Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 22/06/2010, 22 giugno 2010
DAL BOUNTY ALLA DC. I RIBELLI CHE FANNO STORIA
Domenech come il comandante William Blight, Anelka e i Bleus come il tenente Christian Fletcher e gli ammutinati del Bounty. «Questo Mondiale passerà alla storia per la ribellione dei miei colleghi francesi, e questo è molto grave» sentenzia nella sua conferenza stampa mercenaria Zinedine Zidane, che pure in passato ha avuto i suoi colpi di testa. Tutta la Francia condanna gli insorti e il loro sciopero dell’allenamento, che ha provocato pure l’intervento di Sarkozy. Eppure L’quipe, titolando a tutta pagina con l’insulto del centravanti nero al suo allenatore, ne ha fatto quasi un grido di liberazione dal satrapo che per anni ha tenuto in ostaggio la squadra, portandola alla finale di Berlino ma tormentandola con le sue ubbie zodiacali. Quasi un avvertimento per le signorie troppo prepotenti o troppo deboli, e per questo a rischio di essere sovvertite da una rivolta interna, non solo nel calcio.
Debole fu sempre quel galantuomo di Valcareggi, alla cui corte le ribellioni infuriarono. In Messico Rivera litigò con il capo delegazione Mandelli, e fu chiamato Rocco dall’Italia per mettere pace. In Germania Giorgione Chinaglia non si limitò al gestaccio in campo, nello spogliatoio fracassò contro il muro tutte le bottiglie d’acqua minerale in dotazione e abbandonò il ritiro; ancora a tarda sera non lo trovavano più. Negli Stati Uniti Baggio, sostituito da Sacchi nella seconda partita, uscì dal campo dicendo «è matto»; tra il c.t. e Signori finì quasi a colpi di sedie; resse il blocco milanista, che ci portò in finale. In Giappone si consumò contro Trapattoni un ammutinamento silenzioso: nessuna protesta plateale, ma i giocatori non prendevano sul serio un Trap ormai addolcito dall’età, non lo consideravano un vero leader, qualcuno si divertiva a fargli il verso dietro le spalle; il risultato fu l’ignominiosa eliminazione per opera della Corea del Sud e dell’arbitro Moreno. Nelle squadre di club è più semplice: quando i calciatori si coalizzano contro l’allenatore (quest’anno è successo alla Roma di Spalletti), il presidente lo caccia. Fece eccezione Ferlaino, che a Napoli tenne duro su Bianchi, provocando l’aperto ammutinamento dei giocatori guidati da Maradona; che qui in Sudafrica invece comanda la sua squadra avendone conquistato il cuore.
Non è un caso che il primo ammutinamento del Mondiale sia avvenuto in campo francese. Oltralpe anche la storia politica procede non in forme progressive ma a strappi: i moti del 1789, del 1830, del 1848, la Comune del 1871. Alcuni furono ammutinamenti in senso tecnico: come nel 1917, quando dopo le sanguinose e vane offensive del generale Nivelle sullo Chemin-des-Dames interi reparti gettarono le armi, e furono convinti a riprenderle dai plotoni d’esecuzione; e ancora nel 1997 Chirac e Jospin litigarono se fosse giusto o meno riabilitare i disertori. Nel 1962 è l’estrema destra a tentare un putsch contro il generale de Gaulle, che sta abbandonando l’Algeria: la legione straniera’ non meno assortita della nazionale di calcio in Sudafrica – aderisce alla rivolta, le truppe lealiste circondano la caserma di Sidi bel Abbes sventolando le bandiere con la croce di Lorena, i legionari si arrendono ma per rivendicare la ribellione escono cantando una canzone di Edith Piaf: «Non, rien de rien, non, je ne regrette rien...». Un po’ fascisti, ma pur sempre francesi.
L’ammutinamento più celebre resta quello della corazzata Potemkin, immortalato dal film di Eisenstein che, a dispetto del giudizio critico di Fantozzi, non è affatto noioso e condensa in un’oretta una storia prodigiosa: l’ammiraglia della flotta del Mar Nero insorge contro il dispotismo zarista – e le razioni di carne avariata piena di vermi ”, gli ufficiali minacciano di estrarre a sorte imarinai da fucilare, l’equipaggio prende il controllo della corazzata; l’insurrezione dilaga a Odessa, i soldati scendono la Scalinata Richelieu sparando sulla folla; le altre navi non si uniscono alla rivolta ma rifiutano di aprire il fuoco sulla Potemkin, che raggiunge indisturbata la Romania… La risposta di Hollywood, oltre alla saga del Bounty, sarà «L’ammutinamento del Caine», con Humphrey Bogart che interpreta il comandante pazzo di un cacciatorpediniere americano nella seconda guerra mondiale, avvezzo a vessare i sottoposti con la durezza di un Domenech.
Forse non è un caso neppure che l’ammutinamento francese sia avvenuto in Sudafrica. Un paese che, proprio per la sua posizione estrema, lontanissima dall’Europa, è stato retto con pugno di ferro da minoranze sempre esposte alle congiure: coloni contro la Compagnia delle Indie olandesi, afrikaner contro il governo britannico, e persino zulu contro il loro re Shaka. Dopo la morte dell’amatissima madre, nel 1827, l’imperatore nero impazzì di dolore: ordinò che dieci schiave fossero sepolte vive per tenerle compagnia, nessuna donna dovesse restare incinta per un anno pena la morte, e tutte le mucche fossero abbattute perché i vitellini provassero la sua stessa sofferenza; un complotto di cortigiani, guidati dai fratellastri Mhlangane e Dingane il Silenzioso, lo spazzò via. Andò peggio ai cinque ammutinati boeri che guidarono una sedizione antinglese: sconfitti e condannati all’impiccagione, erano talmente grassi che la corda si spezzò sotto il peso di quattro di loro. I familiari piangenti supplicarono i funzionari della corona di concedere la grazia; furono impiccati uno per uno con l’unica corda buona. Nulla, in confronto alla pagina più nera della storia coloniale britannica: le stragi con cui nel 1855 fu stroncato il «Great Mutiny» dei sepoi, che rifiutavano di spezzare con i denti le cartucce, convinti che fossero unte di grasso di vacca e di maiale, intoccabile per induisti e musulmani.
Al confronto, le trame della politica italiana appaiono bonarie. Ma anche a Palazzo si sono consumati ammutinamenti contro uomini forti che parevano inattaccabili. Il Gran Consiglio del 25 luglio, con il genero Ciano contro il suocero Mussolini, resta l’esempio più celebre. Pure la storia democristiana è ricca di congiure dai nomi immaginifici, dai «giovani turchi» – tra cui Cossiga – che furono chiamati come i cospiratori che avevano preso il potere a Istanbul deponendo il sultano Abdulhamid II, ai dorotei che con apparente mitezza presero il nome da un convento. Adesso il capo degli ammutinati, per quanto ridotti di numero, è Fini. Quanto all’opposizione, ieri di destra oggi di sinistra, ormai «insorge» quasi tutti i giorni; e quasi sempre invano.
Aldo Cazzullo