Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 22 Martedì calendario

[2 art.] ROMA DOPPIONE DI VENEZIA. E CI COSTA 4 MILIONI Roma - Arriva l’estate, tempo di va­canze

[2 art.] ROMA DOPPIONE DI VENEZIA. E CI COSTA 4 MILIONI Roma - Arriva l’estate, tempo di va­canze. Ma c’è chi lavora alacre­mente. il mondo dei festival cine­matografici, potenti macchine or­ganizzatrici di cultura, red carpet e party (non sempre in questa vir­tuosa successione). Quando tutta l’Italia tornerà al lavoro,a Venezia aprirà la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica numero 67 (1-11 settembre 2010) e il suo direttore dal 2004, Marco Müller, è già nel pieno della battaglia per accaparrarsi i titoli migliori. Fac­cenda sempre più dura, almeno dal 2006, anno in cui il cinesinda­co Walter Veltroni tirò fuori dal ci­lindro della sua politica culturale nazional-popolare una kermesse cinematografica di cui nessuno sentiva veramente il bisogno. Una sorta di entrata a gamba tesa nel già affollato panorama festiva­liero. Così, appena si concluderà Venezia, ecco giungere il Festival Internazionale del Film di Roma alla sua quinta edizione (28 otto­bre- 5 novembre 2010) che, in ne­anche un lustro e in attesa di trova­re una sua vera identità, ha già cambiato nome (prima era «Cine­ma. Festa Internazionale di Ro­ma ») e direttori (dai cinque cura­tori s’è arrivati al direttore unico, Piera Detassis). Due festival monstre in nean­c­he due mesi sono sempre appar­si un’enormità (per tacere del To­rino Film Festival in programma a ruota dal 25 novembre al 5 dicem­bre). Anche perché ad analizzare lecifre messe in campo per realiz­zarli si rimane un po’ colpiti. In po­le position è il Festival di Roma che nel 2009 (dati già confermati per il 2010), può contare su un bu­dget di 13,5 milioni di euro che, pur essendo molto lontano dal re­cord dei 17 milioni e mezzo del 2007, è tuttora una cifra rilevante. Considerato anche che la manife­stazione si svolge principalmente nell’Auditorium di Renzo Piano, gestito da uno dei soci fondatori del festival, la Fondazione Musica per Roma. Il Festival di Venezia deve inve­ce sempre combattere con gli spa­zi al Lido e investire molti quattri­ni, in attesa della costruzione del nuovo Palazzo del Cinema previ­sto, in parte (solo la sala grande), per il prossimo anno (54 milioni dal Comune di Venezia, 31 milio­ni dallo Stato, 10 milioni dalla Re­gione Veneto), nell’allestimento di sale e spazi temporanei. Per far questo e per organizzare una ma­nifestazione che, sia dal punto di vista artistico ma anche del gla­mour (che non guasta mai), non ha eguali in Italia, il festival, presie­duto da Paolo Baratta, conta su un budget di 12 milioni e 600mila Euro. La ripartizione interna di tutti questi soldi è però, per certi versi, sorprendente. Al festival di Roma, presieduto da Gian Luigi Rondi, si conta molto sull’apporto degli sponsor privati che coprono i due terzi del budget mentre i restanti finanziamenti arrivano dai soci fondatori. Soldi pubblici così sud­divisi: Regione Lazio, Comune di Roma, Camera di Commercio ver­sano 1,1 milioni di euro ciascuno, la Provincia di Roma 600mila eu­ro. Al Lido di Venezia i dati sono invece ribaltati, il 36 per cento pro­viene da ricavi propri e il 64 per cento da finanziamenti pubblici. Ma su questi, al contrario di Ro­ma, non c’è neanche l’ombra di una sorta di federalismo fiscale, quasi 7 milioni di euro provengo­n­o dal Ministero per i Beni e le Atti­vità Culturali (contributo sceso vertiginosamente di più di un mi­lione rispetto al 2008-2009) e «so­lo » 245mila dalla Regione Veneto. Mentre il Comune di Venezia aiu­ta con le strutture sul territorio. Insomma in due mesi in Italia per vengono spesi circa 26 milioni di euro di cui quasi la metà di fon­di pubblici per festival del cine­ma. Magari è giunto il tempo di do­mandarsi se una tale politica cul­tural- economica sia la più giusta, considerando che in Francia (dati del 2008), puntano tutto su Can­nes con 20 milioni di euro, in Ger­mania su Berlino con 17 milioni e in Svizzera su Locarno con 12 mi­lioni. Insomma, in Europa niente doppioni. Pedro Armocida, Il Giornale 22/6/2010 SPEGNETE QUALCHE LUCE ALLA FIERA DEI FESTIVAL In tempo di crisi i doppioni risultano ancora più superflui. E vanno eliminati. Per una questio­ne di risparmio. Di scelte e politiche culturali. Anche di sobrietà. vero, l’Italia è il Paese dei campanili e noi quando possiamo sbagliamo per eccesso più che per difetto. E soprattutto è il Paese del cinema. Meglio: era. Ma con tutta la buona volontà, la Mostra di Venezia, con il suo contorno di motoscafi e Leoni d’oro, è più che sufficiente. Della sua replica romana a poche set­t­imane di distanza si sente sempre meno il biso­gno. In Francia, per esempio, dove vantano un rinomato festival che ha sede nella patinatissi­ma cittadina di Cannes, nessuno si è mai sogna­to di proporne uno analogo a Parigi. I francesi non saranno mostri di simpatia, ma qualche vol­ta ci azzeccano anche loro. Meglio concentrare le risorse su una manifestazione di grande presti­gio anche all’estero anziché disperderle su due o più kermesse. La necessità di rivedere il calendario festivalie­ro nostrano diventa più stringente ora che la nuova finanziaria ha inaugurato la politica del rigore anche per gli enti locali. Chissà come fa­ranno il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la governatora del Lazio Renata Polverini a giustifi­care le spese per il sempre meno indispensabile Festival Internazionale del Film di Roma. Nata nel 2006 dal genio di Walter Veltroni, all’epoca coadiuvato dallo zelo manageriale di Goffredo Bettini, poi capo della segreteria del candidato premier, la kermesse capitolina ha cominciato da subito a pestare i piedi alla primogenita Mo­stra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia partorita nel lontano 1932. Soprattutto la prossimità delle date- prima decade di settem­b­re per il festival lagunare e seconda metà di otto­bre per quello romano - ha immediatamente creato polemiche. Con i dirigenti delle due mani­festazioni a disputarsi film più o meno d’autore e soprattutto attori, attrici e attricette cui far cal­care le rispettive passerelle sotto i flash dei foto­grafi per conquistare i titoli dei giornali. Chi con­s­egnerà il premio alla carriera al cineasta più pre­stigioso? Dove sfilerà la madrina più sexy, la star più avvenente? Io schiero David Lynch... E io ri­spondo con Sean Connery... Io metto in mostra Monica Bellucci... E io sparo Catherine Deneu­ve... Io ho Penelope Cruz. E io Meryl Streep... La chiamano concorrenza: due festival sono me­glio di uno; la rivalità potrà alimentare un circo­lo virtuoso... E via con il fair play. Annunciato e subito contraddetto alle prime schermaglie. Proprio le raccolte dei quotidiani alla vigilia dell’inaugurazione della Festa di Roma, così si chiamava Veltroni regnante, documentano liti, ultimatum e minacce. Per gradire: l’altro sinda­co dell’epoca, pure lui campione della sinistra intelligente - sia detto senza ombra d’ironia ­non usò giri di parole: «Soldi a Roma per il cine­ma? Metto mano alla pistola», sbottò Massimo Cacciari in versione Clint Eastwood. Il direttore della Mostra veneziana Marco Müller tuttora in carica, sottolineò invece che i film approdati alla manifestazione della capitale erano quelli che «né noi né Cannes avevamo voluto». Medusa, la più importante casa di produzione italiana, si schierò dalla parte di Roma. Poi anche nella capi­tale vinse il centrodestra, cambiarono nome e dirigenti della kermesse e si tentò una difficile coesistenza con Venezia, distinguendo gusti e preferenze: nella capitale soprattutto gli affari, il mercato e il glamour,in laguna l’arte e gliautori. Ora, a crisi galoppante con conseguente e spie­­tata necessità di tagliare, queste sfumature e que­sti chiaroscuri si stanno rivelando sofismi poco convincenti. La realtà è che alla fiera dei festival del cinema d’autunno,tra Venezia e Roma e tra­lasciando quello di Torino, si spendono la bellez­za di 12 milioni di denaro pubblico. Ci sarà poco da meravigliarsi se quest’autunno davanti alle passerelle con le star ingioiellate spunteranno le maestranze imbufalite di qualche fabbrica co­stretta alla cassa integrazione. Maurizio Caverzan, Il Giornale 22/6/2010