Francesco Spini, La Stampa 23/6/2010, 23 giugno 2010
PI RICCHI CON LA CRISI TORNA A CRESCERE IL NUMERO DEI PAPERONI
C’è la crisi, ma i ricchi non piangono. Anzi. Per loro sembra già finita, evaporata: nel 2009 il club dei miliardari torna affollato come lo era nel 2007, prima che Lehman Brothers fallisse e il cataclisma finanziario avesse inizio. La conta, come ogni anno, la fa uno studio mondiale di Merrill Lynch e Capgemini ed è questa: su piazza ci sono 10 milioni di persone che vantano almeno un milione di dollari (in euro fanno circa 815 mila) di patrimonio, prima casa esclusa. Rispetto al 2008, quando si registrò un tonfo dovuto ai primi effetti delle turbolenze, sono il 17,1% in più, a un’incollatura dai 10,1 milioni del 2007. Crescita pressoché fotocopia per la ricchezza, che ha potuto giovarsi del recupero delle Borse, delle materie prime e dei fondi speculativi: in tasca ai Paperoni mondiali c’erano 40.700 miliardi di dollari nel 2007, 32.800 nel 2008, l’anno scorso son tornati a quota 39 mila, +18,9%. Con una sorpresa: l’Asia - grazie a una maggior crescita - supera l’Europa nella conta del patrimonio in mano ai più ricchi, 9.700 miliardi (+30,9%) contro 9.500 (+14,2%). E pareggia in termini di Paperoni: 3 milioni ciascuno. Se poi cercate i super nababbi, con più di 30 milioni di dollari (24,4 milioni di euro), sono appena 93 mila, lo 0,9% dei ricchi, ma da soli hanno il 35,5% della ricchezza di questa cerchia, e il loro gruzzolo è salito del 21,5%.
L’Italia in mezzo a tanto luccichio non sfigura. A vantare un patrimonio a sei zeri in dollari sono in 178.800, in crescita del 9,2% (in Europa il dato sale del 12,5%) sui 163.700 del 2008 ma ancora sotto i 206 mila del 2007. Nella crescita italiana conta l’effetto scudo (il rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente all’estero, iniziato a fine 2009) anche se nel calcolo da sempre entra anche la stima del «nero», delle somme insomma che vengono tenute nascoste al Fisco. A spingere l’italica ricchezza sono stati come altrove il +25,6% segnato nella capitalizzazione di Borsa, la discesa del tasso interbancario dal 4,6 dell’anno prima all’1,2%, il calo dell’inflazione e la crescita del 3,1% dei prezzi delle case.
Se il 53,5% dei ricchi è ancora concentrato tra Stati Uniti, Giappone e Germania, in futuro il loro indirizzo sarà sempre più dei Paesi che fino ad oggi abbiamo chiamato emergenti, con Cina e India a farla da padrone. L’anno passato, come detto, c’è stato lo storico sorpasso dell’Asia sull’Europa. In effetti la crescita più violenta si registra a Hong Kong, dove la popolazione di ricchi è cresciuta del 104,4%, seguita da India (+50,9%), Israele (+42,7%) e Taiwan (+42,3%). Resta bassa nei numeri (100 mila ricchi) l’Africa, che registra però un +13,2%, che diventa un +20,2% in termini di ricchezza, merito dell’abbondanza di materie prime, sfruttate però da un èlite assai ristretta.
Che ci fanno, questi ricchi, con tutti i loro soldi? Li investono. Sul piano finanziario, l’anno passato hanno scelto meno liquidità e più obbligazioni (dal 29 al 31% del portafoglio) e azioni (dal 25 al 29%), con una propensione alla diversificazione geografica. La parte di portafoglio destinata agli investimenti in Estremo Oriente passa dal 19% del 2008 al 22% del 2009; si prevede che arriverà al 25% entro l’anno prossimo, a scapito di Europa e Usa. Gli altri investimenti dei ricchi finiscono nelle loro «passioni». Che non sono quelle dei comuni mortali.
In cima c’è il collezionismo di lusso, salito dal 27 al 30% di questa categoria di investimento. Mica son francobolli. Sono auto di lusso, jet, yacht, la cui domanda è salita soprattutto in Asia. Al secondo posto della torta restano gioielli, gemme e orologi, che crescono dal 22 al 23%. L’arte resta tra le scelte principali di investimento alternativo ma crescono anche le spese per cimeli, monete, antichità, vini di pregio. E piace sempre più investire nello sport: che vuol dire più cavalli da corsa, ma anche più quote in team sportivi. Nel 2009 si destinano più soldi alle attività filantropiche, ma cresce anche la spesa per viaggi, benessere e salute. Tempi più duri, invece, per i beni di consumo di lusso. Il 28% dei ricchi giura che, nonostante i soldi, rinuncerà a spendere follie per una scarpa, un vestito o una borsetta. Dopotutto, c’è pur sempre la crisi.