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 2010  giugno 21 Lunedì calendario

L’ERBA DI WIMBLEDON DEA SACRA DEGLI INGLESI

La prima volta di Adriano Panatta sul Centre Court fu nel 1972, contro Neale Fraser. «Era il primo giorno e l’erba si presentava compatta, uniforme, di un verde intenso. C’era un silenzio per me sconosciuto. Mi avvicinai a Fraser e gli dissi, a bassa voce: ”Che peccato, se ci camminiamo sopra rovineremo tutto”. Mi guardò sorridendo. ”Be’, visto che ce lo permettono - rispose - facciamoli divertire”».
Il Centrale di Wimbledon è la radura dell’Essere tennistico, un luogo dove si svelano gli dei, ma prima ancora è un prato, un «lawn», e i prati sono una cosa intimamente, sacralmente inglese. Qualcuno sostiene che i prati, verdi, scintillanti, vivi, compatti, «sono», semplicemente, l’Inghilterra. I prati dove giocava a palla Francis Drake aspettando l’arrivo della Invencible Armada (no, Nadal ancora non c’era, per fortuna della Regina), i rettangoli di pace e perfezione che nel medioevo facevano sospirare Alberto Magno - «niente riposa meglio lo sguardo di un piccolo prato chiuso e tagliato basso» - e secernere invidia al parigino Antoine D’Argentville: «questi tappeti di velluto verde e uniforme, che in Francia tentiamo inutilmente di imitare».
Non è un caso se al Roland Garros si gioca sulla terra battuta. Fino al 1974 gli altri tre Slam erano erbosi: nel ”75 si arresero gli Us Open, nell’88 gli Australian Open, l’ultimo a resistere è il Tempio. Ventidue campi in erba, diciannove usati per le due settimane dei Championships, e un sacerdote-giardiniere di 67 anni, Eddie Seaward, in carica dal 1991 e nominato Mbe (member of British Empire) dalla regina Elisabetta nel 2007. Il settimo «head groundsman» di Wimbledon dalla nascita del torneo, nel 1877.
Un celta mite, canuto e gentile, che parla poco ma ha uno sguardo rampicante, innamorato delle sue tenere radici, e che ha rinviato il pensionamento fino al 2012: «Non mi sarei perso i Giochi per nulla al mondo, e il Club mi ha gentilmente chiesto di restare. Non so bene ancora come sarà il progetto del parco Olimpico, ma di sicuro ci sarà molta erba di cui prendersi cura...».
Seaward ogni mattina parte dalla sua casa di Raynes Park alle 5.30, non prima di aver fatto un primo briefing con l’ufficio meteo, e non se ne va mai prima di un’ora dopo la fine dell’ultimo match. «Durante il torneo», spiega, «Tagliamo i campi quotidianamente, li innaffiamo, e ridisegnamo le linee del campo (con argilla cinese, ndr)». Seaward guida uno staff fisso di 14 giardinieri, che diventano 28 nel periodo di Wimbledon: ogni campo è curato sempre e solo dalla stessa persona, sullo stessa tagliaerba - Toro GS 1000, un modello americano, ironicamente - perché ciascun giardiniere ha il suo personalissimo concetto di perfezione. Eppure, giura Eddie il Giardiniere «i nostri campi non solo appaiono identici, ma hanno anche lo stesso rimbalzo».
Dal 1995 l’altezza dell’erba dei courts è stata aumentata a 8 millimetri, e ogni anno per la semina viene impiegata una tonnellata di semi di segale (Perennial Ryegrass), l’unico tipo di erba utilizzata dal 2001. In precedenza la segale era mischiata ad un 75 per cento di festuca rubra (Creeping Red Festue), ma uno studio accurato del The Sport Turf Research Institute dello Yorkshire, che da 75 anni monitorizza Church Road, ha dimostrato che la segale da sola resiste meglio alla violenza del tennis.
I cambiamenti, in realtà, sono serviti anche a rallentare il gioco e rendere il «lawn» tennis appetibile anche ai non specialisti. «Ma la velocità è sempre la stessa», ribatte Seaward. «La segale da sola è più robusta, cresce più dritta e meno fitta. L’aria circola meglio, il terreno risulta più compatto, e il rimbalzo è più alto e stabile». L’effetto è una frazione di secondo in più a disposizione per azzeccare il dritto o il rovescio. «Il rimbalzo prima era più basso perché il terreno era più soffice, tutto qui», sorride Eddie. Nadal sentitamente ringrazia.
Per l’armata verde di Seaward Wimbledon dura 365 giorni. La preparazione inizia il giorno dopo la fine del torneo precedente, continua durante l’estate e l’inverno («bisogna continuare a tagliare l’erba per evitare che cresca troppo e rischi di marcire o di ammalarsi»), concimando, fertilizzando, irrigando; a primavera c’è la semina. L’erba va poi pressata con rulli fra i 250 e i 500 chili, e difesa dagli invasori: «Abbiamo rete elettriche che tengono lontane le volpi, la cui urina uccide le radici, dai campi principali, mentre Rufus (un falco addestrato, ndr) scoraggia i piccioni». Quest’anno una gelata a maggio ha costretto Eddie e i suoi a coprire con un telo i courts. I 375 soci dell’All England usano alcuni campi di gara fino alla vigilia del torneo. Seaward di partite ne vede poche. «La maggior parte del tempo lo passo su una panchina accanto al campo 14, a controllare le nuvole». Pronto a far scattare i ragazzi con i teloni, a concordare la chiusura del nuovo tetto trasparente sul Centre Court. il progresso. Senza la vulcanizzazione, scoperta da Goodyear nel 1839, non ci sarebbero palline da tennis. Senza il tagliaerbe, inventato da Edwin Budding 9 anni prima, non ci sarebbero prati così perfetti. Esiste una foto del primo giardiniere dell’All England Club, Thomas Coleman accanto al primo rullo da erba: risale al 1871. Quando sei anni dopo il rullo ebbe bisogno di riparazioni ai membri di quel club, dove allora si giocava solo a croquet, venne un’idea: «Per pagare le spese potremmo organizzare un torneo di tennis». Senza i prati, sostiene a ragione Seaward, non ci sarebbe Wimbledon.

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