Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 20 Domenica calendario

DOSSIER SUL FEDERALISMO FISCALE. REGIONI, AUTONOMIA IMPOSITIVA MA UNA STRETTA SULLE SPESE

Umberto Bossi e Roberto Calderoli hanno in serbo una sorpresa per il popolo della Lega. Dopo aver incassato il federalismo demaniale, sul pratone di Pontida i due ministri oggi potranno sventolare il testo di ben cinque attesissimi decreti legislativi per l’attuazione del federalismo fiscale. Già definiti assieme al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e ad Aldo Brancher, oggi ministro del Federalismo e fino a ieri sottosegretario alle Riforme, i decreti sono pronti per il via libera del Consiglio dei ministri, che dovrebbe esaminarli il 2 o il 9 luglio prossimi. Prima della loro approvazione, come prevede la legge delega, dovrà però essere presentata al Parlamento la relazione di Tremonti sui costi del federalismo. Arriverà il prossimo 30 giugno e anche questa sarà una bella sorpresa, non solo per i sostenitori del Carroccio.
Federalismo a costo zero
Secondo il Tesoro, infatti, l’attuazione del federalismo fiscale non costerà neanche un euro. Tutt’altro. La devolution, spiegano i tecnici che stanno lavorando alla messa a punto del documento, porterà un bel risparmio sulla spesa pubblica. Si parla di almeno una decina di miliardi di euro, metà dei quali solo nel settore della sanità. Senza che con questo venga meno la qualità e la quantità dei servizi offerti dalle Regioni, dai Comuni e dalle Province, aggiungono gli esperti del governo. Come? Semplicemente, spiegano, eliminando gli sprechi e le inefficienze della spesa. Lo strumento del miracolo sarà la determinazione dei costi delle funzioni attribuite alle autonomie locali, e del loro finanziamento, calibrata sui parametri delle amministrazioni più efficienti. Due dei decreti che arriveranno in Consiglio dei ministri riguardano proprio il passaggio dalla spesa storica ai costi standard (per le funzioni delle Regioni) e sui fabbisogni standard (per Comuni e Province). La sanità gestita dalle Regioni, ad esempio, non sarà più finanziata a consuntivo sulla base della spesa storica, dove negli anni si sono incrostati sprechi e malaffare, ma facendo riferimento al costo medio dei farmaci, delle Tac, delle siringhe, che si sono registrati nelle tre Regioni che spendono di meno.
Sanità, 4 miliardi di risparmi
Dall’applicazione dei costi standard alla sanità il governo punta a ottenere un risparmio (non immediato, visto che il nuovo sistema andrà a regime solo nel 2012), di almeno 4 miliardi di euro. Ed è una stima per difetto. Secondo gli esperti del Partito Democratico (Arachi, Malpelli, Zanardi), usando il nuovo sistema anche per i ricoveri, il risparmio può arrivare a 5,2 miliardi di euro. Lo stesso meccanismo, poi, sarà attuato in tutti gli altri servizi gestiti dalle Regioni e dagli enti locali (come il trasporto pubblico, l’assistenza, gli asili nido, la polizia locale), anche se non c’è ancora una stima precisa dei possibili risparmi che tuttavia, secondo i tecnici, saranno consistenti.
Nessun aumento di imposte
A pagare questi servizi, poi, non sarà più il governo centrale con i trasferimenti. Alle Regioni, ai Comuni e alle Province sarà conferita l’autonomia impositiva: finanzieranno le proprie attività con la compartecipazione ai grandi tributi nazionali (l’Iva per esempio andrà alle Regioni) e con tributi propri. L’autonomia fiscale sarà oggetto di altri due dei cinque decreti in preparazione (riguarderanno Comuni e Province, mentre quello per le Regioni arriverà a settembre). Parallelamente lo Stato abolirà i trasferimenti alle autonomie locali, che ammontano oggi a 16 miliardi per i Comuni e a circa 7 per le Regioni, e ridurrà la quota dei tributi di sua competenza. Nei decreti sarà ribadito a chiare lettere che in nessun caso la pressione fiscale complessiva per i cittadini potrà aumentare rispetto al livello attuale.
Una sola tassa per i Comuni
Per integrare le risorse dei tributi propri e della compartecipazione interverranno poi i fondi di perequazione, destinati ad aiutare le aree più povere. Le Regioni che hanno maggior capacità fiscale aiuteranno quelle dove il gettito fiscale pro-capite è inferiore alla media nazionale. E ogni Regione avrà un fondo perequativo proprio che funzionerà allo stesso modo per compensare Province e Comuni più deboli. Con i decreti sull’autonomia impositiva sarà avviata, di fatto, anche una parte della riforma fiscale promessa dal governo, quella sulla semplificazione. Per i Comuni, ad esempio, il ministro dell’Economia sta studiando un tributo unico, con la base imponibile rappresentata sia dai redditi che dal patrimonio, e che sostituirà una buona parte delle 48 tasse riscosse attualmente.
Roma Capitale
L’ultimo dei cinque decreti che arriveranno all’inizio di luglio in Consiglio dei ministri riguarderà Roma Capitale, che godrà di autonomia amministrativa, finanziaria e statutaria (il Consiglio comunale si trasformerà nell’Assemblea Capitolina). A differenza degli altri Comuni, Roma avrà competenze maggiori, pari a quelle di una Regione: si occuperà dello sviluppo economico, dell’edilizia pubblica e privata e della valorizzazione dei beni storici, artistici e ambientali. Compresa la gestione del Tevere.
Mario Sensini