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 2010  giugno 25 Venerdì calendario

IL CARRO VUOTO DEL CT « TUTTA COLPA MIA»

Ci sono colpi che lasciano il segno e dai quali non ti ristabilisci più. Guardavamo Lippi esporre il petto alla sconfitta e ci siamo chiesti se, come e quando un uomo orgoglioso fino all’indisponenza com’è lui saprà riprendersi da quanto gli è successo ieri. Fu più semplice rimettere i piedi per terra dopo la sbornia di Berlino. Uscire dalla buca di Johannesburg sembra più complicato e non escludiamo che la figura del Lippi allenatore sia uscita per sempre, dopo quasi 30 anni, dalla porticina di Ellis Park, uno stadio che ricorderà a vita: nel giugno scorso venne battuto dall’Egitto nella Confederations Cup e fu una mezza vergogna mascherata da amichevole, stavolta non ci sono stati alibi né li ha cercati. «Avevo detto che non sarei tornato subito ad allenare, mi prenderò qualche mese di tempo», ha spiegato Lippi in fondo al processo che si è autoistruito prima che glielo facessimo noi. Qualche mese è una misura vaga. In questo caso è forse definitiva. Già il fatto che oggi, prima di ripartire per l’Italia, parleranno Abete e Cannavaro mentre lui starà zitto è l’indicazione del distacco che la delusione gli provoca.
«Mi prendo tutte le responsabilità - dice di getto prima che gli si pongano domande - perché se una squadra si presenta a un appuntamento così importante con il terrore che paralizza le gambe, la testa e il cuore significa che non era stata preparata bene tecnicamente, tatticamente ma soprattutto psicologicamente». Nell’addio al Mondiale, Lippi ha lavorato di contropiede come la sua Nazionale non ha mai fatto e non diciamo ieri, ma nei 4 anni della sua gestione perché non è mai stato un italianista puro: quando la nostra Nazionale ha vinto lo ha fatto giocando a viso aperto, quando non ha vinto non ha mai alzato le barricate. Il problema, anche per lui, è inquadrare una partita che esula da ogni suo schema mentale. In mattinata aveva parlato alla squadra. «Avevo detto ai ragazzi che finalmente cominciava il Mondiale fatto di partite o dentro o fuori, come avevano superato l’Inghilterra e la Germania». Non è un «pirla», come direbbe Mourinho, quindi si era accorto di avere per le mani un materiale di seconda scelta. Il campanello d’allarme lo aveva ascoltato un anno fa: due gol dal Brasile a Londra, tre in Sudafrica in due confronti impari. Aveva finto di sottovalutarlo ma ne aveva preso nota senza immaginare lo sconquasso. «Non pensavo di rivincere il Mondiale - ammette - ma ero sicuro che si sarebbe fatto di più. D’accordo che il nostro calcio non attraversa un buon momento, però non può essere questo». E ancora: «Mi sarei aspettato tutto tranne che il primo tempo contro la Slovacchia. Questa squadra poteva fare certe cose e se non le ha fatte è perché non l’ho preparata a dovere: non ha giocato, pressato, costruito. Niente. Mi è esplosa tra le mani senza avvisaglie: non eravamo stati brillantissimi nelle prime due partite, ma se ci fossimo confermati a quei livelli avremmo fatto di più e la colpa è di chi l’ha preparata, costruita, messa in campo. Non lo dico per fare la vittima né per evitare i processi che ci saranno: mi sono già autocondannato perché la responsabilità è sempre del capo. Credo di avere avuto una parte importante nei successi, ce l’ho in questa sconfitta».
Non è un uomo per cui si può nutrire tenerezza. A volte riesce a essere detestabile. Ma, adesso, senza corazza e respingenti, Lippi diventa se stesso. Persino eccessivo nel caricarsi tutte le colpe, come se avesse mandato in campo i bambini da portare per mano e non professionisti che dovrebbero cavarsela senza la maestrina dell’asilo. Non ammetterà mai la verità. Cioè che si può parlare, e lui lo ha fatto troppo, di gruppo e di motivazioni ma sono gran balle se alla base non esiste la qualità e il talento tecnico. L’errore è stato di non cercarli, ammesso che ci fossero fuori dall’Italia che ha portato qui. «Io credo ancora fortissimamente in questi giocatori - insiste -, non posso pensare che siamo quelli visti qui. Quanto sarà difficile per il nostro calcio risollevarsi da tutto questo? Non lo so. Al mio successore faccio gli auguri di riuscirci il più presto possibile. A tutti dico grazie per questi 4 anni in parte fantastici e in parte molto deludenti». A cosa si riferisce? «Al modo in cui ho finito. Non mi aspettavo una partita così». Nemmeno noi.