Stefano Gulmanelli, La Stampa 25/6/2010, 25 giugno 2010
JULIA LA ROSSA PREMIER D’AUSTRIA
Ha esitato il più possibile, poi il precipitare degli eventi l’hanno costretta a lanciare il guanto della sfida. E così, dopo una notte concitata nelle stanze del potere del Labor Party d’Australia, Julia Gillard ha chiesto e strappato a Kevin Rudd la leadership del partito, e con essa la carica di primo ministro. In questo modo repentino e rocambolesco, da ieri mattina l’Australia ha il suo primo capo del governo donna della sua breve (poco più di un secolo) storia di Stato indipendente.
La Gillard, che nel governo Rudd era vicepremier e deteneva due dicasteri importanti quali l’Istruzione e le Relazioni Industriali, fino a pochi giorni fa replicava in tono piccato a chi le faceva notare che forse era venuto il momento di farsi avanti, vista la precipitosa perdita di consenso di Kevin Rudd. Una caduta verticale che ha trascinato verso il basso le simpatie - e le chances elettorali - dell’intero Labor Party, che ritiene la circostanza inaccettabile in un anno in cui l’Australia sarà chiamata al voto.
Con una di quelle incredibili accelerazioni che la politica sa avere quando si deve compiere un regicidio, i «power broker» del partito (le figure capaci di raggruppare o togliere consensi) le hanno fatto però capire che non si poteva attendere oltre: Rudd stava rischiando di far perdere il governo al Labor dopo un solo mandato e andava sostituito. Il messaggio per lei era implicito: ora o, forse, mai più. La Gillard, che ha il senso della lealtà ma anche quello della praticità e dell’ambizione, si è quindi recata dal primo ministro chiedendogli di farsi da parte o, in alternativa, di andare alla conta nel caucus del partito. Rudd ha inizialmente scelto lo scontro ma poi - dinanzi a una sconfitta certa e alla prospettiva di danneggiare ulteriormente il partito - ha accettato di passare la mano.
Quarantasette anni, gallese di nascita, Julia Gillard è una donna riservata e gelosa della sua privacy. Di lei si conoscono piccole manie, come una curiosa, intransigente devozione per la grammatica (peraltro antecedente all’incarico di ministro dell’Istruzione), che la porta a rimandare al mittente lettere e relazioni contenenti svarioni grammaticali, non prima però di averci disegnato su un gatto con cappello.
Immigrata in Australia a quattro anni per via della salute cagionevole («Il pediatra mi disse che se fossimo restati in Galles il freddo non avrebbe consentito a Julia nemmeno di andare a scuola», ha raccontato la madre), il nuovo primo ministro ha maturato la sensibilità e l’interesse per la politica sin da giovanissima. Le sue prime esperienze sono state di attivismo studentesco al liceo e all’Università di Adelaide, la capitale del South Australia in cui è cresciuta e dove tuttora vive la sua famiglia. Dopo una parentesi come avvocato, la Gillard è entrata in politica - è in Parlamento dal 1998 - assumendo posizioni vicine al movimento sindacale, il che ha finito per connotarla come una «leftie», una di sinistra. Questa etichetta - unitamente al fatto che, pur convivente, non ha figli - ha portato parte degli stessi elettori Labor a guardarla con qualche diffidenza.
Le imminenti elezioni, previste al più tardi per novembre, hanno però convinto il partito a mettere da parte le sfumature e guardare alla sostanza, puntando su una figura che, unendo carisma, novità e determinazione, può risollevare le sorti dei Labor. In un’insolita alleanza, correnti di destra e movimento sindacale hanno offerto alla Gillard il massimo per un politico: la carica di primo ministro. Sta ora a lei convincere la maggioranza degli australiani a lasciargliela quando entreranno nella cabina elettorale.