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 2010  giugno 22 Martedì calendario

VIVERE CON 800 EURO AL MESE ”ARROTONDO CON I LAVORETTI”

Tutto vero: quando ci sono le elezioni, qui a Pomigliano molte tute blu si guadagnano un posto da rappresentante di lista. Mossa logica e conveniente, dal momento che secondo la legge chi poi va a lavorare il martedì, concluso lo scrutinio, riesce a farsi pagare anche i tre giorni non lavorati trascorsi (più o meno) al seggio. altrettanto vero, però, che nessuno degli operai della zona - in Fiat e nelle aziende dell’indotto - ha scelto in questi tre anni di starsene in cassa integrazione (tre giorni di lavoro al mese) per portare a casa l’indennità di cassintegrato, che sono 800 euro circa al mese, cui se ne aggiungono 100 di assegni familiari per chi ha moglie e figli a carico.
«C’è gente che sta a 70, 80 chilometri di distanza - racconta Giorgio, operaio di quarto livello – chi viene dalla provincia di Avellino, dal Beneventano, dalla provincia di Salerno». Da Pompei arriva Domenico Castello, dipendente (in Cig da due anni) della ex-Ergom, ora Magneti Marelli, una fabbrica che produce parti in plastica per la Fiat. Ha 44 anni, moglie e due figli, e senza troppi problemi ammette francamente che i suoi 900 euro al mese di cassa integrazione non bastano. «Quando posso – spiega – cerco sempre di trovare qualche giornata di lavoro in giro. Mi capiterà di fare tre giornate al mese, come cameriere in un ristorante: saranno 50, 60 euro a giornata, mance comprese». Per far passare il tempo in attesa di lavorare in fabbrica o al ristorante, ha un hobby: «Le parole crociate autodefinite».
Nella polemica di questi giorni si è sentita anche la voce di chi accusa i cassintegrati campani di non soffrire poi così tanto tanto: lavorano poco o niente, portano a casa gli 800 euro e arrotondano col lavoro nero. Né vero né falso, perché l’hinterland napoletano, questa vasta pianura stesa alle spalle del Vesuvio, una volta era terra di ricca agricoltura ma oggi è una terra difficile. Molto lontana dalla provincia di Brescia, dal Veneto delle mille fabbrichette, e dalle Marche o dall’Abruzzo pre-terremoto. Anzitutto perché qui lavoro, Fiat a parte, non ce n’è. Nessun’altra opportunità industriale, pochissimo spazio nell’agricoltura, e - da quando è esplosa la grande crisi - poco o niente perfino nell’edilizia, che un tempo di famiglie ne campava parecchie.
Così c’è chi come Raffaele Manno, operaio della lastrosaldatura, 33 anni, per impiegare il tempo ha un altro hobby: fa il militante sindacale della Fiom a tempo praticamente pieno. Cosa che non gli basta certo a far quadrare i conti, con un mutuo sul groppone da 500 euro al mese. «Niente vittimismo né autocommiserazione – dice con orgoglio – ma certo è che da tre anni io e la mia famiglia non sappiamo cosa sia una vacanza né ci siamo gustati il sapore di una cena al ristorante». Insomma non è un mistero: «Sì, ci stanno quelli che fanno lavoretti extra – racconta Giorgio, operaio di quarto livello – ristrutturazioni edili, cose così. Ma è poca roba». La pensano così anche i commercianti di Pomigliano, che lamentano la scomparsa dai loro negozi degli operai, e che invece auspicano calorosamente la stipula dell’accordo e la partenza della Nuova Panda per veder rimpolpare la clientela.
«Speriamo vinca il sì! - dice sorridendo la signora Maria, che ha un negozio di abbigliamento -. Se la sono cavata un po’ meglio in questa stagione di vacche molto magre gli operai che erano figli di commercianti o di artigiani, che sono andati ad aiutare i loro genitori nel tempo libero». Qualcuno ha perfino aperto un pub o una birreria, dove «ci puoi trovare - afferma entusiasta - tutte le birre trappiste belghe». Altri ancora si potrebbero definire «metalmezzadri» forzati: quando non lavorano in fabbrica – cioè tutti i giorni meno tre al mese – vanno al loro campo.