Maurizio Carucci, Avvenire 23/6/2010, 23 giugno 2010
GENOVA, LE CRAVATTE DI QUALIT «SFIDANO» LA QUARTA GENERAZIONE
La signora Giuseppina Marini sta preparando il nuovo campionario di cravatte. Anche se è molto indaffarata, con gentilezza e disponibilità si racconta: ha voglia di trasmettere la passione per il suo lavoro.
«Sto portando avanti una tradizione familiare giunta alla quarta generazione – spiega l’artigiana ”. Il laboratorio era stato fondato a Genova agli inizi del Novecento dagli zii di mio marito. Sto continuando a realizzare cravatte, sciarpe e accessori per uomo, ma anche per donna». In questo piccolo negozio di circa 60 metri quadrati, in un palazzo del Cinquecento nel centro storico genovese, il tempo sembra essersi fermato. Tranne la macchina per cucire elettrica, tutte le fasi della lavorazione sono eseguite a mano. Ed è la stessa artigiana a scegliere i tessuti di qualità: seta (dalle seterie di Como), lana e cachemire. E gli abbinamenti di colori. In genere servono dalle due alle tre ore per arrivare al prodotto finito. La cravatta continua a essere di moda: poteva sembrare quasi in declino, obsoleta. Ma non è così. «Oltre a una clientela che ha più di 50 anni – sottolinea la Marini ”, molti trentenni e quarantenni sono attratti da questo accessorio. La nostra esclusiva è la cravatta ricamata come, per esempio, quella ’al pesto’: manciate di foglioline e fiori di basilico, alternati a tanti piccoli mortai con il pestello. Possiamo applicare disegni e personalizzare a seconda delle esigenze del cliente: le proprie iniziali; lo stemma della città, dell’azienda per cui si lavora, della squadra di calcio per cui si tifa, del circolo di tennis o del club di golf a cui si è iscritti».
Chi pensava che questo accessorio fosse in declino, deve ricredersi. Le richieste, infatti, non mancano. Oltre alla fattura di una o due cravatte su misura per i clienti più esigenti, a fine anno ci sono gli ordini per i regali aziendali o per il personale di una catena alberghiera di lusso. Le cravatte Marini, infatti, fanno il giro del mondo, e qualcuna è addirittura annodata al collo di qualche personalità eccellente. Guai, però, a chiedere i nomi. La signora Marini – su questo punto – è riservata. L’artigiana viene dalla gavetta. cresciuta in un ambiente maschile in cui la cravatta non solo era un obbligo, ma la si produceva. Ed è quindi abituata a riconoscere i gusti e le tendenze. «La prima regola – precisa – è avere un rapporto di fiducia con le persone che si servono da me. Purtroppo mi spiace per i giovani. Nessuno vuol venire in laboratorio e imparare questo mestiere. Non vogliono fare sacrifici: vogliono guadagnare in fretta. In questo lavoro, invece, non esiste orario, bisogna essere disponibili. Ma soprattutto è necessaria la passione. La seta è viva. I disegni e gli abbinamenti di colori devono essere scelti con gusto. Insomma bisogna amare questo mestiere». L’artigiana, prima di riprendere la sua attività, ci dà un’anticipazione modaiola: oltre alle cravatte classiche, sembrano piacere sempre di più quelle con i colori brillanti.