Pedro Armocida, Il Giornale 22/6/2010 Maurizio Caverzan, Il Giornale 22/6/2010, 22 giugno 2010
[2 art.] ROMA DOPPIONE DI VENEZIA. E CI COSTA 4 MILIONI Roma - Arriva l’estate, tempo di vacanze
[2 art.] ROMA DOPPIONE DI VENEZIA. E CI COSTA 4 MILIONI Roma - Arriva l’estate, tempo di vacanze. Ma c’è chi lavora alacremente. il mondo dei festival cinematografici, potenti macchine organizzatrici di cultura, red carpet e party (non sempre in questa virtuosa successione). Quando tutta l’Italia tornerà al lavoro,a Venezia aprirà la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica numero 67 (1-11 settembre 2010) e il suo direttore dal 2004, Marco Müller, è già nel pieno della battaglia per accaparrarsi i titoli migliori. Faccenda sempre più dura, almeno dal 2006, anno in cui il cinesindaco Walter Veltroni tirò fuori dal cilindro della sua politica culturale nazional-popolare una kermesse cinematografica di cui nessuno sentiva veramente il bisogno. Una sorta di entrata a gamba tesa nel già affollato panorama festivaliero. Così, appena si concluderà Venezia, ecco giungere il Festival Internazionale del Film di Roma alla sua quinta edizione (28 ottobre- 5 novembre 2010) che, in neanche un lustro e in attesa di trovare una sua vera identità, ha già cambiato nome (prima era «Cinema. Festa Internazionale di Roma ») e direttori (dai cinque curatori s’è arrivati al direttore unico, Piera Detassis). Due festival monstre in neanche due mesi sono sempre apparsi un’enormità (per tacere del Torino Film Festival in programma a ruota dal 25 novembre al 5 dicembre). Anche perché ad analizzare lecifre messe in campo per realizzarli si rimane un po’ colpiti. In pole position è il Festival di Roma che nel 2009 (dati già confermati per il 2010), può contare su un budget di 13,5 milioni di euro che, pur essendo molto lontano dal record dei 17 milioni e mezzo del 2007, è tuttora una cifra rilevante. Considerato anche che la manifestazione si svolge principalmente nell’Auditorium di Renzo Piano, gestito da uno dei soci fondatori del festival, la Fondazione Musica per Roma. Il Festival di Venezia deve invece sempre combattere con gli spazi al Lido e investire molti quattrini, in attesa della costruzione del nuovo Palazzo del Cinema previsto, in parte (solo la sala grande), per il prossimo anno (54 milioni dal Comune di Venezia, 31 milioni dallo Stato, 10 milioni dalla Regione Veneto), nell’allestimento di sale e spazi temporanei. Per far questo e per organizzare una manifestazione che, sia dal punto di vista artistico ma anche del glamour (che non guasta mai), non ha eguali in Italia, il festival, presieduto da Paolo Baratta, conta su un budget di 12 milioni e 600mila Euro. La ripartizione interna di tutti questi soldi è però, per certi versi, sorprendente. Al festival di Roma, presieduto da Gian Luigi Rondi, si conta molto sull’apporto degli sponsor privati che coprono i due terzi del budget mentre i restanti finanziamenti arrivano dai soci fondatori. Soldi pubblici così suddivisi: Regione Lazio, Comune di Roma, Camera di Commercio versano 1,1 milioni di euro ciascuno, la Provincia di Roma 600mila euro. Al Lido di Venezia i dati sono invece ribaltati, il 36 per cento proviene da ricavi propri e il 64 per cento da finanziamenti pubblici. Ma su questi, al contrario di Roma, non c’è neanche l’ombra di una sorta di federalismo fiscale, quasi 7 milioni di euro provengono dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (contributo sceso vertiginosamente di più di un milione rispetto al 2008-2009) e «solo » 245mila dalla Regione Veneto. Mentre il Comune di Venezia aiuta con le strutture sul territorio. Insomma in due mesi in Italia per vengono spesi circa 26 milioni di euro di cui quasi la metà di fondi pubblici per festival del cinema. Magari è giunto il tempo di domandarsi se una tale politica cultural- economica sia la più giusta, considerando che in Francia (dati del 2008), puntano tutto su Cannes con 20 milioni di euro, in Germania su Berlino con 17 milioni e in Svizzera su Locarno con 12 milioni. Insomma, in Europa niente doppioni. Pedro Armocida, Il Giornale 22/6/2010 SPEGNETE QUALCHE LUCE ALLA FIERA DEI FESTIVAL In tempo di crisi i doppioni risultano ancora più superflui. E vanno eliminati. Per una questione di risparmio. Di scelte e politiche culturali. Anche di sobrietà. vero, l’Italia è il Paese dei campanili e noi quando possiamo sbagliamo per eccesso più che per difetto. E soprattutto è il Paese del cinema. Meglio: era. Ma con tutta la buona volontà, la Mostra di Venezia, con il suo contorno di motoscafi e Leoni d’oro, è più che sufficiente. Della sua replica romana a poche settimane di distanza si sente sempre meno il bisogno. In Francia, per esempio, dove vantano un rinomato festival che ha sede nella patinatissima cittadina di Cannes, nessuno si è mai sognato di proporne uno analogo a Parigi. I francesi non saranno mostri di simpatia, ma qualche volta ci azzeccano anche loro. Meglio concentrare le risorse su una manifestazione di grande prestigio anche all’estero anziché disperderle su due o più kermesse. La necessità di rivedere il calendario festivaliero nostrano diventa più stringente ora che la nuova finanziaria ha inaugurato la politica del rigore anche per gli enti locali. Chissà come faranno il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la governatora del Lazio Renata Polverini a giustificare le spese per il sempre meno indispensabile Festival Internazionale del Film di Roma. Nata nel 2006 dal genio di Walter Veltroni, all’epoca coadiuvato dallo zelo manageriale di Goffredo Bettini, poi capo della segreteria del candidato premier, la kermesse capitolina ha cominciato da subito a pestare i piedi alla primogenita Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia partorita nel lontano 1932. Soprattutto la prossimità delle date- prima decade di settembre per il festival lagunare e seconda metà di ottobre per quello romano - ha immediatamente creato polemiche. Con i dirigenti delle due manifestazioni a disputarsi film più o meno d’autore e soprattutto attori, attrici e attricette cui far calcare le rispettive passerelle sotto i flash dei fotografi per conquistare i titoli dei giornali. Chi consegnerà il premio alla carriera al cineasta più prestigioso? Dove sfilerà la madrina più sexy, la star più avvenente? Io schiero David Lynch... E io rispondo con Sean Connery... Io metto in mostra Monica Bellucci... E io sparo Catherine Deneuve... Io ho Penelope Cruz. E io Meryl Streep... La chiamano concorrenza: due festival sono meglio di uno; la rivalità potrà alimentare un circolo virtuoso... E via con il fair play. Annunciato e subito contraddetto alle prime schermaglie. Proprio le raccolte dei quotidiani alla vigilia dell’inaugurazione della Festa di Roma, così si chiamava Veltroni regnante, documentano liti, ultimatum e minacce. Per gradire: l’altro sindaco dell’epoca, pure lui campione della sinistra intelligente - sia detto senza ombra d’ironia non usò giri di parole: «Soldi a Roma per il cinema? Metto mano alla pistola», sbottò Massimo Cacciari in versione Clint Eastwood. Il direttore della Mostra veneziana Marco Müller tuttora in carica, sottolineò invece che i film approdati alla manifestazione della capitale erano quelli che «né noi né Cannes avevamo voluto». Medusa, la più importante casa di produzione italiana, si schierò dalla parte di Roma. Poi anche nella capitale vinse il centrodestra, cambiarono nome e dirigenti della kermesse e si tentò una difficile coesistenza con Venezia, distinguendo gusti e preferenze: nella capitale soprattutto gli affari, il mercato e il glamour,in laguna l’arte e gliautori. Ora, a crisi galoppante con conseguente e spietata necessità di tagliare, queste sfumature e questi chiaroscuri si stanno rivelando sofismi poco convincenti. La realtà è che alla fiera dei festival del cinema d’autunno,tra Venezia e Roma e tralasciando quello di Torino, si spendono la bellezza di 12 milioni di denaro pubblico. Ci sarà poco da meravigliarsi se quest’autunno davanti alle passerelle con le star ingioiellate spunteranno le maestranze imbufalite di qualche fabbrica costretta alla cassa integrazione. Maurizio Caverzan, Il Giornale 22/6/2010