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 2010  giugno 19 Sabato calendario

PONTIDA, UN MITO INVENTATO DA ZERO TRA NOZZE CELTICHE E CULTO DEL SENATUR

«L´han giurato, li ho visti in Pontida, convenuti dal monte e dal piano. L´han giurato e si strinser la mano...». Chissà se mai Riccardo Michelini, in arte Giovanni Berchet, patriota e poeta del Risorgimento, avrebbe immaginato che quasi due secoli dopo aver composto la sua ardente lirica, il giuramento di Pontida sarebbe divenuto patrimonio mitologico del partito meno unitario dell´odierna Italia.
Comunque domani sarebbe la ventesima volta che i leghisti giurano sul «sacro pratone», il condizionale è dovuto al fatto che nel 2004 la manifestazione non si tenne: Bossi era seriamente ammalato, i leader promettevano che sarebbe tornato in quell´occasione, però a maggio RadioPadania mise in onda un terribile audio del Senatùr che con voce roca e irriconoscibile ordinava di rinviare, «Pontida è la mia festa» biascicava Bossi, se io non ci sono, questo era il senso, è inutile giurare.
Aveva senz´altro ragione. La prima volta, nel 1990, quel rito che impegnò poco più di 5 mila eccentrici cittadini lombardi sembrava davvero una trascurabile assurdità, se non una follia. Ma in quel complicato processo che con senza vergogna presso gli studiosi di scienze sociali si definisce di «mitopoiesi», o costruzione del mito, quella bizzarra solitudine si rivela nel tempo un efficace propellente, e poi un segno di indefettibile lungimiranza.
Così l´altro giorno la Padania, tra l´istanza di accogliere al Nord le presunte spoglie del Caravaggio e l´ideaccia di vendere un prosecco senza alcol agli emirati arabi, ha potuto celebrare il giuramento primigenio con cronologica precisione e un simbolico richiamo alla meteorologia: «Erano quasi le 13 e sotto un cielo minaccioso e gravido di pioggia...». Bossi aveva 49 anni, i capelli a caschetto ma arruffati, una mesta giacca e il nodo della cravatta allentatissimo.
Oggi è giocoforza riconoscergli, se non altro, di aver inventato da zero una tradizione. Poi sì, certo, a smontarla con l´ausilio della cronaca, di per sé prosaica, questa tradizione risulta assai meno eroica di quanto un partito a guida carismatica vorrebbe farla circolare. Comici, per dire, parvero i gadget del priapismo aggressivo di quella stagione, il profumo "Dur", le mutande con scritte ammiccanti da uomo e da donna, i guerrieri con gli elmi dalle lunghe corna e poi anche l´arruolamento di figuranti con costumi da sartoria teatrale. La stessa formula del giuramento, variabile negli anni a seconda delle diverse opzioni decise dal grande capo tribù, destava il sospetto di poche e modeste letture; a questo proposito sembra di ricordarne una mutuata da I tre moschettieri per cui: «Tutti per uno - gridò il Senatur - e uno per tutti!».
Eppure, a suo modo, fin da allora il raduno di Pontida si connotò come lo specchio, il palcoscenico, per certi versi anche l´altare su cui man mano si dispiegavano le più spettacolari riemersioni arcaiche. E quindi: l´esaltazione di un etnos, il culto del capo, l´alzabandiera, l´inno da ascoltare con la mano sul petto.
Già meno comiche parvero le uniformi, le camicie verdi, anche se la Pivetti, civettuola, si presentò sul palco con il nodo allacciato sotto l´ombelico. Qui a Pontida, durante la fase secessionista (1995-1999), vennero anche celebrate promesse di matrimonio celtico di massa, con tanto di prenotazione via coupon. Qui furono eretti cumuli di pietre per indicare lo sforzo comune. Qui in appositi bracieri ritornò dopo qualche secolo la cerimonia dei roghi e andarono in cenere migliaia di moduli Ici. Qui domani è possibile che faccia un altro passo avanti il sempre più evidente processo d´investitura di Renzo Bossi, la trota, processo a sua destinato a ripristinare moduli pre-democratici qual è la successione del sangue.
Ormai da parecchio tempo, d´altra parte, il pratone di Pontida è stato sottratto all´uso profano e designato, molto semplicemente: «sacro». Nel 1998, a riprova di come al giorno d´oggi la sacralità vada a braccetto con i segni del mercato e del consumo, la Lega lanciò una sottoscrizione per acquistare quello spazio di circa 20 mila metri quadri. Furono quindi emessi degli speciali Btp (Buoni per il Terreno di Pontida) da 20-50 e 200 mila lire per tre distinte pezzature. Superbo imbonitore, Bossi berciava alla folla dal palco: «Ohè, mentre io sono qui a parlare non me ne lasciano nemmeno uno spicchio! Tenetemene via sei, per mia moglie e per i miei figli!».
In un paio d´anni se ne vendettero 500 milioni, ma poi la Lega, che si era impegnata per 2 miliardi e 750 più Iva, dovette rinunciare. Era il tempo del bagno finanziario Credieuronord. Inutile dire che quando accadono questi pasticci stare o non stare al governo può essere risolutivo: e la storia proprietaria del pratone, dove pure era previsto un ipermercato, conobbe ulteriori vicissitudini. «Mai come quest´anno - annuncia La Padania con formula inossidabile - il raduno di Pontida è carico di significati e contenuti». Ogni rito, del resto, è uguale a se stesso per risultare sempre diverso. «Oh spettacol di gioia! I Lombardi, son concordi, serrati a una Lega». Povero Berchet, proprio in vista del 150° dell´unità d´Italia.