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 2010  giugno 20 Domenica calendario

ONU: TRIPLICATI I KAMIKAZE IN AFGHANISTAN

Le Nazioni Unite hanno pubblicato ieri un nuovo rapporto sulla guerra in Afghanistan che, in controtendenza rispetto al cauto ottimismo del Pentagono, dipinge un quadro sempre più drammatico del conflitto. In base alle statistiche contenute nel documento i primi quattro mesi dell’anno hanno registrato un forte aumento di attentati, attacchi suicidi, assassinii mirati e vittime civili rispetto allo stesso periodo del 2009. Le zone più colpite sono state, prevedibilmente, quelle nel sud del paese, in particolare le provincie di Helmand e Kandahar, dove si stanno concentrando le operazioni militari della Nato.
Uno dei capitoli più preoccupanti del rapporto è quello dedicato agli attacchi suicidi, triplicati in numero e cresciuti in sofisticazione rispetto a un anno fa. Oggi avvengono mediamente tre volte alla settimana e due volte su tre sono catalogabili come «attacchi complessi », in cui gli attentatori oltre a indossare giubbotti esplosivi impiegano anche armi automatiche o granate. «Il passaggio ad attacchi suicidi più sofisticati sostiene il rapporto dimostra le crescenti capacità delle reti terroristiche locali legate ad al-Qaeda».
Un secondo dato degno di nota è quello degli attentati compiuti mediante i cosiddetti Improvised explosive devices (Ied), ordigni rudimentali solitamente collocati sul bordo di una strada e fatti esplodere al passaggio dei convogli militari.
Secondo l’Onu nei primi 4 mesi dell’anno il ricorso a questo tipo di attacchi sarebbe aumentato del 94% rispetto al 2009, una tendenza considerata particolarmente «preoccupante » perché in Afghanistan storicamente un terzo degli attentati e delle vittime sono provocati proprio dagli Ied.
L’altro elemento preoccupante riguarda gli omicidi mirati di funzionari statali che, secondo le statistiche contenute nel rapporto, sono aumentati del 45% soprattutto a causa dell’impennata di violenza nelle regioni abitate dall’etnia pashtun nel sud del paese. Non è un caso quindi né che la maggioranza delle vittime del conflitto continuino a essere i civili, né che in proporzione stia aumentando il numero di quelli uccisi dalle «forze anti-governative» (il 70% del totale rispetto al 67% di fine 2009), anziché dalla Nato e l’esercito afghano.
Proprio il decremento dei «danni collaterali» provocati dalle operazioni militari dell’esercito americano e dei suoi alleati è uno dei pochi elementi positivi che emerge dalla ricerca dell’Onu. Tra le ragioni del miglioramento sembrano esserci l’impiego di forme di avvertimento «non letali » ai posti di blocco e il minore ricorso sia ai bombardamenti che al supporto aereo per le operazioni di terra. Tutte novità riconducibili alla politica inaugurata lo scorso luglio dal comandante delle forze Isaf, generale Stanley McChrystal, per abbassare il numero di vittime civili e migliorare i rapporti tra le truppe e la popolazione afghana.
Parallelamente alla conferenza stampa in cui è stato presentato il rapporto dell’Onu, sempre a Kabul un portavoce della Nato ha reso note le statistiche dell’Alleanza sulle vittime civili: nelle ultime 12 settimane quelle attribuibili alle truppe Isaf sarebbero calate di oltre il 44%, mentre quelle riconducibili agli «insorti» sarebbero aumentate del 36 per cento. Il portavoce ha anche detto di attendersi che i «duri combattimenti » delle ultime settimane continuino, aggiungendo che «con l’afflusso crescente di truppe nella regione » la situazione starebbe volgendo a favore delle forze Nato.
Nonostante l’ottimismo dei vertici militari, tra venerdì e sabato hanno perso la vita tre soldati americani, due britannici e un francese, portando a 54 il numero delle vittime della missione internazionale nel solo mese di giugno, uno dei peggiori dall’inizio del conflitto. Anche gli sforzi per limitare il numero di vittime innocenti ieri hanno subìto un duro colpo quando in un raid aereo delle forze Nato nella provincia di Khost sono rimasti uccisi almeno cinque civili tra cui due bambine di sette e otto anni.