Francesco Manacorda, La Stampa 21/6/2010, 21 giugno 2010
PERCH SI LITICA PER LO YUAN?
Che cosa è lo yuan, che Pechino pare aver deciso di rivalutare verso il dollaro?
E’ la moneta della Repubblica popolare cinese, detta anche renminbi, «moneta del popolo».
Che cosa ha deciso sabato
la Cina?
Con un comunicato la Banca popolare di Cina, l’istituto centrale del Paese, ha annunciato cautamente - e le cautele sono aumentate ieri, in un nuovo comunicato - che si prepara a «sganciare» lo yuan dal dollaro e ad «aumentare la flessibilità del tasso di cambio».
Ma che significa «sganciare» il cambio tra
le due valute?
Nel luglio 2008, mentre si diffondeva la crisi finanziaria in tutto il mondo, la Cina decise di fissare il proprio cambio con il dollaro a un valore predeterminato: 6,83 yuan per un dollaro. Da allora il cambio è rimasto fermo a quel livello, nonostante le proteste Usa. Ora, invece, le cose cambieranno, non ci sarà più un cambio fisso.
E perché gli Usa protestavano?
Perché, a quota 6,83 lo yuan veniva inchiodato a un livello troppo basso, secondo gli Usa, rispetto al dollaro. La conseguenza è che le merci cinesi - che già godono del basso costo del lavoro in Cina - sono oggi molto convenienti per il consumatore americano e le aziende del Paese asiatico lavorano a pieno ritmo. Al contrario le aziende americane faticano ad esportare verso la Cina anche per il livello del dollaro.
Lo «sganciamento» vale solo nei confronti
del dollaro?
Formalmente no. Anzi, la Banca di Cina sabato parlava di una fluttuazione rispetto a «un paniere di valute», la cui composizione resterà probabilmente sconosciuta. Nel paniere ci sarà ovviamente il dollaro, ma anche l’euro e forse altre valute come lo yen e la sterlina, non si sa in quale proporzione. Di fatto però sono gli Usa il principale interlocutore commerciale di Pechino.
Lo yuan si rivaluterà così
di sicuro anche rispetto all’euro?
E’ probabile che ci sia una rivalutazione, perché il valore della moneta cinese è stato artificialmente compresso negli ultimi due anni. Ma non è detto che il valore cambi così come cambia con il dollaro.
Ma all’Italia questa decisione fa bene o male?
Dipende dalla categoria che si prende in considerazione. Per i consumatori italiani i prezzi delle merci prodotte in Cina potrebbero aumentare di pari passo con un’eventuale rivalutazione dello yuan sull’euro. Ma per le imprese del «Made in Italy» che esportano verso la Cina uno yuan più forte è una bella notizia: le loro merci costeranno meno ai cinesi che quindi potrebbero comprarne in quantità maggiore.
Quella di Pechino è una decisione a sorpresa?
Proprio no. Da mesi la pressione diplomatica degli Usa contro Pechino, accusata di manipolare le valute - cosa che è proibita dalle regole del Fondo monetario - andava crescendo. E da mesi Pechino resisteva a qualsiasi apertura. Invece ora l’ha fatta.
Perché si scrive che la Cina ha deciso questa mossa in vista del G20?
Perché il prossimo fine settimana, quando si riuniranno a Toronto i leader delle principali 20 potenze economiche, gli Usa si preparavano a fare la voce grossa con la Cina proprio sul cambio tra le valute, minacciando sanzioni. Pechino, invece, gioca d’anticipo e si presenterà a quell’appuntamento senza che gli altri abbiano molto da chiederle.
Ma allora è solo una mossa tattica?
Questa è l’incognita che tutti - politici, finanzieri, industriali - vogliono chiarire. Secondo alcuni osservatori lo yuan dovrebbe rivalutarsi anche del 40% per assicurare un giusto equilibrio con il dollaro. Pechino segnala invece che i movimenti saranno limitatissimi.
Stamattina obbiamo aspettarci terremoti sulle valute?
Abbastanza difficile che ce ne siano. La Banca di Cina ha già fatto sapere che non esiste alcuna possibilità di un forte apprezzamento dello yuan. Bisogna pensare all’economia cinese come a un transatlantico, per manovrarlo senza fare disastri ci vuole mano leggera e colpi di timone impercettibili.
Che cosa succederà allora da oggi sui mercati?
E’ prevedibile che ci sarà un afflusso verso i titoli denominati in yuan, specie dall’area del dollaro, visto che l’aspettativa è che nei prossimi mesi il primo salga rispetto al secondo. Allo stesso tempo potrebbe esserci un calo delle quotazioni dei titoli di Stato Usa, perché le aspettative sono che Pechino rallenterà gli acquisti di questi titoli.
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