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 2010  giugno 21 Lunedì calendario

L’ITALIA PER LA PARTITA DEGLI STADI POTREBBE SCHIERARE TRE MILIARDI DI EURO

Dublino, Croke Park, giovedì scorso. Lo stadio che nel 1920 fu teatro del primo Bloody Sunday, oggi un impianto modello, ospita lo «Stadium business summit 2010», nome che è tutto un programma. Partecipanti italiani accreditati: un paio su 200, compresa la Federcalcio. A volte i dettagli dicono tutto.
Eppure (o forse proprio per questo) intorno all’impiantistica sportiva si sta concentrando l’attenzione di un numero crescente di soggetti. Costruttori e sviluppatori in cerca di alternative ai progetti residenziali, sindaci desiderosi di riqualificare zone degradate, presidenti di club ispirati dalla Juventus e dal nuovo «Delle Alpi», che sarà finito nel 2011. «Inter, Roma, Lazio: i nomi dei club in prima linea sono noti, ma anche a Udine è pronto un progetto, e poi ci sono Cagliari, Verona, Parma e una serie di realtà di provincia come Novara, Cremona e Piacenza». Michele Uva, dirigente della Figc che ha curato la candidatura italiana a Euro 2016, traccia l’identikit delle piazze potenzialmente interessate. Perché l’operazione possa decollare, però, è fondamentale l’approvazione della legge sugli stadi, ora all’esame della Camera (Ddl 2800, in commissione Cultura).
Dopo la bocciatura del dossier italiano per gli Europei,la norma è passata un po’ in secondo piano. Ma la Figc, il Coni e le leghe non mollano. E i professionisti sono d’accordo: «Il varo della legge potrebbe dare un grande impulso per la realizzazione degli impianti sportivi nei centri medio-grandi, facilitando la realizzazione di strutture più vicine alle
best practice europee con un mix funzionale utilizzabile 7 giorni su 7», commenta Piercarlo Rolando, general manager di Reag. In gioco, poi,c’è anche la sfidadi rendere più sicuri e accessibili gli stadi, troppo spesso in balìa degli ultras.
Il punto forte della norma sono i tempi certi: chi vorrà costruire un nuovo stadio dovrà presentare uno studio di fattibilità, che il Comune potrà bocciare o recepire entro sei mesi in un accordo di programma. Dopodiché, se l’accordo comporterà varianti urbanistiche, la giunta dovrà ratificarle entro 30 giorni. Il modello base sono «operazioni che prevedano la riqualificazione delle aree su cui sorgono le vecchie strutture e cambi di destinazione delle stesse, con l’obiettivo di generare ricavi sufficienti per realizzare e gestire la nuova struttura», spiega ancora Rolando. Come dire: palazzi, scuole e giardini al posto delle vecchie tribune, e un nuovo impianto in periferia, affiancato da cinema, ristoranti e negozi.
Con il mix giusto, tutti ci guadagnano: il Comune ( che riqualifica ampie zone della città), il club (che diventa proprietario del campo e ne incassa gli introiti) e il costruttore (che vendendo gli alloggi e i negozi ripaga il cantiere). Secondo uno studio di Reag, il 75% dei 129 stadi di serie A, serie B e Lega Pro si trova a meno di 3 chilometri dal centro città. In gioco c’è un potenziale di investimenti «da 2,5 a 3 miliardi di euro solo per ristrutturare o rifare gli stadi di calcio di serie A e B», come ha dichiarato all’Eire due settimane fa Nicholas Gancikoff, manager di Sports Investment Group, la società che sta seguendo il progetto dell’Inter.Se poi si conteggiano anche le categorie inferiori e i palazzetti dello sport, si può arrivare a 5 miliardi di euro. Lo stesso studio di Reag rileva che il 45% degli stadi usati da società professionistiche ha più di 50 anni. E comunque anche quelli più recenti hanno bisogno di adeguamenti.
Ad ogni modo, demolire il vecchio non è sempre indispensabile, come dimostra il caso del progetto di fattibilità del nuovo stadio di Bergamo, redatto da Giugiaro Architettura su incarico di AlbinoLeffe e Lombardini Holding. «Il nostro masterplan – racconta l’ad Aldo Cingolani – prevede un impianto modulare da 12mila posti che possa essere in futuro ingrandito a 20mila con una sempice modifica strutturale. L’investimento sarà di 60-80 milioni e si basa su parametri di redditività in grado di coprire i costi di costruzione con i ricavi dello stadio e delle attività collaterali, che includono shopping, intrattenimento ed eventi ». La sfida di fondo, per tutti, è proprio questa: imparare dallo stadio di Miami, che ogni anno, oltre a 100 partite, ospita mille concerti ed eventi.«I margini ci sono ”osserva Uva ”perché, una volta pagato il biglietto, uno spettatore italiano spende in media 1,50 euro a partita, contro le 20 sterline di un inglese. Un nuovo impianto, però, non basta: le società dovranno dotarsi delle professionalità necessarie».