Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 24 Giovedì calendario

DIECI MILIONI DI EURO CON GARANZIE FITTIZIE COS VERDINI APR I FORZIERI DELLA SUA BANCA A FUSI - FIRENZE

Nella complessa ricostruzione giudiziaria dei rapporti tra Denis Verdini e il suo "Credito Cooperativo Fiorentino" con Riccardo Fusi e la sua "Baldassini Tognozzi Pontello" (Btp), c´è un nuovo passaggio. L´inchiesta dei pubblici ministeri Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini condotta sui finanziamenti bancari ottenuti nel tempo da Fusi, ha infatti acquisito prove sufficienti a documentare il "trucco" architettato per "mettere a posto" le carte del Credito Cooperativo necessarie a giustificare in bilancio il perché si tennero aperti i rubinetti del credito utili a puntellare un colosso delle costruzioni che aveva scoperto di avere i piedi di argilla. A spiegare con quale artificio - parliamo di decine di contratti di compravendita immobiliare farlocchi offerti in garanzia da Btp - fu possibile per questo piccolo istituto di Campi Bisenzio arrivare a impiegare nel 2008 fino a un quinto del suo patrimonio di 70 milioni di euro per sostenere un gruppo che aveva per altro raggiunto un´esposizione complessiva verso l´intero sistema bancario che superava gli 800 milioni di euro.
Per Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, presidente del "Credito" e oggi indagato per corruzione a Firenze (per l´appalto della Scuola marescialli), Roma (l´indagine sull´eolico), L´Aquila (gli appalti della ricostruzione post-terremoto ottenuti dal "Consorzio Federico II") è una pessima notizia. Perché, per dirla con le sue parole, in questa banca c´è la sua «vita». Perché questa banca è stata, se ha ragione il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, anche la stazione di transito delle tangenti (800 mila euro) che avrebbero convinto Verdini a spendersi personalmente per facilitare l´avventura dell´eolico in Sardegna di una cordata di imprenditori amici. E perché gli ispettori della Banca d´Italia, dopo due mesi di indagine, hanno portato a termine il loro lavoro e si preparano a licenziare le loro conclusioni e raccomandazioni.
Cosa si è scoperto, dunque, nella "pancia" del Credito Cooperativo?
Quando questa storia comincia - è la metà del febbraio scorso - appare uno di quei puzzle da rompersi la testa. E per questo Denis Verdini, che della banca è il presidente, usa argomenti semplici. Spiega che un conto è l´attività di lobbying a favore di Fusi in cui si è speso al ministero delle Infrastrutture e a Palazzo Chigi per motivi di «antica amicizia», altra questione sono le scelte operative del "Credito" e gli affidamenti concessi alla "Btp". In fondo, dice, la banca non ha fatto altro che partecipare, per una quota "modesta" (10 milioni di euro), a un pool di istituti che hanno aperto al costruttore linee di credito per un totale di 150 milioni. Aggiunge - come del resto fa Marco Rocchi, suo avvocato e vicepresidente del Credito - che «tutti gli affidamenti sono regolari, perché garantiti da pegni e ipoteche».
La procura di Firenze iscrive al registro degli indagati il direttore generale del "Credito", Piero Italo Biagini, e Riccardo Fusi. E con loro Riccardo Baronti, funzionario della Bnl (altra banca che ha partecipato al pool di finanziatori di Btp). Quindi, comincia a esaminare il complesso intreccio societario che, nel tempo, ha annodato le famiglie Verdini e Fusi. Un grumo capace di accreditare la suggestione che i due si muovano o addirittura siano "soci di fatto". Anche nel "Credito Cooperativo", non fosse altro per la curiosa presenza nel collegio arbitrale della banca di Monica Maniscalchi, che di Fusi è la segretaria. Finché, il Ros dei carabinieri e i consulenti della Procura non cominciano a mettere in fila i documenti sequestrati al "Credito". In quelle carte, ci sono le "garanzie" offerte nel tempo da Fusi per l´accensione delle sue linee di credito. Quelle che fanno dire a Verdini che «tutto è in regola». Ma che ad una prima verifica svelano il "trucco".
Si tratta di almeno una decina di contratti preliminari di compravendita di immobili. Che hanno due caratteristiche. Entrambe cruciali. La prima: i contraenti dei preliminari sono sempre persone fisiche o società del gruppo Btp. Chi vende e chi compra, insomma, appartiene alla stessa famiglia. La seconda: i contratti preliminari, invariabilmente, non si perfezionano mai. Vengono regolarmente stipulati prima che Fusi li presenti al "Credito" quale garanzia degli affidamenti che chiede. E, altrettanto regolarmente, non hanno nessun seguito una volta che gli affidamenti bancari sono stati ottenuti. «Insomma - spiega un investigatore - gli immobili oggetto della compravendita e offerti in garanzia non passano di mano. La banca, a quel punto, non eccepisce. Ma le carte sono a posto per chi dovesse fare un controllo superficiale». La scelta dell´aggettivo - «superficiale» - non è casuale. Il sistema utilizzato da Fusi con il "Credito cooperativo" è infatti speculare a quello impiegato per attingere alle linee di credito di Bnl. Solo che, in questo caso, la governance della banca si dimostra avvertita e, ad un certo punto, mangia la foglia, spiazzando il dirigente "distratto" che tratta la pratica "Btp" (Baronti).
Si vedrà ora cosa la vigilanza della Banca d´Italia avrà da dire su queste garanzie immobiliari di cartapesta. Come del resto sull´altra circostanza - solare - che l´inchiesta della Procura ha sin qui documentato. Che il "Credito Cooperativo", a dispetto del suo statuto che lo vorrebbe cassa a sostegno della piccola e media impresa, operò al contrario come una banca d´affari. Anche grazie al permanente conflitto di interesse del suo presidente, Denis Verdini, banchiere e politico.