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 2010  giugno 19 Sabato calendario

TRA SILVIO, FEDELE E SAN VITTORE LE CENTO VITE DI ALDO L´EX SEMINARISTA - A

Milano c´erano due Brancher. Uno era Bruno, figlio di una ragazza madre del Ticinese, rapinatore e anarcoide, diventato scrittore in carcere, e morto povero poco più d´un anno fa. L´altro è il suo cugino Aldo, l´ex prete diventato parlamentare, sottosegretario e ora ministro, che non ha mai tenuto alla parentela con l´altro: «In fin dei conti - scherzava Bruno, che ad Aldo aveva inviato una lunga lettera - ora che anche lui è stato in galera, potrebbe degnarsi di parlarmi». Non aveva mai avuto risposta: in effetti, non si ricordano in pubblico i discorsi di Aldo, sono importanti i suoi silenzi.
Il primo, quello che fa spiccare il volo alla sua carriera, avvenne all´epoca di Tangentopoli. Era il giugno 1993 e Aldo passa alle cronache come «il primo uomo Fininvest a finire a San Vittore». Ex manager di Publitalia, ottimo rapporto con Marcello Dell´Utri, diventato poi assistente di Fedele Confalonieri, Brancher è uno che fatica dalla mattina alla sera, a volte in proprio, più spesso in nome dell´azienda berlusconiana. lui che si occupa dei rapporti istituzionali con i partiti, che cura gli sconti, anche del 90 per cento, degli spot sotto elezioni. Conosce tutti i segretari amministrativi. In quella stagione di verbali e manette, ma anche di verità svelate, i pm del pool Mani pulite avevano scoperto che correvano tangenti pure per i cimiteri e le case di riposo. Non si stupiscono quando il segretario particolare del ministro Francesco De Lorenzo, in alcune delle novanta pagine del suo memoriale consegnato alla Procura, cita Brancher a proposito degli spot Aids.
La storia è semplice. Lo Stato ha realizzato un filmato di quarantacinque secondi in cui un tradimento si trasformava in tragedia, con la luce viola del contagio che entrava nella casa del fedifrago: passa in Rai, ma viene trasmesso a profusione sulle reti del Biscione. Per ringraziare il corrotto ministro liberale dei tanti spazi pubblicitari acquistati, Brancher secondo l´accusa gli allunga due bustarelle in contanti, da 150 milioni l´una.
Un altro tipo di contagio, quello da Tangentopoli, potrebbe dunque entrare in Mediaset. Ma Brancher, in un´epoca in cui quasi tutti confessavano, si costituisce: e resiste. Offre una versione ritenuta incredibile, si «mastica» l´intera carcerazione preventiva di tre mesi: «Per me vogliono due nomi, di quelli grossi, ma non li avranno», fa sapere. Uno duro, un po´ come un altro suo contatto dell´epoca, Primo Greganti, noto come il compagno G.
Il numero uno e il numero due, Silvio e Fedele, girano in auto intorno al carcere dove l´uomo che tace è detenuto. «Volevo far sentire a Brancher la mia presenza», confidò Berlusconi (vagamente esoterico) ai giornalisti. Scorrevano in Mercedes lungo viale Papiniano «per metterci in comunicazione spirituale, per far sentire a Brancher che gli eravamo vicini».
Il manager venne condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi, la prescrizione e la depenalizzazione che tanti ne salva salvò anche lui. Nel frattempo Berlusconi era sceso in campo «perché questo è il Paese che amo», disse. E poteva mancare un seggio per un uomo come Brancher? Affidabile, preparato, dalla memoria ferrea. Poche chiacchiere, tanti fatti. La sua capacità di creare ragnatele (ragnatele d´oro, verrebbe da dire, citando Leonardo Sciascia: tra l´altro presenta a Berlusconi Andrea Vantini, meglio noto come l´autore di "Menomale che Silvio c´è") è diventata persino simbolica: se da segretario dell´intelligente prete paolino che inventò la raccolta pubblicitaria di Famiglia Cristiana aveva imparato a dire la parola giusta al momento giusto, ora è «dentro» cose e situazioni importanti, e trova soluzioni, risolve problemi. Chi c´è alle cene ristrette con Berlusconi, Umberto Bossi, Giulio Tremonti e Roberto Calderoli? Lui. E che sia ad Arcore, che sia in via Rovani (storica sede Finivest), che sia nella sua villa di Bardolino, spunta con il passo felpatissimo alle riunioni più segrete.
Però, spunta sempre un però. Viene nominato in più di un´inchiesta, compresa quella romana su Finmeccanica. E, talvolta, lascia qualche traccia. Come con il banchiere rovinato Giampiero Fiorani, il quale sostiene che era Brancher a indicare i nomi dei politici da finanziare. E ricorda ancora di aver dato a Brancher e Calderoli 200 mila euro per le spese di una campagna elettorale. Tra una settimana esatta da questa nomina è fissata un´udienza del processo, davanti al giudice Anna Maria Gatto. prevista la testimonianza di Fiorani (lo sconfitto nella scalata bancaria) e sinora, per due volte, Brancher ha invocato - come fa Silvio Berlusconi - il legittimo impedimento. Quando si è al governo, non c´è più da girare intorno alle carceri, se si può girare lontano dai giudici.