Riccardo Luna, Vanity Fair n.24 23/6/2010, 23 giugno 2010
Qualche giorno fa sono stato al Quirinale. Superati i controlli, prima di salire al mio appuntamento, ho preso il telefonino e ho fatto check-in
Qualche giorno fa sono stato al Quirinale. Superati i controlli, prima di salire al mio appuntamento, ho preso il telefonino e ho fatto check-in. Pensavo di essere il primo della storia e invece mi sbagliavo: lì c’è addirittura un sindaco! Se avete capito poco o nulla di quel che ho scritto, non conoscete foursquare (nella foto, l’inventore Dennis Crowley, 33 anni), l’ultima moda in fatto di social gaming. Un fenomeno che nel giro di un anno è esploso negli Stati Uniti, ha conquistato mezza Europa e sta dilagando anche in Italia (tanto che ogni giorno i server vanno giù per eccesso di richieste). In che consiste? Quando si arriva in un posto qualunque, foursquare sul tuo telefonino ti avvisa di che cosa c’è attorno a te (negozi, chiese, musei), e tu fai check-in, cioè ti «registri» in quel posto, lasciando un messaggio che volendo puoi condividere su Facebook e Twitter. Perché uno dovrebbe dire a tutti dove si trova? Per guadagnarsi dei badge, formalmente (quello del primo arrivato, per esempio), o per diventare «sindaco» di un dato luogo (la persona cioè che vi ha fatto più check-in); ma, in definitiva, per divertimento e basta. Mentre infuria il dibattito sulla difesa della privacy, il successo di foursquare e del suo omologo gowalla dovrebbe farci riflettere: la privacy non è uguale per tutti e, per le nuove generazioni, ha molta meno importanza. Intanto, qualcuno avvisi Napolitano che al Colle c’è un sindaco.