Gianluigi Paragone, Libero 20/6/2010, 20 giugno 2010
BOSSI HA CONVINTO UN ITALIANO SU DUE
Sento spesso parlare di ”modello Lega” come se si trattasse di un modello standard, perciò replicabile. Non è così.
La politica è fatta di simboli, tanto più forti quanto più reggono nel tempo. la ventiseiesima volta che Bossi porta per mano il suo popolo a Pontida, il prato che egli ha reinventato mescolando narrazione, simbolismo e attualità. Resistere tutto questo tempo non è facile, la Lega ci riesce e credo che non abbia l’intenzione di mollare il colpo.
Pontida compie vent’anni, ha segnato il passo soltanto un anno per rispetto verso il suo Capo allora steso sul letto di un ospedale. Potrebbe piovere e questo ricorderebbe una delle Pontida più difficili, sotto l’acqua, con gli stivali di chi era convinto di costruire un pezzo di storia. Ce ne sarebbero tanti di ricordi da far raccontare: ogni leader del Carroccio, ogni militante ne ha una cui è più legato. Eppure si sbaglia chi pensa che oggi vincerà l’amarcord.
Pontida è politica, non un happening. Su questo prato Bossi ha sempre masticato politica, usando tutti i toni della politica e tutte le tattiche. Obiettivo, il federalismo, concetto che vent’anni fa era proprio delle scienze politiche, degli studi comparati. Il debutto dei lumbard sulla scena politica, con i suoi slogan dirompenti, ha tradotto dal politichese al popolare quella che ora per molti è la ricetta giusta onde rialzare il Paese.
Euromedia Research – la società di Alessandra Ghisleri, colei cui Berlusconi affida i suoi vincenti sondaggi per capire l’umore del Paese – ha tastato l’umore degli italiani a proposito del federalismo, nell’ambito de ”Le settimane del federalismo solidale” rassegna organizzata dal Gruppo Angeli di Paola Severini e Edouard Ballaman. I risultati sono assai interessanti. Vediamoli.
La domanda è stata: d’impatto per lei federalismo cosa significa? Il primo gruppo di risposte riguarda i costi. In breve possiamo dire che per oltre il 45 per cento il federalismo fiscale comporterà un risparmio; per il 25%, un costo aggiuntivo; quasi il 30% si astiene da rispondere. In quasi tutte le risposte – lo preciso una tantum-ildatodichi’nonsao non risponde” è alto e non è un male: segno che chi affronta l’argomento (cioé la stragrande maggioranza) sa bene di cosa si parla. Confortano, perciò, il 56,5% di coloro che promuove il federalismo per la migliore gestione del denaro che comporta; il 58,7% di chi reputa che migliorerà la qualità dei servizi pubblici; il 50% di
chi pensa che garantirà una maggiore efficienza dello Stato e una maggiore vicinanza tra Stato e cittadini (45 e mezzo per cento).
Positive anche le risposte sulla parte fiscale: per il 46,6% federalismo significa meno tasse. Ripeto: meno tasse! E che (50,4%) sarà un contributo nella lotta all’evasione. Insomma, un bene.
Veniamo infine al punto sempre dolente, che lo studio di Euromedia Research per Gruppo Angeli non nasconde: federalismo e Mezzogiorno. Il 58% (una delle percentuali più alte tra tutte le risposte) ritiene che il federalismo aumenterà il gap tra nord e sud del Paese. Non è una novità, ma la scomposizione delle risposte rivela che oltre al nord anche il centro investe e crede nella ricetta federale. Per il sud questo può significare due cose: 1) che potrebbe trovarsi sempre più solo nella logica assistenziale; 2) che respingendo il federalismo, dà l’idea di respingere la sua scommessa vincente: promuovere o bocciare la classe dirigente sulla base dei risultati e non del clientelismo. La partita potrebbe rivelarsi fallimentare per l’Italia intera: per quanto ancora il resto del Paese avrà voglia di pagare il menefreghismo o solo la cattiva politica del meridione? Guai a sottovalutare la questione.
Vediamo di tirare un bilancio. Chi ha capito di cosa stiamo parlando promuove il federalismo, tant’è che lo considera più una speranza (49,3%) che una preoccupazione (40,6%; il 10,1 non risponde). Dove la preoccupazione – viste le alte percentuali di tutte le altre risposte – sembra destinata più verso la capacità della classe politica ad attuarlo, che verso il federalismo in sé. Evidentemente l’andirivieni di alcuni politici sull’argomento non sono molto apprezzati.
Torniamo alla manifestazione di oggi. Se in Italia è maturata questa consapevolezza è perché la Lega non ha mai modificato la sua ragione sociale, non ha zigzagato nel mare politico. Il Carroccio è rimasto fermo sulla sua idea di fondo. Vent’anni di Pontida significano vent’anni sulla stessa strada, il federalismo, sebbene con sfumature diverse secondo le fasi dell’attualità politica. Solo dopo il federalismo sono arrivati gli altri punti, uno su tutti l’immigrazione. Che poi è un altro modo di interpretare la difesa dell’identità, la difesa del popolo.
E veniamo infine a un altro tema di cui si sta parlando ultimamente, anche dalle colonne di Libero: oggi Pontida incorona un nuovo Bossi? Un Bossi più di governo e meno di lotta? Conoscendo da vicino il leader della Lega so bene che ogniqualvolta lo si chiude in una definizione, si finisce in fuorigioco. Bossi non sarà né mai totalmente di lotta né mai totalmente di governo; come non abdicherà dal suo ruolo di capopolo, così resta un ministro affidabile. Bossi ha una sola strategia, ma mille e più tattiche che impiega senza timidezze.
La Lega, pur nel pieno dei consensi, ha ancora d’afferrare il totem del federalismo. Era lì lì per acciuffarlo con la riforma della Costituzione, è qui ad un passo ora, col federalismo fiscale. Qualcuno dice: mancano i soldi. Vedremo. Il sondaggio dimostra che c’è fiducia nel meccanismo federale. Sta alla classe politica dimostrare che oltre le parole c’è vera voglia di cambiamento.
Credo che nel discorso di oggi sul ”suo” prato, il Senatur manderà al Palazzo non pochi messaggi.