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 2010  giugno 18 Venerdì calendario

L’OPERAIO CINESE ALZA (FINALMENTE) LA TESTA

Le notizie che giungono dalla Cina iniziano a essere meno confuse e di maniera. La crisi mondiale costringe tutti a guardare anche l’altra faccia della Luna: i volti dei capi del Partito comunista e gli immensi gradini del palazzo del potere appaiono con tutte le loro rughe e le loro sbrecciature. Le più profonde e le più pericolose per la stabilità del potere militare e politico del partito vengono dalla mobilitazione sociale della popolazione operaia. Da tempo sappiamo che quotidianamente, nell’immenso continente delle molte Cine, gli operai protestano, sono in lotta, rivendicano anch’essi, per esempio, l’accesso ai benefici selettivi del regime.
Esemplare il problema del possesso della casa. Il partito ha recentemente deciso che non si potranno possedere più di due case di quelle messe in vendita in un gigantesco piano diretto a creare una piccola borghesia di proprietari da cui sono esclusi troppi dei lavoratori manuali delle miriadi di fabbriche piccole e grandi. Poche case ma potenzialmente per tutti, per impedire le continue proteste degli esclusi presso gli uffici municipali; questo il messaggio. Ma rimane ancora, per gli operai che hanno appena dimesso gli abiti contadini riversandosi nelle città in cerca di lavoro, l’odioso metodo del passaporto interno, sperimentato in Urss per decenni e potente mezzo di esclusione, se non lo si possiede, dalle cure mediche, dall’accesso alla scuola per i figli e dal possesso, appunto, di una casa per tutti coloro che si sono riversati in città senza chiedere il permesso al partito locale, rimanendo in tal modo dei clandestini, ombre senza cittadinanza di un neo capitalismo di Stato comunista. Ma finora si trattava di proteste nell’ombra di… ombre, appunto.
Ora le proteste hanno compiuto un salto di qualità, soprattutto nelle regioni del Delta del Fiume delle Perle e del Delta dello Yangtze. Sono regioni dove vi è scarsità di operai qualificati e specializzati e dove gli operai discutono con le direzioni aziendali e scioperano se non raggiungono l’accordo, con più forza che altrove. Le ombre si sono messe in movimento, hanno l’aspetto di persone, di esseri viventi. Questo immenso moto che interessa ormai milioni di lavoratori è fortemente coordinato e diretto attraverso una rete fittissima di telefoni cellulari che inviano sms tra i capi che sono spontaneamente sorti tra gli operai. un fatto mai accaduto sino a ora e che pone in modo profondamente nuovo il rapporto tra tecnologie dell’informazione e mobilitazione sociale per uscire dalla marginalità, dal bisogno, da una condizione di dignità calpestata.
Gli scioperi dilagano e sono diretti con intelligenza. Per esempio: sono proclamati prima della «Festa della Nave del Dragone» per incentivare alla partecipazione; si sospendono quando le direzioni aziendali concedono l’inizio dei colloqui, ma riprendono immediatamente appena questi non giungono a buon fine secondo i punti di vista delle delegazioni operaie; si affrontano i temi della previdenza, delle pensioni e della libertà di circolazione delle persone per unire e non dividere nelle rivendicazioni le vecchie e le nuove generazioni; si ha cura di compiere grandi manifestazioni di protesta e non solo di sciopero soprattutto nelle filiali delle grandi multinazionali taiwanesi e giapponesi, certi che in questo modo si avrà maggior diffusione delle notizie e che queste travalicheranno i confini della Cina. La tecnologia della rete diviene, dunque, un mezzo formidabile di trasmissione delle decisioni nonostante la dura repressione. Ma tale tecnologia ha dietro di sé l’intelligenza di una nuova generazione di lavoratori tra cui è apparsa una vera e propria nuova classe dirigente che ora si confronta con un ceto politico tra i più crudeli, intelligenti e potenti al mondo.
Il 1989 è ricordato solo per la caduta del Muro di Berlino: io l’ho sempre ricordato anche perché in quell’anno gli operai sudcoreani diedero vita al primo loro sciopero generale che mise su nuove basi tutto il sistema industriale di quel Paese nei suoi rapporti con gli investimenti esteri. La stessa cosa forse sta per accadere in Cina. L’immenso proletariato cinese è destinato a essere un grande protagonista democratico della globalizzazione. Le ombre non recitano più sulla scena un copione scritto da altri?
Giulio Sapelli