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 2010  giugno 20 Domenica calendario

MERAVIGLIE

Chissà come sarebbe oggi quella vasta area di Roma che si estende tra il Tevere e la via Flaminia, più precisamente tra l’ex porto di Ripetta, Porta del Popolo e Ponte Milvio, se due secoli fa Giuseppe Valadier fosse riuscito a portare a termine il suo progetto del cosiddetto Nuovo Campo Marzio. La pianta topografica della sistemazione suggerita dal celebre architetto si può vedere nella mostra «Le meraviglie di Roma antica e moderna», allestita nelle sale quattrocentesche al piano terra di Palazzo Venezia (via del Plebiscito 118, ingresso gratuito), che espone fino al 31 luglio una sessantina di capolavori del disegno antico, tra vedute, ricostruzioni e progetti, datati tra il Cinquecento e la fine del Settecento, quasi tutti appartenenti alla raccolta Lanciani e conservati nella ricchissima collezione di disegni della Biblioteca di archeologia e storia dell’arte di Roma. Fanno eccezione, nella gabbia temporale stabilita dalle curatrici Maria Cristina Misiti e Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, proprio i magnifici disegni acquerellati del Valadier, che risalgono ai primi dell’Ottocento. Accanto alla pianta topografica del Nuovo Campo Marzio sono esposti anche i progetti per la sistemazione del Colle Pinciano, sia nella parte in cui sale verso Villa Borghese, sia in quella di fronte, dove una veduta di pini marittimi, cipressi, palme e lecci sovrasta la fontana di piazza del Popolo e si estende fino all’orizzonte nei campi oggi scomparsi sotto i quartieri di via Cola di Rienzo e dintorni.
Ma se Valadier riuscì a sistemare il Pincio, fallì nel progetto dell’attuale quartiere Flaminio. «L’arrestarsi dell’iniziativa è forse dovuto alla difficile situazione economica del momento», ipotizza Elisa Benedetti che ha curato le schede dei disegni. L’idea dell’architetto era ambiziosa: un ippodromo con annessa la scuola veterinaria, una naumachia per giostre di barchette e giochi d’acqua, stadi per giochi del pallone, una palestra con giardini, piscine con spogliatoi, un enorme labirinto a pianta quadrata con caffè e trattorie all’ingresso, «piazzoni» per il mercato dei generi alimentari e del bestiame. Ma prevedeva anche ampie aree destinate alla coltivazione del grano e degli alberi da frutta e scuole per l’insegnamento delle pratiche agricole.
Altre meraviglie si scoprono risalendo indietro nel tempo, soprattutto nella sala destinata ai disegni di catafalchi funebri, che nel Settecento venivano allestiti nelle chiese romane ogni volta che in Europa moriva un re cattolico. Strabiliante quello disegnato nel 1736 da Carlo Marchionni per i funerali di Federico Augusto III re di Polonia, con colonne, festoni, stemmi e interi alberi di palma pericolosamente in bilico sull’arcata. Mentre quello approntato senza badare a spese - con stoffe damascate bordate di ermellino e teschi alati inseriti nelle frange - nel 1760 da Paolo Posi per Giacomo III Stuart, pretendente di parte cattolica al trono d’Inghilterra, finì in magazzino. Il re, che aveva avuto un attacco cardiaco, si riprese e visse altri sei anni. Nella stessa sala si può vedere come venivano addobbati i palazzi romani durante le feste per celebrare la nomina di nuovi cardinali: una moda che fu introdotta durante il pontificato di Benedetto XIV Lambertini (1740-1750). Ottenuto il cappello cardinalizio, gli alti prelati davano ricevimenti che potevano anche diversi giorni e vi partecipavano, oltre all’intero collegio di cardinali, i diplomatici e i nobili. Le facciate del palazzo venivano rivestite con arazzi e con architetture effimere ma sfarzose, le terrazze venivano illuminate a giorno da migliaia di fiaccole, la musica dei concerti si riversava nelle strade dalle finestre spalancate.
Questi disegni fino ad oggi erano accessibili solo ai pochi studiosi che salendo al quinto piano della torre di Palazzo Venezia entravano nel sacrario della sala dedicata all’archeologo Rodolfo Lanciani (1845-1929), dove è conservata la sua collezione, alla quale si aggiunge un ricco fondo di donazioni fatte da studiosi come Corrado Ricci, Alfredo Castellani, Alfredo Dusmet, costituito da disegni, stampe e fotografie, che ammonta a circa diciottomila esemplari. Le curatrici hanno esposto una selezione tra quelli che raccontano una Roma meravigliosa e quasi sconosciuta.
Lauretta Colonnelli