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 2010  giugno 21 Lunedì calendario

I SOLI NUMERI NON DICONO L’INTERA REALT

Il contrasto all’evasione fiscale rappresenta, certamente, uno dei punti centrali del decreto legge sulla manovra economica. In questa direzione si muovono due norme del Dl (gli articoli 23 e 24), che individuano una possibile area critica tra le imprese che «cessano l’attività entro un anno dalla data di inizio» e tra quelle che in modo «sistemico» dichiarano perdite fiscali, prevedendo in entrambi i casi una maggiore attenzione dell’amministrazione nella fase di controllo.
Si tratta di fenomeni assai diffusi, come mostrano i dati del Sole 24 Ore. Ed è indubbio che ciò segnali situazioni di possibile rischio di evasione fiscale. Le imprese che aprono e chiudono in tempi brevi possono prestarsi a emettere fatture per operazioni inesistenti, oppure inserirsi nella catena delle "frodi carosello", non versando l’Iva su operazioni poste in essere con questa finalità. L’immediata dissoluzione dell’impresa impedisce che, in caso di controllo, le somme accertate dal fisco possano essere recuperate. L’"evasione da riscossione", è invero più agevole da porre in essere quando l’impresa è cessata, sopratutto se gestita in forma giuridica che garantisce la responsabilità limitata al capitale o se intestata a persone nullatenenti. Analogamente, le società in perdita per diversi periodi di imposta possono essere il risultato di sistematici occultamenti di corrispettivi. Dunque, la manovra del governo pare, a prima vista, colpire nel segno: individua indici e criteri potenzialmente rilevanti per selezionare le imprese da sottoporre a controllo in relazione alla probabile presenza di evasione o di elusione.
Occorre tuttavia essere cauti nell’attribuire alle citate situazioni sicuro indice di patologia fiscale. Le imprese che aprono e chiudono in poco tempo, specie se individuali, possono essere la conseguenza di tentativi falliti di "mettersi in proprio", tentativi che possono essere socialmente apprezzabili, se permettono anche solo a poche tra esse di nascere, crescere ed affermarsi.
La pericolosità fiscale andrà semmai verificata incrociando altri indicatori, come la contemporanea presenza delle stesse persone in molteplici società o in altre imprese che hanno pure avuto vita breve, o come l’esistenza di incongruenze tra dichiarazioni e versamenti.
Analogamente, le società in perdita ripetuta possono essere la conseguenza di crisi effettive, là ove, a esempio, la rilevante dimensione sociale dell’impresa può rendere opportuno non cessare comunque l’attività o nelle start up di imprese innovative che dispongono di potenzialità di radicamento e crescita nel medio periodo.
Va rammentato inoltre che chi veramente evade ha cura di non destare sospetti: difficilmente, dunque, si mette in evidenza dichiarando perdite significative e sistematiche. Si aggiunga, poi, che i dati riportati in questa pagina non sono ponderati per tenere conto della dimensione dell’impresa, con la conseguenza che nella statistica pesano, come società operative, anche le holding, le società immobiliari o di puro godimento, le società tenute nel cassetto dai professionisti o dai gruppi, nelle quali la mancanza di effettiva operatività conduce a modeste perdite fiscali, del tutto innocue a livello di sistema.
L’interrogativo che emerge è come mai si sia giunti oggi, con il necessario contributo di un decreto legge, a introdurre criteri di selezione delle imprese da controllare che l’esperienza e la professionalità dell’agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza hanno da tempo osservato nell’ambito della discrezionalità tecnica da sempre loro attribuita nella scelta dei contribuenti da sottoporre a controllo. Risulta infatti che da moltissimi anni vengono adottati criteri selettivi. E la presenza di perdite per diversi periodi consecutivi costituisce uno tra i molti indicatori che i verificatori assumono nel processo di selezione dei contribuenti.
A questo riguardo, una riflessione sui ruoli del legislatore e dell’amministrazione nei riguardi del contrasto all’evasione si rende opportuna.
Si è dell’avviso infatti che il legislatore dovrebbe anzitutto privilegiare nelle proprie scelte la fissazione dei principi di fondo, degli assetti dell’organizzazione e delle risorse da dedicare.
Da questo punto di vista vi è ampio spazio per nuovi interventi di contrasto potenzialmente produttivi di effetti rilevanti. A esempio, introducendo quelle riforme che chi scrive ha già avuto modo di evidenziare, come la dichiarazione periodica del patrimonio per finalità di controllo dei redditi o l’allineamento della tassazione dei redditi immobiliari a quelli finanziari con l’aliquota del 20%, ragguagliata ai valori di mercato stimati delle rendite immobiliari. L’amministrazione finanziaria dovrebbe continuare a svolgere il proprio lavoro utilizzando al meglio la discrezionalità e le risorse, tecniche ed umane, di cui dispone con il solo supporto della sua professionalità e senza vincoli non necessari imposti da provvedimenti di legge.