VANNA VANNUCCINI, la Repubblica 20/6/2010; RENZO GUOLO, la Repubblica 20/6/2010, 20 giugno 2010
2 ARTICOLI - "SPORCHI E OCCIDENTALI" FATWA DELL´IRAN CONTRO I CANI
Con nessuna ciocca di capelli in vista e senza cani al guinzaglio. La campagna moralizzatrice che ha preso il via in questi giorni a Teheran con il nome di «nuova iniziativa per la sicurezza morale» è stata un nuovo shock per i giovani iraniani. La campagna non è nuova. Periodicamente all´inizio dell´estate la "polizia morale" cerca di impedire alle ragazze di spacchettarsi un po´, far prendere un po´ d´aria ai capelli, o portare a spasso il cane nel parco - occasione classica secondo i teocrati per indurre in tentazione i maschi ugualmente possessori di cani. Ma quest´anno si è aggiunto l´effetto sorpresa. L´estate scorsa infatti passò senza giri di vite sui codici di vestiario o il possesso di animali domestici: con le manifestazioni di massa seguite alla fraudolenta rielezione di Ahmadinejad, la polizia aveva altro cui pensare. Alcuni teorizzarono perfino che vi fosse una specie di contropartita: voi smettete le manifestazioni e noi vi lasciamo andare in giro vestiti (quasi) come volete e con i vostri cani al guinzaglio.
Si sbagliavano. Dopo la repressione delle proteste con la violenza che sappiamo, la campagna "moralizzatrice" è ripartita con particolare virulenza. Un mese fa il ministro dell´Interno avvertì che le forze di polizia erano di nuovo al loro posto sulle strade, dopo una breve assenza perché occupate a domare la "sedizione post-elettorale". Subito dopo fa il capo della polizia di Mashhad ha annunciato che le multe per abiti o comportamenti non consoni alla morale sarebbero salite da 50 a 1300 dollari, una cifra pazzesca. E ieri, su richiesta del quotidiano conservatore Javan, il grandayatollah Nasser Makarem Shirazi ha emesso una fatwa contro i cani (chiunque può chiedere una fatwa a un grandayatollah, anche per email). «Indubbiamente il cane è un animale immondo» ha sentenziato l´ayatollah: non solo non può essere portato a spasso ma nemmeno tenuto dentro le quattro mura di casa o del proprio giardino.
Solo Ahmadinejad ha diritto a quattro cani. Da guardia. Il loro acquisto qualche anno fa in Germania, al costo di 110.000 euro l´uno, fu commentato con ironia dagli iraniani. Anche il presidente si era fatto fare una fatwa, che gli riconosceva il diritto al possesso dei quattro cani «in quanto il loro uso era limitato a garantire la sicurezza». Niente carezze sulla testa o passeggiate nel parco, dunque. «I rapporti amichevoli con i cani sono una cieca imitazione dei costumi occidentali» ha ribadito ieri Makarem Shirazi: «Gli occidentali amano i cani più di mogli e figli».
Nonostante i divieti (o forse proprio per ribellione ad essi) la presenza di cani come animali domestici è cresciuta negli ultimi tempi. Non c´è un film di giovani registi iraniani in cui non si veda, in una macchina, il ragazzo la ragazza e un cane. I possessori di cani si difendono invocando il fatto che nel Corano non c´è nulla contro questi animali. Non solo, nulla di cattivo è stato creato nel mondo, dice Allah. Perché dunque prendersela con i cani? La controversia teologica se siano o no ammessi nell´islam cominciò subito dopo la rivoluzione islamica del 79 (anche in Arabia Saudita è vietato portare a spasso un cane, ma lì i grandayatollah non emettono fatwe provocatorie e così l´occidente non se ne accorge o fa finta di non accorgersene). Alla fine i teocrati iraniani bollarono l´amore per i cani non come disobbedienza al Corano ma come «acquiescenza all´invasione culturale occidentale». Di cani immondi non si parla nel Corano bensì nei Revayat (i detti di Maometto o degli Imam) i cui divieti vanno ugualmente rispettati, ha sentenziato Makarem Shirazì. A Teheran esiste da tempo un "centro di detenzione per cani" dove vengono portati gli animali sequestrati per strada ai padroni. Reato imputato al cane: «Camminata in pubblico».
VANNA VANNUCCINI, la Repubblica 20/6/2010
QUATTRO ZAMPE CONTRO IL REGIME - Il clero iraniano prosegue la sua guerra contro i cani. Così il grande ayatollah Naser Makarem Shirazi, una delle massime autorità religiose sciite, autore di fatwa-s, come quella che proibivano il fumo o quella che ribadiva, contrastando l´intento di Ahmadinejad, il divieto per le donne di entrare allo stadio, ordina che i cani non siano tenuti in casa.
La scarsa considerazione dei religiosi nei confronti del fedele amico dell´uomo risale alle fonti della tradizione islamica. Il cane è stigmatizzato perché contamina le condizioni di purità rituale, personale e dei luoghi, nelle quali si deve trovare il credente quando adempie all´obbligo della preghiera quotidiana. Ma nell´interpretazione dell´ayatollah di Qom l´avversione legata alla dimensione puro/impuro si arricchisce di ulteriori motivazioni. Tenere il cane in casa, dice Shirazi, è una moda occidentale che, come tale, va assolutamente bandita. Il religioso intima di trattarlo alla stessa stregua degli altri animali. Negandogli l´accesso alle mura domestiche e, nel caso specifico, utilizzandolo sul terreno della sicurezza privata. In quella pubblica il "lupus familiaris" trova già largo impiego: forze armate e polizia lo usano per scopi militari e nella lotta al narcotraffico. Anche nella Repubblica Islamica il fine giustifica i mezzi.
L´ordine di trasformare il cane da animale da affezione in animale da afflizione non è vincolante. Come da dottrina, la fatwa di Shirazi vale solo per quanti riconoscono il grande ayatollah come "guida da imitare"; ma si tratta pur sempre di un responso significativo. Perché condiviso dall´alto clero sciita; perché emanato in un tempo in cui sono sempre più quanti, uniformando i loro stili di vita a quelli occidentali anche nei rapporti tra diverse specie viventi, considerano il cane "uno di famiglia". Una scelta difesa strenuamente. Tanto che, come nel caso delle "mal velate" o dell´ascolto della musica rock da parte dei giovani, è vissuta come forma di resistenza quotidiana a un regime che si comporta da Stato etico. Da qui la decisione dei severi custodi dell´ortodossia di contrastare il fenomeno.
Come sempre, la lotta alla "degenerazione" dei costumi è essenziale nella microfisica del potere iraniano; ma con la guerra ai cani in casa il clero conservatore punta anche a far riemergere memorie antagoniste mai sopite. Tentando di contrapporre i "diseredati", i poveri tornati a essere massa di manovra del nocciolo duro del potere, alle classi medie, da sempre sensibili al tema delle libertà individuali e, in larga parte, sostenitrici dei riformisti. Ai tempi dello Scià, la classe agiata che tutto doveva agli autocratici Pahlavi, esibiva la sua rottura con il passatismo clericale, anche attraverso un generoso trattamento affettivo e alimentare nei confronti dei cani domestici. Le creature a quattro zampe divennero così, loro malgrado, simbolo di occidentalizzazione e di un lusso senza ritegno cui porre fine con ogni mezzo. La polemica sui cani riattiva, a livello non troppo inconscio, quella contro i vizi delle classi medie. Così, ancora una volta, il migliore amico dell´uomo diventa strumento e vittima dei pregiudizi degli umani, in turbante o meno.
RENZO GUOLO, la Repubblica 20/6/2010