Francesco Cramer, Il Giornale 20/6/2010, 20 giugno 2010
PER FARE LE PULCI AGLI ALTRI SPENDONO UN PATRIMONIO
Roma - Loro sono quelli che per definizione «bacchettano». Lo fanno con tutti: ministeri, enti locali e tutti i gangli della pubblica amministrazione. D’altronde è il loro mestiere: spulciano bilanci, vigilano su entrate e uscite, scandagliano consulenze, condannano spese pazze, criticano lo sperpero di denaro, denunciano i costi della cosa pubblica. Eppure anche loro, i giudici della Corte dei conti, costano. E spendono. Per far girare il motore della loro macchina quest’anno «si berranno» 312.300.980 euro. A dir la verità hanno iniziato a fare economia anche loro, visto che nel 2009 hanno speso 318.938.024 euro. Negli anni passati, invece, il trend era opposto, tutto all’insegna della richiesta di maggiore risorse. Dal 2006 al 2008, infatti, hanno chiesto al governo soldi in più. Nel 2006 i giudici contabili costavano 250 milioni; nel 2007, 273.300mila euro; nel 2008, 300 milioni tondi tondi. Dall’ultimo bilancio dei magistrati contabili emerge che il grosso del loro bottino va a coprire le spese del segretariato generale: 150.177.004 euro l’anno, quasi la metà dell’intero malloppo. Ci sono i compensi per i magistrati, i rimborsi spese per le missioni all’estero,i gettoni di presenza, i buoni pasto. Benefit e indennità di cui si dotano tutti quelli che di solito piombano sotto la loro lente d’ingrandimento. E poi l’esercito del personale amministrativo con la montagna di stipendi da pagare a fine mese: dall’autista al fattorino, dalla segretaria al funzionario. In totale la Corte dei conti dà lavoro a 2.918 persone, dei quali soltanto 483 sono magistrati.
Ma quanto guadagnano i giudici contabili? Ovviamente dipende dall’anzianità. Una toga con meno di dieci anni alle spalle percepisce circa 7mila euro lordi al mese; un consigliere con più di dieci anni di anzianità 11mila euro lordi al mese; con più di venti 14mila; con più di trenta 17mila e 400, fino ad arrivare al presidente di sezione che ha un assegno mensile di 18.330 euro lordi. Al vertice della piramide c’è il presidente della Corte, Tullio Lazzaro, classe 1935, nato a Eboli in provincia di Salerno, magistrato dallo stipendio di 21.949 euro lordi al mese.
Proprio lui s’è in un certo senso «autobacchettato» nell’ultima direttiva generale. Nel suo report ha scritto che siccome «lo stanziamento messo a disposizione del Ministero dell’Economia per il funzionamento della Corte ha subito una riduzione del 10 per cento rispetto alle risorse assegnate l’anno precedente... e aumentate le nostre competenze, dobbiamo cogliere la sfida e onorare l’interesse generale di tutti i cittadini». In sostanza, anche per loro, la parola d’ordine è stata e sarà«dieta»:snellire l’apparato, ringiovanire gli organici, tagliare i tempi di lavoro e combattere l’assenteismo.Lo stesso Lazzaro ha riconosciuto che scarsa trasparenza, sacche di fannullismo e poca efficienza rischiavano di far inceppare l’ingranaggio: «La riforma Brunetta sarà una vera e propria sfida per noi perché un organo che costa 300milioni di euro l’anno non può permettersi lentezze e sprechi di risorse - ammise in un’intervista - . giusto che la comunità paghi questa cifra ma il servizio dev’essere adeguato ».
Ogni tanto qualcuno ventila l’ipotesi di abolire del tutto la Corte dei conti, considerandola né più né meno che uno dei tanti carrozzoni «mangiasoldi». Qualche anno fa perfino un big come Piero Fassino, sentitosi punto nel vivo perché additato come «casta», s’era azzardato a dire che la Corte «non costava meno del Parlamento ». «I privilegi - disse - non riguardano solo la politica. C’è una casta allargata e mi domando se, per esempio, alla Corte dei Conti o in altre importanti istituzioni dello Stato tutto è tranquillo». Apriti cielo. Il presidente Lazzaro lo bacchettò: «Non credo che la Corte possa essere parificata agli organi politici. un istituto di magistratura superiore, di controllo e di garanzia al servizio dei cittadini. Se il potere politico ritiene di dover abolire tutto questo lo dica chiaramente e si assuma le sue responsabilità ».