bolla immobiliare, incremento delle disuguaglianze e, soprattutto, dipendenza dalle materie prime.
Su questo punto il rapporto Cyclope mostra che il gigante asiatico, in effetti, è il primo importatore mondiale di gran parte di materie prime: dai minerali di ferro ai metalli non ferrosi, dalla soia al caucciù, dal cotone al carbone, dalla lana alla carta. Il risultato è che Pechino influisce pesantemente sulle quotazioni di questi beni. Tant’è vero che, per il riso che vede il paese asiatico del tutto autosufficiente, i prezzi mondiali non hanno subito alterazioni. Basta un esempio per comprendere la situazione. La Cina è ormai divenuta il primo mercato globale dell’automobile con 14 milioni di nuove vetture vendute nel 2009. Così sono lievitate le importazioni di caucciù per gli pneumatici e di piombo per le batterie.
Del resto, lo sviluppo cinese è impressionante. Basti pensare che nel 1976, alla morte di Mao Tse Tung, il paese non pesava che per il 3% del pil globale, mentre nel 1860, al momento della conquista di Pechino da parte delle truppe anglo-francesi, il prodotto interno lordo era pari al 30%. Ora la percentuale è dell’8%, stando ai dati del 2009: ancora lontana dal primato detenuto dagli Usa (24,6%), ma ormai a un soffio dal sorpasso sull’8,5% del Giappone.