Varie, 23 giugno 2010
MANOVRA INGLESE
George Osborne (ministro del Tesoro) ha presentato la manovra economica inglese. Un intervento da 40 miliardi di sterline l’anno, 32 di tagli alla spesa e 8 di tasse, che entro il 2015 ridurrà il deficit da 149 a 20 miliardi. Prinicipali punti della manovra: Iva che passa dal 17,5 al 20%, per incassare 13 miliardi senza alzare le tasse (in realtà, si tratta di una tassa indiretta). Stipendi degli statali che vengono congelati per due anni, benefici per i bambini per tre, tagli per i singoli ministeri fino al 25%. Il welfare subirà tagli da 11 miliardi, ma saranno garantiti i 900 mila lavoratori più poveri e le pensioni saranno collegate ai salari e non all’inflazione. Niente Iva per vestiti da bambino, libri, giornali e riviste. Nessuna tassa su alcol, fumo e benzina, ma controlli più duri sui presunti disabili. Due miliardi di tasse per le banche e basta benefici per i proprietari di case. (Andrea Malaguti, La Stampa 23/06/2010)
La tassa sulle banche è stata accolta positivamente anche da Germania e Francia. I tre paesi hanno deciso di parlare con una sola voce al G20 che si terrà a Toronto nel week end. (Rodolfo Parietti, il Giornale 23/06/2010) Annunciano infatti l’intenzione di presentare al summit una proposta per una tassa globale «basata sugli utili delle banche». Il Governo italiano non la vuole. Fonti diplomatiche spiegano che «non si capisce il presupposto della tassa», che andrebbe magari bene se applicata agli istituti che sono stati salvati, «ma non su tutti quanti». Finirebbe per essere «una penalizzazione per le aziende che non hanno avuto bisogno di nulla». (Marco Zatterin, La Stampa 23/06/2010)
La cura ricostituente inglese tocca le famiglie (aumento dell’Iva e ridimensionamento del welfare), i risparmiatori (tassa sulle plusvalenze finanziarie), le banche (prelievo dello 0,04 nel 2011, poi dello 0,07 calcolato sullo stato patrimoniale). Le buone notizie riguardano le imprese: la «corporation tax» cala dal 28 al 27 per cento nel 2011, poi al 24. Misura che ha lo scopo di incentivare gli investimenti e il lavoro, visto che il tasso di disoccupazione previsto nel 2010 è dell’8,1 per cento. Quaranta per cinque fa duecento: duecento miliardi di sterline (239 miliardi di euro) fra risparmi e maggiori incassi fiscali da oggi al 2015. Misure che servono per garantire la crescita dell’1,3 per cento nel 2010 e salire fino al 2,7 nel 2015-2016. Si salvano dal ridimensionamento due capitoli: la sanità e gli aiuti internazionali, e viene innalzata di mille sterline la soglia di esenzione fiscale: sulle prime 7.475 sterline di reddito annuale nessuna imposta. C’è da aggiustare il deficit di 149 miliardi di sterline nel 2010, il 10,1 per cento del prodotto interno lordo, e riportarlo nel 2015 a 37 miliardi. Pagano anche i risparmiatori e la City. Le rendite generate dalle transazioni di capitali (escluse le prime diecimila sterline) saranno sottoposte da subito, dalla mezzanotte, a imposizione: resta invariata al 18 per cento per i piccoli risparmiatori, sale al 28 per cento per i risparmiatori con aliquota fiscale. Rimane boccata a 7,9 miliardi la quota (la «civil list») che lo Stato garantisce alla Regina. Le ricadute superiori si avranno nell’area del ceto medio, a causa degli interventi sugli stipendi e sull’Iva. Le banche con bilancio superiore ai 20 miliardi di sterline, compresi quelle stranieri con licenza di operatività a Londra, saranno tenuti a versare un balzello crescente (dallo 0,04 allo 0,07 dei rispettivi stati patrimoniali) che porterà ogni anno 2 miliardi di sterline nella casse dello Stato (Fabio Cavalera, Corriere della Sera 23/6/2010).
Gergie Osborne, Ministro dello Scacchiere, il titolo del ministro del Tesoro: una manovra «dura ma giusta», «fa pagare i sacrifici di più ai ricchi e meno ai poveri», ma «dobbiamo affrontare il deficit tutti insieme e tutti pagheranno qualcosa». Quello attuale è il deficit peggiore della storia del Regno Unito, «il più alto in Europa, con l´eccezione dell´Irlanda», ha detto Osborne, sottolineando che «una sterlina ogni quattro che spendiamo è presa in prestito». una grossa sfida per la coalizione formata Tories e lib-dem, specie per i liberal, tendenzialmente di simpatie progressiste (che infatti si sono beccati le critiche della Harman, laburista: «Avete sacrificato tutto quello in cui credevate per salire sulle auto ministeriali e stare a rimorchio dei conservatori»). La Gran Bretagna avrà un autunno caldo. E c´è il rischio che i tagli rallentino la ripresa, come hanno ammonito Gordon Brown e ora anche Obama. Ma la prima reazione del mercato è positiva e la sterlina recupera. (Enrico Franceschini, la Repubblica 23/6/2010)
Il provvedimento è stato accolto alla Camera dei Comuni con boati, fischi, insulti. Harriet Harman, leader dei laburisti: «Il Paese diventerà più povero, la disoccupazione crescerà e in cambio di che cosa? Di qualche macchina di rappresentanza. Avete rinnegato il vostro programma elettorale». Era dal 1979 che non si registrava una manovra così dura. La Thatcher era primo ministro, razionalizzò l’elettricità, abolì le miniere, raddoppiò l’Iva, privatizzò la Bp. Tra il ”79 e l’81 la disoccupazione raddoppiò. Poi la ripresa e la guerra vinta nelle Falkland. Paola Subacchi, direttore delle ricerche economiche internazionali di Chatham House: «Ma la Thatcher era una rivoluzionaria, il governo in carica si muove a spanne, schiavo di una coalizione che sui temi economici non sembra granitica. La manovra è dura, ma non cambierà la vita degli inglesi». (Andrea Malaguti, La Stampa 23/06/2010)
Mario Deaglio su La Stampa, vedere Frammento 214398