LUIGI DELL’OLIO, la Repubblica Affari&finanza 21/6/2010, 21 giugno 2010
FAR DIALOGARE TRA LORO TUTTE LE TECNOLOGIE ESISTENTI PERMETTE DI RIDURRE GLI SPRECHI E AUMENTARE L’EFFICIENZA, VIA OBBLIGATA PER UN PIANETA SOSTENIBILE
Centoventicinque anni ad attendere l’ascensore o bloccati in uno guasto. E il tempo perso dagli abitanti delle 16 principali città degli Stati Uniti nel solo 2008. Colpa a volte di apparecchi desueti, più spesso di macchine non coordinate con le altre presenti nell’edificio. Eppure le nuove soluzioni tecnologiche consentono di ridurre gli sprechi: un sistema centralizzato gestisce le chiamate e invia all’utente solo la cabina più vicina. Così tutte le altre non si muovono inutilmente su e giù, riducendo i tempi medi di utilizzo e i consumi energetici complessivi. All’apparenza si tratta di una soluzione intuitiva, ma in realtà dietro ci sono software complessi e, soprattutto, c’è un nuovo modo di far lavorare i dispositivi informatici basato sulla ottimizzazione dell’esistente per far emergere il valore.
Un esempio che introduce al tema portante dell’evoluzione tecnologica nei prossimi anni: per la prima volta nella storia non c’è più un problema di disponibilità delle informazioni: oggi nel mondo ci sono un miliardo di transistor (erano 60 milioni nel 2001), un miliardo e mezzo di persone collegate a Internet in tutto il mondo, 3,3 miliardi di utenze telefoniche. Dati e notizie arrivano a getto continuo e da fonti anche molto diverse tra loro, vengono resi disponibili nei formati più svariati (accessibili da dispositivi fissi e mobili) e possono essere strutturati o meno (in registri gps, blog, filmati, podcast e tweet). Il vero problema per i consumatori, come per chi fa business diventa così mettere in relazione tutte le informazioni, in modo che possano assumere un significato a supporto delle decisioni quotidiane. Lo stesso obiettivo a cui tende la filosofia Smarter Planet di Ibm, che si propone di far dialogare i sistemi informatici creati negli anni per banche, sistemi educativi, reti elettriche e di assistenza sociale, riducendo gli sprechi e aumentandone l’efficienza. Una necessità ancor più sentita in questo periodo, con le aziende impegnate a tirarsi fuori dalla secca della stagnazione, facendo leva su strumenti di analisi nuovi.
La Ceo survey 2010, condotta dall’Ibm Institute for Business Value intervistando 1.500 chief executive officer in tutto il mondo, conferma che la nuova sfida non sta tanto nel cambiamento, quanto nella complessità generata da un mondo sempre più interconnesso e veloce. Oltre la metà dei leader intervistati ritiene che la propria azienda non sia preparata a gestirla e un terzo incontra difficoltà a ottenere e utilizzare le informazioni rilevanti per valutare rischi.
Tanto da chiedere uno sforzo maggiore per aumentare l’interconnessione e l’ottimizzazione. Dallo studio di Big Blu emerge il profilo di un’azienda smarter (più intelligente) allorquando riesce a fare previsioni, senza limitarsi a reagire al mercato, mette in rete i processi e le funzioni interne ed esterne di tutte le sedi, è in grado di analizzare le informazioni per utilizzare solo quelle più rilevanti a supporto delle decisioni.
Un esempio dei vantaggi resi possibili da questi strumenti arriva dal mondo bancario, alle prese con la difficile riconquista della fiducia tra i risparmiatori, dopo le difficoltà degli ultimi due anni (un’indagine statunitense rivela che un risparmiatore su due valuta la possibilità di cambiare banca perché insoddisfatto dal livello di servizio ricevuto). Attualmente solo l’11% del denaro che circola sui mercati è sotto forma di contante: tutto il resto viaggia sui circuiti digitali tra bonifici, rid e transazioni finanziaria. Con due conseguenze: i risparmiatori non hanno il controllo di quello che realmente avviene ai propri soldi e le macchine acquistano il potere di influenzare i mercati con scelte che spesso si muovono in automatico, al raggiungimento di determinati livelli di prezzo. I sistemi di smarter money fanno leva sulla stessa forza della tecnologia, con l’obiettivo di ridurre le possibilità di errori: in sostanza, la potenza di calcolo raggiunta dai calcolatori viene sfruttata per mettere in relazione le informazioni provenienti da diverse fonti e trasformarle in indicazioni operative per chi è chiamato a decidere. Se una macchina offre indicazioni errate, le altre intervengono a correggerla e si evita così di prendere abbagli come accaduto nel recente passato, quando titoli di società giunte a un passo dal fallimento continuavano a essere ritenuti affidabili dalle principali agenzie di rating.
Un altro tema caldo è l’energia, sotto due aspetti: la necessità di ridurre i consumi per salvaguardare l’ambiente e quella di ridurre le inefficienze della rete, che nei paesi occidentali oggi portano a una dispersione tra il 40 e il 70% dell’elettricità prodotta. Il ruolo delle reti intelligenti consiste nel far "dialogare" tra loro tutti i soggetti coinvolti nella catena della distribuzione per prevenire incidenti e interruzioni nella fornitura. Oltre che nell’integrare la spina dorsale costituita dalle fonti tradizionali con l’apporto crescente garantito da quelle rinnovabili Nel 2007 Ibm ha sostenuto la nascita della Global Intelligent Utility Network Coalition, associazione che mette insieme dodici aziende, con 100 milioni di clienti serviti: la sua mission è mettere insieme le singole competenze, dalla produzione alla tecnologia, alle infrastrutture per garantire consumi più consapevoli e ridurre l’esborso medio dei consumatori finali. L’associazione ha messo a punto lo Smart grid maturity model, già adottato da una sessantina di utility di tutto il mondo, che punta sull’integrazione del lavoro e sulla comunicazione tra le diverse fonti di produzione delle informazioni per supportare le decisioni di business degli operatori elettrici e le decisioni politiche dei legislatori.