Claudio Del Frate, Corriere della Sera 23/06/2010, 23 giugno 2010
E A PIACENZA LO SCAMBIO LAVORO-DIRITTI C’E’ DA 15 ANNI
L’ultimo giorno di sciopero alla Lpr di Agazzano risale a quindici anni fa e mentre tutte le fabbriche d’Italia fanno i conti con licenziamenti e fermate forzate qui non è stato fatto un solo giorno di cassa integrazione.
«E qui il sindacato entra quando vuole; abbiamo pure buoni rapporti».
Bè sull’ultima domanda Luciano Arici, titolare della Lpr (componenti per auto, Formula 1 compresa), magari esagera un po’ visto che in passato sono volate denunce e Arici si è guadagnato la fama di «duro» nei rapporti con la controparte. Ma lui è un imprenditore che la linea adottata da Marchionne a Pomigliano, l’ha anticipata di un ventennio. Basta dare retta al «credo» che lui enuncia all’inizio di ogni conversazione: «In fabbrica si viene per lavorare e nella mia ho creato la cultura giusta».
La «cultura giusta» di Luciano Arici è fatta di una regola fondamentale e molto sintetica: «Se c’è un fannullone sono i suoi colleghi per primi a isolarlo e a fargli cambiare atteggiamento, perché il fannullone danneggia prima di tutto i suoi colleghi».
Partito da una officina meccanica a Brescia, nel ”77 Arici si è trasferito a Piacenza e oggi conta su un gruppo da 700 dipendenti. La crisi, fino a oggi, è stata un vento che non ha riguardato la Lpr.
«Ho la fila fuori della porta di gente che mi chiede di lavorare. Prima di assumerli parlo di persona con ciascuno di loro e scelgo io chi entra in fabbrica. Sono disposto ad ascoltare i problemi di tutti, ma una volta che uno entra in fabbrica mica viene preso a frustate però fa quello che dico io. Se qualcuno fa il furbo lo richiamo subito all’ordine».
Viene da chiedere se il sindacato lascia fare e davvero non pone mai questioni.
«Questioni ce ne sono e si cerca sempre di ragionare. Ma il sindacato qui ha capito che in un mondo globalizzato la cosa più importante è essere competitivi. Ho una fabbrica anche in Cina e là un operaio, dopo gli ultimi aumenti salariali prende 92 euro al mese. Nella mia azienda la busta paga è di 1000 - 1.500 euro. Ai miei dipendenti non manco mai di ricordarlo: o sei produttivo, in grado di tenere testa al mondo intero oppure si va tutti a spasso».
Arici, in definitiva, non si sorprende del comportamento tenuto da Marchionne a Pomigliano. «Anzi, mi è piaciuto molto. Certi comportamenti non sono più ammissibili nella fabbrica di oggi. Prendete il caso della malattia: chiunque va dal medico, dice che ha mal di testa e si vede assegnare dei giorni di riposo. Non c’è alcun tipo di controllo, di sanzione, nemmeno per il medico compiacente. Del resto solo in Italia abbiamo dei ciechi che hanno la patente e guidano l’auto».
Claudio Del Frate