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 2010  giugno 23 Mercoledì calendario

CONSULTORI NIENTE DONNE SOLE

Nelle prime dieci pagine la parola donna c’è scritta solo due volte. In una proposta di legge che intende ”riformare e riqualificare” i consultori nel Lazio, strumento a disposizione delle donne, queste non sono considerate.
La prima firmataria è Olimpia Tarzia, consigliere regionale del Popolo della libertà, una tra i fondatori del Movimento per la vita italiano. Il suo nome aiuta a leggere con più chiarezza un’opera-zio-ne speculativa ai danni di un servizio pubblico promosso dalle Asl, il cui scopo è quello di offrire sostegno medico e psicologico a pazienti di varia natura, non solo per quanto riguarda l’aborto.
I dati raccolti dall’agenzia pubblica Laziosanità dimostrano che solo la metà delle interruzioni volontarie di gravidanza passano attraverso i consultori. Le altre, direttamente dagli ospedali o dai medici di base. Ma per la Tarzia, e per altri 42 promotori, i consultori familiari sono ”strutture deputate a fornire in modo asettico servizi sanitari o para-sanitari” che devono diventare ”istituzioni volte a sostenere e promuovere la famiglia e i valori etici di cui essa è portatrice”. La proposta, riga dopo riga, assomiglia più a un manifesto ideologico che a una legge. ”L’articolato persegue l’obiettivo di fare delle strutture consultoriali il punto di riferimento nell’azione di promozione dei servizi alla famiglia”, si legge nella proposta. Di tutte le donne che fanno ricorso ad un servizio gratuito perché in difficoltà, perché sole o immigrate, neanche l’ombra. Del trauma subito dalla donna che deve affrontare un aborto, nemmeno. Il consultorio familiare, infatti, istituito con la Legge 405 del 1975, ha lo scopo di intervenire in sostegno alla famiglia o al singolo che vi faccia ricorso. Se passasse la nuova norma, il suo compito sarebbe quello di ”vigilare sulla famiglia”.
”Questa proposta è un obbrobrio. Il messaggio che si vuole far passare è quello che i consultori servano solo per abortire – spiega Giulia Rodano, consigliere regionale dell’Italia dei valori – che è del tutto falso. In più la legge introduce una palese violazione della 194 quando prevede che la donna debba fare un doppio percorso per l’interruzione di gravidanza. Il percorso è uno e uno solo”. La nuova normativa, infatti, delinea ”un percorso obbligatorio distinto in due procedimenti. Il primo di accoglienza, proposta di soluzioni concrete per prevenire l’interruzione volontaria di gravidanza e il secondo – attivabile solo quando la donna rifiuti il consenso informato alle proposte del consultorio – disciplinato dalla 194”. Al diritto acquisito, quindi, si arriva solo firmando una rinuncia. E potrebbero partecipare ai consultori pubblici ”solo le associazioni portatrici della cultura familiare”. Tradotto: una privatizzazione in pectore. ”Si tratta di una vessazione – aggiunge Giulia Rodano – e le firme in calce dimostrano che a nessuno frega niente della donna, si vuole solo trasformare quello che loro intendono peccato, in reato”. Dei 42 promotori quattro sono consiglieri del Partito democratico: Mario Mei, Francesco Scalia, Claudio Moscardelli e il vicepresidente del consiglio regionale, Bruno Astorre. L’iniziativa ha spaccato il partito, e il consigliere Enzo Foschi ha chiesto ai colleghi di ritirare la loro firma: ”La proposta è aberrante – dice Foschi – è semplicemente un’operazione contro l’aborto e per privatizzare i consultori. Ho chiesto ai consiglieri del Pd, che hanno firmato individualmente, e non a nome del partito, di tornare indietro per evitare orrori. Questa posizione non rispecchia nemmeno quella nazionale e comunque prima se ne sarebbe dovuto discutere e presentare una norma alternativa se davvero necessario”. La proposta approderà in Commissione nei prossimi giorni. L’Italia dei valori annuncia battaglia. Una parte del Partito democratico, anche.