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 2010  giugno 22 Martedì calendario

IL FASCISTISSIMO BALBO ULTIMO EROE DELLA TV

L’aspetto particolare è che non si tratta del solito documentario, ma di un film a tutti gli effetti, quasi un giallo, anche se chi lo ha girato è molto riluttante ad utilizzare questo termine. L’ultimo volo - Il segreto di Balbo, diretto dal celebre documentarista Folco Quilici, andrà in onda lunedì prossimo su Retequattro in seconda serata, per celebrare il settantesimo anniversario della scomparsa di Italo Balbo, avvenuta mentre sorvolava i cieli della Libia alla guida del suo aereo. Con questa vicenda, Quilici ha un legame particolare. A bordo del bombardiere SM 79 pilotato da Balbo c’era infatti suo padre Nello, storico direttore del Corriere Padano, che si trovava in Africa a fianco del gerarca in qualità di suo «segretario di volo». Assieme a lui, gli altri membri dell’equipaggio Ottavio Fralich, Ennio Caretti, Lino Balbo, Claudio Brunelli, Gino Cappannini, Cino Florio e Giuseppe Berti. Sulla loro sorte è incentrata la pellicola, la quale fonde intrattenimento e ricerca storica, senza indulgere nella demonizzazione del protagonista in camicia nera.
Abbattuto in volo
Tutto, dicevamo, avvenne a Tobruk il 28 giugno 1940. Balbo si trovava in Libia come maresciallo, al comando di circa 200mila uomini, cioè l’intera forza italiana presente in Nord Africa. Come ha scritto Claudio G. Segrè nella sua biografia Italo Balbo, rimandata ora in libreria dal Mulino (pp. 514, euro 16), il gerarca sembrava rinato grazie alla nuova missione. Lo storico cita proprio le lettere di Nello Quilici, che il 12 giugno, appena arrivato in Libia, scriveva alla sorella: «Italo magnificamente in forma, sereno, calmo, gaio, forte, affettuosissimo. Sono molto contento di essere venuto». E pochi giorni dopo, alla moglie: «Italo è in forma perfetta...fa cose mirabili ed è un vero leone».
Probabilmente, fu questo entusiasmo a tradirlo. Nella zona, il vero pericolo era costituito dalle truppe inglesi. Come scrive Segrè: «Se c’era una minaccia alla Libia, questa veniva dall’Egitto. Lì un’esigua forza inglese, costituita da 36.000 uomini, e un esercito egiziano molto più consistente, stavano all’entrata del Canale». A volte, mezzi inglesi varcavano la frontiera, pericolosissimi per i soldati italiani. Balbo perciò decise che era ora di rispondere per le rime. Il 17 giugno del ”40 diede ordine ai suoi uomini di «cercare il combattimento» con le unità blindate. «Insomma, dobbiamo legnare», scrisse. L’incidente si verificò una settimana dopo la cattura di un autoblindo nemico. Scrive Segrè: «Le particolari circostanze in cui avvenne l’incidente, ed i personaggi che ne restarono vittime, suscitarono molte dicerie. Ancora oggi circolano storie di complotti e attentati». L’aereo con a bordo il gerarca si levò in volo nel tardo pomeriggio e in serata fu abbattuto dalla contraerea. Probabilmente Balbo rischiò troppo. Resta il mistero del perché sia partito a quell’ora insolita. «I motivi precisi per cui Balbo intraprese quel volo», scrive Segrè, «non si sapranno mai».
In realtà Folco Quilici qualche idea in merito ce l’ha e l’ha scritta qualche anno fa nel libro Tobruk 1940 (edito da Mondadori). Come spiega a Libero, il documentarista ha lavorato sul Diario di guerra redatto da suo padre, che fu reso noto dalla rivista Nuova storia contemporanea di Renzo De Felice.
Qualche anno fa, Folco voleva pubblicare il Diario presso Mondadori. Non si accontentò però della versione dattiloscritta e andò a rispescare il manoscritto. «Mi accorsi di una cosa stupefacente. Il manoscritto non terminava affatto dove nel dattoloscritto era posta la parola ”fine”. Mancavano le ultime pagine». Cioè quelle relative alla settima-
na precedente l’abbattimento di Balbo, nelle quali probabilmente era spiegata la reale destinazione dell’aereo.
Incontro misterioso
Se non il gerarca non uscì per una ricognizione o in cerca di autoblindo e non fu abbattutto per un complotto «suggerito da Mussolini», come alcuni ipotizzarono, dove si stava dirigendo? «Forse», spiega Quilici, «andava a incontrare qualcuno. possibile che cercasse un contatto con i rivoluzionari egiziani, cioè i ”giovani colonnelli” che volevano buttare fuori gli inglesi dal Paese. Mio padre stesso aveva scritto due manifesti di proposta per gli egiziani». Ma l’aereo cadde e ovviamente il possibile incontro non avvenne affatto.
Tutto il ”giallo” televisivo su Balbo prende le mosse dalle pagine mancanti del Diario di Nello Quilici e dalle loro traversie. Per realizzarlo sono stati utilizzati i materiali d’archivio di Cinecittà-Luce, «altre scene le abbiamo ricostruite a colori», dice Quilici, «e abbiamo integrato il materiale d’epoca con parti nuove».
Il film su Balbo serve anche a Lanciare un’altra iniziativa importante. Ovvero la proiezione, sempre su Retequattro, di quattro appuntamenti dedicati alla ”Storia del fascismo” di Renzo De Felice. Si tratta di una selezione del materiale che compone la ”Storia d’Italia del XX secolo” appositamente rimontata in puntate da un’ora. Su Libero abbiamo più volte affrontato il problema della riflessione sul fascismo (che ancora manca nell’Italia di oggi). Senz’altro questa serie Mediaset contribuirà a sfatare molti pregiudizi e a far conoscere agli spettatori una lettura differente del Ventennio. Possibile anche che il film su Italo Balbo sollevi polemiche, proprio perché riflette su uno dei personaggi più controversi del regime (più convinti e militanti, anche) senza necessariamente dipingerlo come il ”male assoluto”, ma semplicemente approfondendo alcuni particolari della sua storia.
Chissà, magari il prossimo docufilm riguarderà Benito Mussolini. Ce ne sarebbe bisogno.