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 2010  giugno 20 Domenica calendario

SCHUMANN GENIO SENSUALE

Bisogna partire dalla fine, perché Schumann ci ha lasciato una produzione sterminata. Non solo per il pianoforte, al quale dedicò in modo esclusivo i primi dieci anni di composizione. Penso a pagine straordinarie, che si ascoltano davvero molto raramente, come i Quattro Canti per doppio coro ( Vier doppelchörige Gesänge op. 141) oleRomanze per coro femminile . Tutte opere ultime. Così come le Scene dal Faust: nell’insieme uno dei momenti più alti della musica, tra i due monumenti del Fidelio di Beethoven e del Tristano di Wagner. L’Ouverture, in particolare, e la Morte di Faust,
scritte nel 1853, l’anno prima della crisi, sono due capolavori. Come per il pianoforte i
Gesänge der Frühe op. 133. Geniali.
a Beethoven o Wagner. Vero. Ma in esecuzioni congeniali a questa particolare scrittura, tutte le parti escono perfettamente. E cadono tutte le riserve di ridondanza. Le Sinfonie dirette da Karajan coi Berliner, ad esempio: restituiscono un equilibrio, una qualità di suono straordinari.
Le Sinfonie Alla ricerca della classicità
Qualcuno ne ha rimproverato la strumentazione, cioè la disposizione degli strumenti, non efficace. Inferiore rispetto Negli ultimi anni affiorano momenti di debolezza. Schumann riprende composizioni precedenti, le rielabora. Ritocca il
Concert sans orchestre op. 14, toglie alcune dissonanze, invece importantissime. Oppure ripubblica gli Studi sinfonici op. 13 cambiandone il titolo in Variazioni . Mira a una dimensione più classica e taglia dalla raccolta due numeri, tra i più affascinanti. A tratti si evidenzia questa ossessione classicista, nell’ultimo Schumann. Quasi fosse danneggiato dal suo stesso genio. Inspiegabile.
Costruire su frammenti
Il mio primo Schumann credo sia stato quello di Carnaval. Poi sono venuti la Sonata in fa diesi minore , Kreisleriana, gli Studi
sinfonici, rimasti due pezzi stabili nel mio repertorio. Dieci anni fa ho affrontato il Concert sans orchestre. tutto costruito sul tema di Clara, del secondo movimento: unitario. Lì è dimostrata l’abilità di Schumann nel comporre partendo da frammenti. Come in Carnaval . Poche note. Questa capacità di elaborare il materiale tematico c’è già nelle prime composizioni, ad esempio nell’Allegro in si minore op. 8, del 1831: tutto costruito su tre note, continuamente rielaborate. Punto di riferimento? Chiaramente Beethoven.
Cortot
L’interprete di Schumann per cui provo una grande ammirazione è Alfred Cortot. Naturalmente ci sono anche altri grandi schumanniani: Michelangeli, Horowitz, Gieseking. Ma Cortot ne comprese la natura profonda, e insieme lo spirito anarchico. Meglio dei grandi interpreti tedeschi: il loro Schumann sta più nel solco dei classici. Le incisioni di Cortot invece, degli Studi sinfonici, dei Davidsbündlertänze , di Kreisleriana,
rimangono le più illuminanti. In Kreisleriana viene accentuato il carattere estremo delle indicazioni espressive e di tempo.
Indicazioni estreme, nella lentezza.
Il cantabile
E poi Cortot ne sapeva tradurre il cantabile: meno celebre di quello di Chopin, ma estremamente toccante. il cantabile il lascito più notevole del pianoforte di Schumann. Difficile da far emergere, perché soprattutto dopo le prime composizioni giovanili, lui utilizza poco il registro medio della tastiera, dove tradizionalmente abita il canto. Scegliendo solo una parte dello strumento si crea una scrittura densa, da cui è difficile portar fuori le parti principali.
Il problema è analogo in orchestra. Il suo è un suono immaginario. Per affiorare chiede interpreti amici.
Schumann e Beethoven
Molto diversa è la scrittura di Beethoven, che nelle Sinfonie come nelle Sonate per pianoforte crea grandi spazi. Tra la mano destra e la mano sinistra, oppure nella distribuzione dei temi: nella Appassionata
il tema appare a distanza di due ottave. La centrale tace. O nell’inizio dell’ Ottava Sinfonia,
sovrabbondante di estremi. Ma Schumann è più sensuale di Beethoven.
Schumann e Liszt
Liszt, a Weimar, cercò di valorizzare i compositori, al di là degli schieramenti tra moderni e classici. E anche per Schumann fece moltissimo. Poi però ci furono gli episodi di Düsseldorf: si può intuire che Schumann non fosse particolarmente dotato per la direzione d’orchestra. E quegli insuccessi amareggiarono gli ultimi anni. Gli venne proposto di dirigere solo le sue composizioni, ma la moglie Clara si interpose. Senza chiedergli un parere. Rispose per lui: no.
Schumann e noi
Non c’è un nesso tra Schumann e il nostro presente. Ma non si può parlare di Schumann come se fossimo in un limbo. Non si può riflettere sulla sua musica senza parlare della situazione disastrosa che sta vivendo l’Italia. Dove sta passando la legge sulle intercettazioni e dove su altro fronte la cultura viene penalizzata tremendamente. Il futuro del nostro Paese è un enorme punto interrogativo. Siamo alla contrapposizione tra chi vuole impadronirsi del potere assoluto e chi resiste.