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 2010  giugno 23 Mercoledì calendario

PATRIZIA D’ADDARIO


 passato un anno dal 17 giugno 2009, quando la sua vicenda divenne pubblica. Lei nomina quella data come fosse stato un personale 11 settembre. Da allora la sua vita è cambiata. Qui cercheremo di capire come, poiché alla fine quell’evoluzione riguarda tutti noi. Ha fatto la trasformista, ma certo non si aspettava un simile mutamento. stata un’illusionista, una ragazza che giocava con le spade, ora associerà il proprio nome a una delle più contestate norme della legge che alcuni chiamano bavaglio e altri semplicemente anti-intercettazioni.
Patrizia D’Addario si presenta all’appuntamento a tarda sera nell’atrio di un grande albergo, scortata dal cugino Mimmo che è diventato il suo custode e da un giovane assistente. stanca, ha i lineamenti arrotondati dal cortisone. Cerca complicità, offre cordialità: un abbraccio e passa subito al «tu». Per quanto farlo con lei possa sembrare paradossale, le dico che non userò un registratore (né prenderò appunti). Accetta. E con sollievo accoglie un’ulteriore condizione: qui non si nominerà il presidente del Consiglio e si parlerà solo di quel che è accaduto dopo il loro incontro.
Sediamo al tavolo di un bar deserto. Ordina acqua. Il tovagliolo sotto il bicchiere servirà più volte per asciugare le lacrime. Le mani saranno una tortura l’una per l’altra. Dirà: «Dicono tutti che sembro triste». Ammetterò: «Quel che sembra è che tu non stia bene». Chinerà la testa. arrivata con ore di ritardo per colpa di un aereo che non atterrava mai. Proveniva dalla Svizzera.

Che cosa ci facevi in Svizzera?
«Sono andata a prendere mia figlia nel collegio dove studia. Ha fatto il primo anno di liceo».
Da quando studia là?
«Da quest’anno scolastico, dopo che è successo tutto. Dovevo proteggerla, tenerla lontana. stata una scelta difficile, ma ho dovuto farlo. Qui non poteva vivere. Troppa curiosità. E, quel che è peggio, le minacce. C’erano voci al telefono che mi dicevano: te la violenteremo».
Quanto costa mantenerla in un collegio svizzero?
«Costa, costa. Ma ho fatto mille confronti, l’ho messa in uno di quelli che costano meno».
Va bene, non svelare la cifra. Posso scrivere che un impiegato non se lo potrebbe permettere, che vale il suo stipendio?
«Sì, certo, ma vuoi dire…».
Che adesso guadagni più di quanto guadagnassi prima del 17 giugno 2009? così?
«No. Te l’assicuro. Prima facevo le serate. Ho fatto spettacoli in tutta Italia e anche nel mondo. Ero un’illusionista conosciuta nell’ambiente. Ho lavorato con David Copperfield. Adesso… adesso da un anno non riesco più a fare niente… guarda, mi tremano le dita, un tempo avrei fatto sparire questo bicchiere come niente, non faccio più magie».
Sei apparsa al Festival di Sanremo, a quello di Venezia, nelle Tv e sui giornali di mezzo mondo, hai oscurato chiunque. A occhio, è sembrato un mezzo incantesimo…
«Vuoi che ti racconti che cosa ci ho rimesso?».
Esattamente. Cominciamo da tua figlia. Che rapporto avete, come l’ha presa?
«Prima devi sapere come ho avuto mia figlia. Il padre, che fino al giorno prima era al mio fianco, dopo il parto mi ha dato un biglietto con un numero di telefono: era dell’associazione da chiamare per darla in adozione. Poi è tornato dalla sua ex moglie, e quel giorno stesso le ha dato un mega assegno. A lei l’assegno, a me il numero di telefono».
Mai più rivisto?
«Ci sono tornata insieme 4 anni dopo».
Perché mai?
«Per mia figlia, perché avesse un padre, perché lui provvedesse a lei, ma ho sbagliato, non poteva durare, mi sono fatta solo del male, trattata come una serva e alla fine tradita. E mi sono ritrovata un’altra volta sola con la mia bambina».
Come le hai spiegato quel che ti stava succedendo, quando il tuo nome è diventato famoso?
«All’inizio non ci sono riuscita. L’ho tenuta in casa, l’ho blindata. Poi ho dovuto dirle tutto e lei si è arrabbiata, non mi ha parlato per molto tempo. Finché una mattina, mentre stavo dormendo, ho sentito che mi stava coprendo di baci. Ho aperto gli occhi e lei era lì che mi abbracciava, e mi diceva che aveva capito».
Che cosa?
«Che io avevo detto la verità, e che questo era stato un atto di coraggio».
Ne valeva la pena?
«Per nove mesi sono stata lontana da lei, non rientrava neppure nei fine settimana, dovevo immaginarla sola nella sua cameretta in Svizzera, lei che amo più di chiunque. Mi chiedi se ne valeva la pena e non lo so, ma so che non riesco a mentire. Ho raccontato come è andata e basta. Ne sto pagando le conseguenze».
Quali minacce esattamente hai ricevuto?
«Di tutti i tipi. Mia madre è stata colpita a un occhio. Io sono stata mandata fuori strada in auto. Mi hanno rubato l’intero guardaroba, i vestiti di scena di una vita. Mi hanno aggredita in casa mia. Un carabiniere in borghese mi ha assalito e ha tentato di violentarmi mentre i suoi colleghi facevano la guardia fuori».
Come sai che era un carabiniere?
«L’ho rivisto in divisa».
Hai sporto denuncia?
«Sì».
Hai chiesto di vedere le fotografie di tutti i carabinieri di Bari per identificarlo?
«No».
Hai fiducia nelle indagini, nella magistratura?
«Non capisco perché non abbiano preso le impronte digitali nel mio appartamento, ma spero che un giorno scopriranno la verità. Lo sento».
In che senso?
«Sono sensitiva. Ho le premonizioni. Prima della morte di mio padre e di mio fratello ho fatto lo stesso sogno: un uomo che conosco ma con cui non ho mai avuto rapporti mi baciava sulla bocca. E pochi giorni dopo, entrambe le volte…».
Ma non hai immaginato a cosa andavi incontro raccontando la tua verità. Quando hai capito che la tua vita sarebbe cambiata?
«Il giorno dopo la pubblicazione del primo articolo sul Corriere della Sera. Ero al mercato con mia madre, pesavo le zucchine e a un tratto sono arrivati i fotografi. Siamo scappate a casa».
Tua madre come l’ha presa?
«Mi è stata vicina».
Avete sempre avuto un buon rapporto?
«Il problema era mio padre. Per proteggerci da lui, mise me e i miei fratelli in tre collegi diversi. Lui è venuto a trovarmi una sola volta, e mi ha picchiato».
La sua morte è stata una liberazione?
«No, anzi. Prima del suicidio mi aveva accompagnato all’aeroporto: partivo per Los Angeles. Non l’aveva mai fatto prima. Mi ha chiesto di non partire. Così mi sono sempre chiesta che cosa sarebbe successo se non l’avessi fatto. Mi ha lasciato anche questo senso di colpa, altroché liberazione».
Tua madre è stata con te, tua figlia ci ha messo un po’ ma ora ti è al fianco. Ci sono invece molte donne che, alcune lo hanno anche scritto, non ti accettano come modello di comportamento.
«All’inizio, è vero, molte donne mi erano contro. Poi la percezione è cambiata dopo che mi hanno visto dal vivo in Tv, ad Annozero».
E tuttavia molti, in quella trasmissione e a casa, ti considerano con evidente disprezzo una prostituta. Accetti la definizione?
«Assolutamente no».
Alla luce dei fatti…
«Quali fatti? Io non sono andata là per i soldi, tant’è che la prima sera non sono rimasta. Non ho preso la busta da diecimila euro per i quali le altre erano lì. Quello era prostituirsi. E non ho venduto il mio silenzio. Chi l’ha fatto ora vive a Roma, riverita. Io non torno nemmeno più a casa».
Senti, resta il fatto…
«Che sono stata una escort, qualche volta?».
Mettila così.
«Mi ci ha costretta il mio ex, con la violenza».
Tuo padre ti picchiava, il padre di tua figlia ti ha mollato al parto, il fidanzato successivo ti metteva in vendita. C’è un uomo che sia stato gentile con te?
«No».
Colpa tua?
«Non credo».
Sei masochista?
«Credo di sì».
In questo anno dopo il 17 giugno, hai avuto rapporti con uomini?
«No. Sto per i fatti miei. Non rispondo al telefono se non a un cellulare di cui solo mia figlia ha il numero. Mimmo filtra tutto il resto del mondo. Non ho più fiducia in nessuno. Ho due ernie del disco e sono imbottita di cortisone, sono ingrassata di dieci chili».
La gente che ti riconosce che cosa ti dice?
«Una donna a Sanremo mi si è avvicinata, tutta scura in faccia, e mi ha detto: ”Io la odio”. Poi ha aggiunto: ”Perché aveva l’occasione e non gli ha dato un calcio nelle palle, a quel…”».
Stop. Che altro ti dicono?
«Di andare avanti».
Scusa, ma verso dove?
«Verso la verità».
Non abbiamo già saputo, perfino ascoltato, tutto quel che c’era da sapere e, questo è un parere personale, anche qualcosa di più?
«Ci sono delle cose su quelle serate che non sono ancora venute fuori, ma le racconterò nel mio secondo libro dopo Gradisca, presidente».
Tipo?
«C’è un’indagine in corso, non posso anticipare. Comunque sappi che alcuni di quei signori che stanno in Tv e mi chiamano prostituta c’erano, loro sì con le prostitute, e io lo so che cosa hanno fatto. E lo dirò, se me lo lasciano dire».
Chi te lo impedisce?
«Oh, ne succedono tante».
Fammi qualche esempio.
«Mi chiama RadioRai, la trasmissione Un giorno da pecora. Sono malata, ma sembra che se non partecipo non possano andare in onda. Insistono, vogliono mandarmi a prendere, in ambulanza se necessario. Pregano. Alla fine Mimmo mi accompagna a Roma. Siamo a un chilometro dagli studi quando una segretaria telefona per dire che l’intervista è stata annullata. Poi Mimmo parla con l’aiuto regista che ammette: è arrivato un veto, dai piani alti, dice. Klaus Davi ha registrato sette ore, Monica Setta due, le hai mai viste? Perfino in Spagna, a Telecinco, mi hanno chiamata e poi hanno disdetto perché è roba che appartiene a…».
Va bene, ma hai fatto mille altre interviste e qui, adesso, puoi dire quel che vuoi: un Paese non è libero quando non esistono più uomini liberi.
«Panorama ha fatto più copertine su di me che sul Papa. E per inventarsi un complotto».
Come dire? la stampa, bellezza: botta e risposta. E poi hai fatto un libro e dicono che ne verrà tratto un film. Posso esprimere qualche dubbio?
«Il film si farà, magari bisognerà produrlo e girarlo fuori dall’Italia. E forse non arriverà nei nostri cinema. Ma la mia storia interessa tutti. Al momento si pensa più a un docufilm».
Avevi un registratore acceso nella borsa mentre parlavamo?
«No».
Perché invece per tanto tempo hai registrato tutto?
« cominciata con il mio ex che mi picchiava. Se non l’avessi registrato le mie denunce non avrebbero avuto effetto, non ci sarebbero state le prove contro di lui. Dopo non ho più smesso, fino al 17 giugno».
E ora la legge D’Addario proibirà di farlo. Come la vedi?
«Sono contraria. Sai che alle presentazioni del mio libro già due donne sono venute a dirmi che registrando sono riuscite a far punire chi faceva loro del male? E adesso che cosa succederà?».
La sensitiva sei tu. Io ho solo un’ultima domanda: quando facevi l’illusionista e ti facevi chiudere in una scatola e trapassare di spade, come ne uscivi viva?
«Sarebbe un segreto. Ma te lo dico: quel che conta è mettersi d’accordo con l’assistente sull’ordine in cui infila le spade, sapere dove e quando colpirà la prossima».
Sai dove colpirà, la prossima spada?
«No».