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 2010  giugno 19 Sabato calendario

DRAMMA DI SERIE B STRAGE IN KIRGHIZISTAN E NESSUNO SE LA FILA

Ufficialmente i morti in Kirghizistan sono almeno 191. Ma la premier a interim Roza Otunbayeva, arrivata ieri in elicottero nella città di Osh, dice che potrebbero essere ”dieci volte di più”, dunque, addirittura 2000. Un milione invece sarebbero i profughi, certificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: 300.000 che hanno passato il confine, mentre gli altri sarebbero ancora all’interno del Kirghizistan. Il governo uzbeko dice che non ce la fa a ospitarne di più, e annuncia la chiusura delle frontiere. Su un Paese che non arriva ai 5 milioni di abitanti, sarebbe come se in Italia ci fossero stati 24.000 morti e 12 milioni di profughi. Ma il bello è che questa clamorosa emergenza umanitaria non si sa neanche ancora bene come si sia scatenata.
Il governo provvisorio dice che a aizzare il macello sarebbero stati seguaci dell’ex-presidente Kurmanbek Bakiyev, estromesso dopo la rivolta di aprile. Il 27 giugno è infatti in agenda un referendum su una nuova Costituzione che toglierebbe poteri al Presidente in favore del Parlamento, in modo da prevenire l’emergere di nuovi personaggi autocratici. L’arresto di uno degli istigatori e una telefonata che è stata intercettata tra il figlio e il fratello di Bakiyev dimostrerebbero che dall’esilio l’expresidente avrebbe mandato i suoi emissari a aizzare i kirghizi del sud contro la minoranza uzbeka, che aveva accolto il cambio di regime con favore. Così salterebbe il referendum, non si farebbe la nuova Costituzione, si dovrebbe rinviare il voto di ottobre, e magari si giustificherebbe un intervento internazionale per rimescolare le carte. Ma il New York Times ha invece riferito le testimonianze di molti uzbeki che hanno accusato l’esercito: non solo non li avrebbe difesi, ma li avrebbe perfino attaccati, e vari uomini in uniforme sarebbero stati visti ridere e festeggiare per strada durante il massacro. La stessa Otunbayeva promette una commissione d’inchiesta, come richiesto dalla minoranza uzbeka. Quel che è certo è che il risentimento tra le due etnie è atavico. Quella degli scontri è un’area etnicamente uzbeka che al tempo di Stalin fu assegnata al Kirghizistan, e in cui col tempo sono immigrati vari kirghizi dalle montagne. A Osh e nelle città i kirghizi sono divenuti maggioranza, ma nelle campagne continuano a prevalere gli uzbeki, in modo che ognuno dei due gruppi finisce per considerarsi una minoranza sotto assedio. Dunque, chiunque può facilmente scatenare un incendio. Così come l’incendio può scoppiare da solo, ed essere poi utilizzato: dall’ex-Presidente per mettere i bastoni tra le ruote dei suoi successori, così come dal governo provvisorio per screditare Bakiyev. Si potrebbe poi pensare che anche i russi potrebbero essere interessati a pescare nel torbido, ma il loro rifiuto di mandare truppe malgrado la richiesta che era stata fatta mostra come Mosca abbia pochissima voglia di infilarsi in un nuovo mattatoio centro-asiatico. La base militare che mantiene a Kant, vicino alla capitale Bishkek, per il momento basta ad accontentare le sue esigenze. Ma il Kirghizistan è l’unico Paese al mondo a ospitare contemporaneamente una base russa e una base americana: questa, a Manas. E mentre l’Amministrazione Obama manifesta preoccupazione Hillary Clinton ha già annunciato lo stanziamento di 10,3 milioni di dollari di aiuti.