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 2010  giugno 18 Venerdì calendario

CAPELLO VINCE LA SIDA DI STILE

Gerardo Andriello vs Timothy Everest. Un sarto calabrese trapiantato negli anni Sessanta in America Latina, dove oggi controlla quattro fabbriche con 800 addetti, contro uno dei marchi di punta di Savile Row, il tempio londinese del "su misura" (oggi alle prese, come tutto il mondo della moda e del lusso, con la crisi economico- finanziaria internazionale).
Sulle panchine della World Cup Sud Africa 2010 si gioca anche una sfida di stile: quella tra i commissari tecnici – o dei manager, a seconda delle funzioni contrattuali – delle Nazionali. Il settantenne Andriello ha disegnato per Etiqueta Negra, brand finora conosciuto soprattutto come sponsor del polo (lo sport prediletto dai ricchi argentini), la divisa di Diego Armando Maradona, peraltro prodotta su licenza dalla bergamasca Indas: un abito grigio abbinato a camicia bianca e cravatta argento che agli europei ha fatto l’effettodi un look da cerimonia. Più adatto da indossare sull’altare di un contrastato matrimonio da soap opera che non per gestire tatticamente Leo Messi e compagni ( e subito dopo scusarsi con Platini per gli attacchi del giorno precedente).
Everest, invece, ha creato per la Football Association gli abiti formali per la Nazionale inglese. Su indicazione – sorpresa – di Fabio Capello, evidentemente considerato un arbiter elegantiarum data l’italianità, e in partnership con Marks & Spencer, il retailer britannico dove i genitori di ogni alunno del Regno sono costretti ad acquistare il grembiulino in poliestere a 15 sterline, democraticamente standardizzato. M&S,tra l’altro,offre nei suoi negozi e anche online la replica della giacca, del gilet e dei pantaloni morbidi – su Capello, non altissimo, un filino lunghi – rispettivamente a 120, 35 e 79 sterline. Un ottimo prezzo, secondo Jeremy Langmead del " Times", soddisfatto di essere "entrato" in una taglia più piccola della sua.
Non è dato sapere quale sia stato l’apporto di Capello: sarà stato lui a suggerire che la giacca fosse monopetto a due bottoni con un rever stretto e silhouette "slim"? Avrà voluto il gilet quattro bottoni, certo eccessivo per lo stadio ma utile per ripararsi dai rigori dell’inverno sudafricano? Avrà selezionato il tessuto inglese 100% lana a microfantasia "occhio di pernice" in bianco&nero, prodotto da Alfred Brown, uno dei tessitori storici del paese?
Come negli uffici o per strada, comunque, anche sulle panchine si vedono gli stili più disomogenei. Come Jürgen Klinsman, il suo predecessore alla guida dei tedeschi, Joachim Löw abbina l’abito scuro alla T-shirt con scollo a V, in questa edizione dei Mondiali color azzurro- Italia, che sarebbe più appropriato indossare con un paio di jeans e un giubbotto. Ma in Germania, dove lo share dell’esordio dei "panzer" è stato seguito dal 74,4% dei telespettatori, nessuno si sogna di criticare il look di Löw, anche grazie ai quattro gol messi a segno contro l’Australia. Al contrario di quanto accade in Brasile dove, per attaccare Carlos Dunga dopo la deludente performance della Seleção contro la vivace Corea del Nord, la stampa ha sparato a zero contro l’abbigliamento del coach: " O Dia" ha scritto che «quel giaccone» – tecnicamente un peacoat color blu navy accompagnato da maglione a collo alto tricot – lo fa assomigliare «a Capitan Nemo o al Piccolo Principe ». O anche a Corto Maltese, del quale gli manca giusto il berretto.
E Marcello Lippi? Per i momenti ufficiali il commissario tecnico e gli azzurri indossano le divise firmate Dolce& Gabbana. In panchina, però, Lippi ama presentarsi in tuta, con "piumino" e girocollo griffati Puma, il marchio di sportswear controllato dal colosso francese Ppr ( che possiede tral’altro Gucci). Una scelta di sapore sportivo. L’unica perplessità riguarda il colore: più adatto alle Furie rosse spagnole. Forse ormai ex, dopo il clamoroso esordio flop contro la Svizzera.