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 2010  giugno 21 Lunedì calendario

«A casa niente politica Così evitiamo di litigare» - Barbara Palombelli è stata definita ”la giornalista girova­ga”

«A casa niente politica Così evitiamo di litigare» - Barbara Palombelli è stata definita ”la giornalista girova­ga”. Ha cominciato nel ”79 con l’Europeo . Poi Panorama , Cor­riere della Sera , il Giornale , Re­pubblica , il Riformista , Donna Moderna , ma anche la Rai, Me­diaset, la Radio, Il Foglio . Ha la­vorato con molti editori, di de­stra e di sinistra, perché per lei quello che conta davvero è l’amore per il suo mestiere. «Cerco di far parlare gli altri, di raccontare quello che vedo, di far vivere al mio pubblico le stesse emozioni che provo. Tut­to qui ».la Palombelli all’univer­sità ha studiato con Agostino Lombardo e con Ida Magli. Nel lavoro è stata a scuola da Indro Montanelli. «Scrissi per questo giornale dal 1984 al 1987». Due anni prima, era il 1982, ha spo­sato con rito civile Francesco Rutelli, oggi leader di Alleanza per l’Italia, allora militante nel Partito Radicale. Barbara, tredici anni dopo vi siete sposati in Chiesa. Per­ché tanta distanza tra i due matrimoni? «Per rispetto alle idee delle nostre famiglie non abbiamo fatto- come tanti- il finto matri­monio cattolico. Siamo tornati ai sacramenti dopo un lungo percorso e dopo esserci sotto­posti ad una sorta di ”proces­so” piuttosto lungo». Davvero vi sposerete la ter­za volta a Las Vegas? «Ma no, a Las Vegas siamo stati l’anno scorso». Niente matrimonio, ma al­meno al Casinò è andata? «Sono schedata al Casinò del Nevada, con un dollaro ne ho vinti mille e seicento alle slot­machine ». Quali battaglie ha condivi­so con suo marito? «Dei radicali ho amato sem­pre il garantismo assoluto, il vo­lontariato generoso e la batta­glia per la fame nel mondo». Ma davvero lei e suo marito non litigate mai per la politi­ca? Mai uno scontro in 28 an­ni di matrimonio? «Non ne parliamo per non liti­gare ». Che cosa significa essere la moglie di un politico, leader dell’opposizione oggi, vice­premier e sindaco della capi­tale ieri? Quali sono le difficol­tà? «Le mille calunnie cui ho do­vuto replicare con cause, pena­li e civili. Spesso, per colpire lui… hanno colpito me. Ma io sono tosta e ho un vantaggio: es­sendo giornalista, so come gira il mondo». A proposito di giornalisti, cosa pensa della pubblicazio­ne di intercettazioni telefoni­che che coinvolgono persone non indagate, o, se indagate, non ancora giudicate colpevo­li di reato? «La libertà di stampa è un di­­ritto faticoso, perché va coniu­gato con la ricerca delle fonti e la verifica di quello che si stam­pa. Fotocopiare Wikipedia, o pubblicare le intercettazioni, non va bene». Lei che è di sinistra nel libro Il tabù della destra sostiene che ”c’è una gran voglia di De­stra nella Sinistra, che ha ri­scoperto il Dna d’ordine che è nella sua storia, e sostiene con tranquillità che oggi biso­gnerebbe mettere i poliziotti ai semafori”. «Mettere ordine nelle strade non è né di destra né di sinistra: è una necessità urgente. Essere assaliti o aggrediti è un rischio grave per le persone più deboli, per gli anziani e i giovanissimi. Non capisco perché sorveglia­re l’ordine pubblico, in metro o sui marciapiedi, dovrebbe esse­re un fatto reazionario. vero il contrario: nelle regioni ”rosse” si sta molto tranquilli e c’è un grande controllo sociale, per esempio». Ha ancora senso oggi divide­re il mondo, la politica, la cul­tura e la gente in categorie di destra e di sinistra? Non è for­se arrivato il momento di po­sare le armi e cominciare a da­re nomi diversi alle idee, per staccarle dal passato, e attac­carle invece a una politica ca­pace di essere politica? « cambiata tanto, la destra italiana. Perfino più della sini­stra, che ha paura di innovare. L’ultimo dei coraggiosi è stato Achille Occhetto: lo hanno di­menticato tutti». Che cosa bisogna fare se­condo lei per rendere reale, concreta, la giustizia sociale? «Una cosa semplice: occupar­si del lavoro dei cittadini, come scrive l’articolo uno della Costi­tuzione. E poi tornare fra la gen­te. Ma è un compito che spetta ai politici che oggi hanno vent’anni.Noi abbiamo già da­to, e non credo che le nostre ge­nerazioni abbiano fatto poco per le successive». Anche lei, come il premier, è cavaliere del lavoro. Lo è dal 1991 grazie a Cossiga. Avete solo questo in comune? «Sono cavaliere semplice. Co­munque: siamo della Bilancia, un buon segno zodiacale. Dete­stiamo l’aglio, gli aliti cattivi, le barbe, gli ipocriti. Nel corso del­la cena in Campidoglio per gli ottant’anni di Alberto Sordi conquistò mia madre dicendo­­le: ma una bella signora come lei non sarà mica di sinistra?» . Sua madre non si è mai ri­presa dal dolore per la scom­parsa di suo padre. Lei aveva solo 21 anni. I suoi tre fratelli più piccoli erano un po’ i suoi figli. Un’esperienza dura. «La cosa più dura era sapere che mio padre aveva pochi me­si­di vita e che mia madre soffri­va moltissimo». L’esperienza della morte di un genitore in età giovanile ac­comuna lei e suo marito, quanto incide l’averla vissuta in un rapporto tra due indivi­dui? «Una giovinezza infelice e la necessità di crescere prima del tempo ci hanno uniti molto al­l’inizio della nostra storia. Chi ha seguito da vicino un malato di cancro condannato a morte, negli anni in cui non esistevano vere terapie e la parola non si poteva neppure pronunciare, poi nel resto della vita apprezza tutto: una doccia, un cappucci­no, una passeggiata bastano e avanzano per essere felici». Lei che ha subìto il dolore della mancanza,quando sen­te­notizie che riguardano l’uc­cisione di persone innocenti, per lo più anziani e donne in­namorate di uomini che poi le ammazzano, cosa prova? «Tanta rabbia. E tanta paura per le mie figlie, ragazze in un mondo che è infestato dalla droga e dall’indifferenza». Un figlio naturale, tre adot­tati. Che cosa significa adotta­re un bambino, farlo diventa­re un figlio? « un’impresa difficilissima. Tanti anni di attesa, tante umi­liazioni, tanti pianti, e poi una gioia indescrivibile. Seguita, esattamente come il parto,dal­l­e mille difficoltà dell’essere ge­nitori ». Suo marito in un’intervista ha detto che ”non c’è nessuna differenza tra un figlio adotti­vo e un figlio naturale, perché tutti i figli sono difficili, per­ché i nostri figli sono circonda­ti da un mondo molto diffici­le”. Cosa possiamo fare per renderlo un po’ più sempli­ce? «Da due anni, alla radio, so­no impegnata contro le dipen­denze- alcol e droga- che stan­no distruggendo i nostri ragaz­zi. Le famiglie, davanti allo sbal­lo dei figli, sono indifese e sole. Bisogna offrire spazi ai ragazzi. Oggi non sanno dove andare, tutto è vietato, tutto è costoso: un gelato seduti al bar costa cen­to volte di più di quando erava­mo giovani noi. Aprire i licei il pomeriggio, la sera, l’estate. Trovare il modo di avvicinare i nostri istituti alle scuole moder­ne del mondo occidentale. Non lasciarli per strada o da­vanti alla tv, rendere obbligato­rio lo sport fin dalle elementa­ri ». Quali sono le passioni della sua vita a parte i figli e il lavo­ro? «Mi piace tutto: cinema, mu­sica, mare, montagna, calcio, canottaggio, yoga, golf. Ho co­minciato a fare sport dopo i 40 anni, finalmente potevo per­mettermelo. Prima, avevo solo studiato e lavorato tantissimo». La più grande sfida di Barba­ra Palombelli? «Allevare dei figli senza rinun­ciare a essere me stessa, nel la­voro e nella vita».Barbara Benedettelli