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 2010  giugno 22 Martedì calendario

RATZINGER LO HA GI SCARICATO

Chi è quell’uomo vestito tutto di bianco seduto a sinistra di monsignor Crescenzio Sepe? Era il 12 ottobre 1996, e quella domanda all’epoca voleva solo suscitare un sorriso malizioso in Curia. L’uomo vestito di bianco era il Papa. E che Papa! Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II nel giorno del festeggiamento delle nozze d’oro con l’abito talare: da 50 anni era sacerdote. Fu monsignor Sepe, all’epoca segretario della congregazione per il clero, a preparare una sorta di festa a sorpresa per il Papa. E Giovanni Paolo IIil festeggiatoapparve dal loggione della Congregazione con alla destra Sepe e alla sua sinistra il pro prefetto della congregazione, il cardinale Dario Castrillon Hoyos.
UOMO DEL GIUBILEO
Qualcuno sorrideva del potere di quel monsignore che sarebbe diventato l’uomo chiave del Giubileo 2000. E già mesi prima aveva spalancato la bocca vedendolo chiamato dal Papa al suo fianco in sala Nervi durante un’udienza del mercoledì. Ma si sa in questi casi in Curia c’è chi sorride e chi invece mastica amaro. Un po’ di invidia, qualche maldipancia per quel giovanissimo ecclesiastico in grado di salire così rapidamente i gradini del potere nei palazzi pontifici. Wojtyla aveva una predilezione per monsignor Sepe, ed era evidente a tutti.
Il prescelto non ringraziava stando nell’ombra, anzi. Aveva accesso diretto agli appartamenti pontifici, un rapporto costante ed evidente a tutti con il segretario di Giovanni Paolo II, monsignor Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di Cracovia.
Sepe era nato a pochi chilometri di distanza da Serino, paese d’origine dell’allora potentissimo direttore dell’Osservatore Romano, Mario Agnes. Così ben prima del Giubileo era quasi tutti i giorni nelle stanze del direttore del quotidiano vaticano. Che a sua volta celebrava Sepe con una sfilza di resoconti su ogni sua attività, tutti corredati dalla foto in evidenza del bel faccione del futuro cardinale di Napoli. «Sepe è quello che risolve sempre i problemi», si sentiva dire fra le mura degli appartamenti papali, e il Pontefice come tutti i suoi principali collaboratori dell’epoca ne sembravano incantati. Figurarsi poi con l’organizzazione del Giubileo, occasione in cui il monsignore conquistò successo dopo successo fino a strappare per meriti sul campo la porpora cardinalizia.
Fu quell’amore incondizionato dei wojtyliani a diventare ostacolo assai arduo da superare oggi.
Allora l’invidia, i maldipancia di curia. Oggi i silenzi di fronte all’esplodere dello scandalo sulla Propaganda Fide, il cardinale nel mirino invitato a collaborare con la magistratura e in fondo solo a palazzo (sia pure circondato dai fedeli di Napoli per cui Sepe il porporato che sa risolvere tutti i problemi è quasi un Re).
Amato, molto amato all’epoca, ma non proprio da tutti nella cerchia di Wojtyla. Un cardinale fece sapere di non amare quel ritmo di celebrazioni dell’anno giubilare. Si chiamava Joseph Ratzinger. Sepe incassò i rilievi e fece spallucce. L’anno successivo, quando fu spedito da Giovanni Paolo II e da Dziwisz a mettere a posto i conti un po’ malandati della Propaganda Fide a lungo guidata dal cardinale Josef Tomko (cosa che Sepe fece), fra le prime mosse del porporato-manager ce ne fu una rovinosa. Allontanò dalla congregazione il segretario aggiunto, l’indiano
Albert Malcom Ranjith Patabendige Don. Insieme a Tarcisio Bertone era il collaboratore preferito e più stimato dal cardinale Ratzinger. Qualche anno dopo, divenuto papa, Benedetto XVI riparò a quella ingiustizia, riportando Ranjith in curia e nominandolo nel 2005 segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
IL GELO
Non fu l’unico episodio che fece calare un certo gelo fra Sepe e quella che poi sarebbe di-
venuta la nuova curia romana. Proprio alla fine del 2004 circolò nelle segrete stanze vaticane l’indiscrezione di una pressione di monsignore Dziwisz per la sostituzione del segretario di Stato vaticano dell’epoca, Angelo Sodano, proprio con il cardinale Sepe. Non avvenne, ma la notizia giunse alle orecchie di Sodano e fu risaputa anche da Bertone, che ne avrebbe preso il posto da lì a poco. Piccoli episodi di palazzo, certo. Ma che raccontano assai più di quanto non traspaia delle vicende di questi giorni.