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 2010  giugno 22 Martedì calendario

CAORSO DICE ADDIO ALL’ULTIMO URANIO

Domenica mattina sotto l’acqua che cadeva al rovescio, con il Po gonfio di piena che mulinava veloce sul filo della corrente gorghi di fango portato dal Piemonte e dalla Lombardia, la centrale nucleare di Caorso ha chiuso la sua storia. Sono partite in treno per la Francia le ultime 64 delle 1.032 barre di uranio usato, cariche di radioattività, dopo più di vent’anni di riposo nelle piscine nucleari a fianco al reattore Arturo nelle quali i raggi gammacoloravano l’acqua di sorprendente azzurro Cerenkov. Conclusa l’operazione – segretissima e presidiatissima ”i dipendenti hanno brindato in mensa.
La centrale Enrico Fermi detta Arturo dai piacentini fu costruita dal ’70 alla primavera del ’78 su una golena dietro l’argine maestro del Po, a fianco della frazione Zerbio. Fino ad allora Caorso era una borgata nobile e agricola a ridosso del fiume, con la rocca dei Mandelli, la parrocchiale dell’Assunta, i contadini che alle 6 di mattina entravano nel caffè e parlavano del raccolto delle ciliegie davanti a un bicchiere di bianco. Arrivarono gli ingegneri dell’Ansaldo, dell’Enel e della General electric – la cravatta, l’elmetto giallo e i progetti arrotolati sotto il braccio – e nel ’78 la centrale era pronta. Il 1? dicembre ’81 cominciò la produzione di chilowattora e lavorò fino all’86, in tutto 29 miliardi di chilowattora. La centrale aveva bisogno di investimenti ed era ferma quando arrivò il referendum antinucleare del novembre ’ 87, lasciandola con il suo carico di 190 tonnellate di uranio irraggiato. Si stima che lo smantellamento costi, tutto compreso, 450 milioni. Oggi la centrale non è dell’Enel ma della Sogin, la società pubblica che gestisce il nucleare italiano. Domenica all’alba sotto la pioggia Caorso era tornata come quella di una volta; alle 6 di mattina nel caffè parlavano del raccolto delle ciliegie e già bevevano – fegatid’acciaio – il primo bicchiere di bianco commentando la prossima sagra di San Nazzaro alla quale non mancheranno Renzo e i Menestrelli e lo spettacolo della scuola di danza di Bollani Ettore e Bonizzoni Romana. Nella stazione ferroviaria, nel piazzale recintato della Sogin, aspettava il treno bianco, quattro carri blindati e resistenti alla radioattività più feroce. Come quarant’anni fa, sono arrivati poliziotti e ingegneri e hanno occupato il paese. Alle 9,30 dalla centrale a ridosso del Po è uscito il primo convoglio: bloccate le strade, scorta di polizia e pompieri in allestimento nucleare, artificieri, macchine cariche di ingegneri della Sogin, tre camion rossi della Fagioli portavano i contenitori verdi. Passando tra serre di zucche e campi di granturco, il ponte sull’autostrada Torino-Piacenza-Brescia, hanno costeggiato il cine Fox in stile littorio (ricorda un vecchio: «Il cine Fox della famiglia Fochi; lo inaugurarono con un film bellissimo di Uel Orsone». Era Orson Welles, forse "Terrore sul Mar Nero", 1943), hanno sfiorato il castello e hanno imboccato via della Stazione, chiudendo al traffico anche la vecchia strada nazionale lustra di pioggia. In tutto 3,7 chilometri. Nella stazione presidiata da tutti i lati, il carroponte blu e bianco della Sogin ha sfilato i cask con le barre di uranio e li ha calati nei vagoni bianchi. Alle 13,30 il corteo si è ripetuto: dalla centrale fino alla stazione con le ultime barre di uranio.
Il treno è partito per la Francia la sera sotto scorta. La destinazione è l’usine nucléaire dell’Areva sulla penisola del nez de Jobourg, a La Hague, in Normandia, dove saranno trattate le scorie. Poi, tra molti anni, la Francia ci renderà le scorie dopo il trattamento. Bisogna pensare al più presto a un deposito di stoccaggio, il nodo del programma nucleare italiano.
La centrale da domenica è vuota. La turbina da 860 megawatt era già stata smontata anni fa e fatta a fettine con la fiamma ossidrica. Un gruppo di imprese sta smontando tubazioni e cablaggi, divide rame, ottone e acciaio secondo il grado di radioattività. La storia della centrale è finita qui? Non è detto. Il programma nucleare del governo spinge l’Enel e la francese EdF verso un riutilizzo della centrale.
Si può riutilizzare? «Per niente. Di Arturo – dice il sindaco Fabio Callori, a capo di una giunta di centrodestra – può essere usato pochissimo ». Si parla di costruire una centrale nuova a fianco. Lo spazio a ridosso dell’argine non manca. «Sarà fondamentale il gradimento dei miei concittadini ». Quarant’anni a fianco della centrale non li ha resi né favorevoli né contrari. Si dividono in parti uguali, come la media degli italiani ascoltati dai vari sondaggi. «A spanne, parlando con i miei cittadini, direi che sono più o meno 50 e 50. Ma tutti sono soddisfatti di come hanno lavorato quelli della Sogin».