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 2010  giugno 19 Sabato calendario

IL PRETE DIVENTATO MANAGER E LA GIRANDOLA DI CASI GIUDIZIARI

Roberto Calderoli lo stima e lo apprezza da sempre: «Una volta abbiamo fatto a gara: lui ha cucinato la polenta veneta, io quella taragna. bravissimo, fa tutto a mano come una volta e si è pure portato la padella e il fornello con la bombola da Bardolino». Ora sarà più dura fare il cuoco del federalismo: «Eh sì, lì serve l’alta cucina. Ma a parte gli scherzi, Aldo ha molta capacità di collegamento e sarà un ottimo regista per l’attuazione del federalismo».
Regista silenzioso, come nel suo stile. In perfetta coerenza con se stesso, Aldo Brancher è entrato con passo felpato nelle stanze più importanti di Palazzo Chigi, logico coronamento di una carriera da pontiere tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Uomo simpatico ma schivo, parco di parole e di apparizioni tv, Brancher ha però lasciato molte tracce di sé nelle cronache degli ultimi anni.
Una certa aria curiale, ma non affettata, è il lascito più evidente del passato. Dopo il baccellierato in teologia, prende la tonaca e diventa il braccio destro di Emilio Mammana, nell’ufficio pubblicità di Famiglia Cristiana. Apprendistato proficuo che si interrompe per dissidi con il direttore, don Leonardo Zega. Così don Aldo lascia prima il settimanale e poi la tonaca. Negli anni ”90 avrà modo di mettere a frutto il passato, incontrando il cardinale Tarcisio Bertone per conto di Silvio Berlusconi.
Brancher entra in Publitalia nell’82 e diventa uno dei più fidati collaboratori di Fedele Confalonieri. Il suo nome compare sui giornali per la prima volta il 18 giugno ”93. Piena Tangentopoli, i quotidiani sparano: «Mazzette anche negli spot sull’Aids. In manette Brancher, assistente di Confalonieri». il primo manager Fininvest a finire in galera, accusato da Antonio Di Pietro di aver consegnato una tangente di 300 milioni al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Resta in cella tre mesi. Le accuse poi cadranno, anche grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio stabilita dal governo del Cavaliere.
I suoi guai giudiziari non sono finiti. Ora è indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata di Bpl alla banca Antonveneta. La moglie, Luana Maniezzo, è titolare di un conto che ha inspiegabilmente ricevuto un premio di 300 milioni di euro. La prossima udienza del processo è prevista per il 26 giugno: le altre sono state tutte rinviate per suoi impedimenti. Buon’ultima, è arrivata l’intercettazione nella quale Gennaro Mockbel, uomo chiave della maxi inchiesta su Fastweb, lo tira in ballo come ispiratore del «partito federalista italiano in Belgio», dal quale sarebbe nata la candidatura di Nicola Di Girolamo. Lui smentisce: «Non conosco nessuno dei due, è una vergogna non tollerabile».
Politicamente si muove su diversi fronti, passando da Dc a Psi, fino a Forza Italia. Ma il suo forte legame con Umberto Bossi, che conosce da 20 anni, lo porta ad essere una figura chiave dell’ultimo decennio. Nel ”99 riesce a far ritirare a Berlusconi le querele verso Bossi, che all’epoca imperversava, chiamando il Cavaliere «il mafioso di Arcore». Ma la sua mediazione più importante, come ricorda Calderoli, «è stata l’operazione di ricucitura del 2000: dopo il ribaltone c’era stato uno scazzo notevole e lui riuscì a rimettere in piedi l’alleanza».
Ex prete bello, ha mantenuto nel tempo un aplomb e una pacatezza invidiabili. «Del passato di prete’ scherza Calderoli’ gli è rimasta la virtù della continenza, in tutti i sensi». Non è un caso che nella villa di Bardolino, dove abita con la moglie e i tre figli, e nella casa di Roma siano svolte molte cene cruciali. Come quella che portò alla defenestrazione di Alfredo Meocci da sindaco di Verona in favore di Flavio Tosi.
Brancher, dopo la nomina, se n’è tornato a festeggiare a Bardolino: piscina con vista, ulivi, viti che danno un ottimo e apprezzato vino. La sua regione gli ha dato gioia e qualche grattacapo, per esempio nel rapporto burrascoso con Giancarlo Galan. L’ex governatore e ora collega di governo, lo definì «uomo senza qualità e con molti peccati», e gli diede dell’«avvoltoio». Dal successore Luca Zaia ora arrivano i complimenti ma anche un monito: «Adesso ci sono quattro ministri veneti. ora di non deludere le aspettative e di dare corpo al mio slogan: prima il Veneto». La Lega lo aspetta al varco per il suo piatto più importante: il federalismo.
Alessandro Trocino