Antonio Polito, Il Riformista 17/6/2010, 17 giugno 2010
L’IMPOTENZA DEL CAVALIERE
L’impotenza non è una scusante, meno che mai per Silvio Berlusconi. Il cittadino che vota dà per scontato che il presidente del Consiglio che ha scelto sia in grado di realizzare il suo programma nelle condizioni date, politiche e istituzionali. Governare non è altro che questo. Invece, sin dalla sua discesa in campo il Cavaliere si lamenta di non poter fare nulla di tutto ciò che vorrebbe fare perché non lo lasciano lavorare. Se l’opposizione si facesse furba, è di questa impotenza che dovrebbe accusarlo, invece di contribuire a costruirne il falso mito elevandolo a dittatore, paragonandolo a Mussolini o a Hitler, attribuendogli una grandezza, seppur perversa, che è lungi dall’avere.
La confessione di impotenza che ieri il premier si è concessa sulle intercettazioni ha, per esempio, del sensazionale.
Leggiamo con attenzione la sua lamentela sull’iter della legge: «Prima abbiamo discusso per quattro mesi; poi abbiamo presentato questa legge al Consiglio dei ministri, è andata alla Camera e ci è rimasta undici mesi, poi è passata al Senato e c’è stata tantissimi mesi ancora. Adesso alla Camera si parla di metterla in calendario per settembre, poi dobbiamo vedere cosa farà il Capo dello Stato e se riterrà di poterla firmare. Poi sicuramente quando sarà diventata legge non piacerà ai soliti pm della sinistra che ricorreranno alla Corte costituzionale che, secondo quanto ho sentito, potrebbe abrogare il provvedimento».
Ora, è evidente che questo disastro politico non può essere colpa della sola opposizione di una «ristretta lobby di giornalisti e magistrati». Che quella opposizione ci sia, nessun dubbio. Ma chi governa o è capace di superarla, oppure lascia stare e non rompe le scatole agli italiani per anni con una legge che già sa che verrà abrogata. Berlusconi dovrebbe prendersela con se stesso e con la sua incapacità di guidare la sua maggioranza per le lentezze e le strettoie di cui si lamenta. Camera, Senato, presidenza della Repubblica e Consulta c’erano pure quando il Cavaliere scese in campo quindici anni fa. Avrebbe dovuto avvisarci che con questa architettura istituzionale non sarebbe stato capace neanche di fare una legge sulle intercettazioni, perché il suo lavoro consisterebbe proprio nel far passare il suo programma per la cruna dell’ago della democrazia parlamentare. Oppure, un leader può decidere di provare a cambiare quella architettura e sostituirla con una che gli piace di più. Ma sono quindici anni che Berlusconi lo dice e non lo fa. Ed è inutile lamentarsi del fatto che quando ci ha provato (con la devolution), gli italiani gliel’abbiano bocciata col referendum, perché anche il voto popolare fa parte delle condizioni date di una democrazia parlamentare. A questo punto, non è affatto escluso che anche per questa legislatura la riforma del sistema delle intercettazioni finisca nel nulla del limbo parlamentare. Ma, se accadesse, sarebbe difficile immaginare una dichiarazione di impotenza più clamorosa da parte del super-potente Berlusconi.