Varie, 22 giugno 2010
BOOM DEL CIBO HALAL IN EUROPA NEL 2009: 6,7 MILIARDI DI DOLLARI
Oggi ha qualche problema tecnico di server, che i suoi promotori attribuiscono senza alcun dubbio a una forma di boicottaggio a stelle e strisce.L’Fbi,dal canto suo, ha qualche sospetto di infiltrazioni. Eppure, nonostante le difficoltà e gli stop, ha già superato quota 330mila iscritti e viene definito «la versione halal di Facebook». Millatfacebook. com è nato questa primavera in Pakistan e adatta il concetto di social network ai dettami della Sharia: si parla e ci si cerca, ma vige il divieto di caricatura blasfema, per esempio, e ci sono aree separate per uomini e donne. Soprattutto, Millatfacebook è la dimostrazione che quello dei prodotti e dei servizi halal, studiati sulle esigenze di consumatori musulmani rispettosi dei precetti religiosi, è un mercato in espansione pronto a inglobare di anno in anno sempre nuovi settori. Tutto è cominciato con gli hamburger e le creme per il corpo, poi sono arrivate le medicine e gli alberghi, e ora anche il filone della tecnologia.
Di tutte le potenzialità del marchio halal si parla da ieri a Kuala Lumpur, dove è cominciato il quinto forum mondiale dedicato al comparto.Il suo giro d’affari globale è stimato attorno ai 2.100 miliardi di dollari, ma agli operatori piace sottolineare soprattutto un dato: che il mercato più in crescita è quello europeo, dove abitano ormai più di 50 milioni di musulmani con potere d’acquisto crescente. Nel 2009, soltanto in cibo halal, il Vecchio continente ha speso 6,7 miliardi di dollari.
Multinazionali come Nestlé, Gsk o Carrefour hanno da tempo fiutato l’affare e offrono soluzioni Sharia-compatibili nei supermercati di tutto il mondo. I produttori musulmani sono sbarcati in Europa in cerca di nuovi clienti. E ora anche le aziende occidentali hanno deciso di farsi avanti e di giocare in trasferta, a caccia di spazio in mercati evoluti per quanto riguarda il concetto di ha-lal, come quello malese. Proprio pochi giorni fa il gruppo francese Glon ha annunciato di voler costruire sulle coste orientali della Malaysia uno stabilimento per l’allevamento di polli trattati secondo i dettami della Sharia. E di marchi halal hanno parlato di recente a Kuala Lumpur il ministro francese per il Commercio estero Anne- Marie Idrac e il suo omologo malese Mohamed Mustapa: l’obiettivo è quello di uniformare le certificazioni in vigore a Parigi con quelle malesi, in modo da aprire il mercato locale ai prodotti agricoli made in France.
Anche l’Italia si sta attrezzando: giovedì alla Farnesina verrà firmata la Convenzione interministeriale di sostegno al progetto «Halal Italia», che punta a creare un marchio italiano che certificherà la conformità alle leggi coraniche dei prodotti made in Italy dei settori alimentare, cosmetico e farmaceutico. L’iniziativa coinvolge i ministeri di Esteri, Salute, Politiche agricole e Sviluppo Economico, accanto alla Comunità Religiosa Islamica italiana (Coreis).